Le operazioni simulate possono essere penalmente rilevanti in ambito tributario
Pubblicato il 24/10/16 08:25 [Doc.1873]
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Può definirsi elusiva solo un'operazione caratterizzata da una effettiva e reale funzione economico sociale pur se principalmente finalizzata al conseguimento di un vantaggio tributario. Invece, è penalmente rilevante un'operazione meramente simulata che costituisca una vera e propria macchinazione priva di sostanza economica il cui unico scopo sia quello di raggiungere un indebito vantaggio fiscale.


Decisione: Sentenza n. 41755/2016 Cassazione Penale - Sezione III

Il caso.
Nei confronti di una persona indagata per infedele dichiarazione il Pubblico Ministero chiedeva il sequestro preventivo dei beni, in conseguenza del profitto che avrebbe conseguito omettendo di dichiarare, in qualità di azionista di riferimento e amministratore di fatto di due SPA, una plusvalenza di oltre 17milioni di euro realizzata da una delle due società mediante la vendita di attrezzature e impianti.
I cespiti erano stati dapprima ceduti da una SPA all'altra, e successivamente ceduti a un primario operatore a un prezzo molto più elevato nel giro di pochi mesi.
In tal modo, grazie alle perdite accumulate da una delle due SPA, sarebbe stato neutralizzato il grosso del carico fiscale.
Sia il Giudice per le indagini preliminari, sia il Tribunale del Riesame rigettavano la richiesta del Pubblico Ministero, che ricorreva in Cassazione.
Malgrado la Cassazione abbia ritenuto inammissibile il ricorso, ne ha tratto lo spunto per dare la sua interpretazione in merito alla rilevanza penale delle nuove disposizioni sull'abuso del diritto.

La decisione.
La Cassazione premette l'inammissibilità del ricorso proposto dal Pubblico Ministero in quanto ammissibile soltanto per vizio di violazione di legge, mentre non è in esso ricompreso la mancanza di idonea motivazione, aspetto che in realtà il PM aveva contestato al di là delle censure formalmente riferite alla violazione di legge.
Poi afferma che avrebbe assunto rilevanza «quanto disposto appunto dall'art.10-bis, comma 13, del riformato Statuto del contribuente, secondo il quale "Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributaria", posto che, all'evidenza una siffatta disposizione, facendo venire meno la rilevanza penale delle condotte meramente elusive dei precetti penali tributari, avrebbe, nel caso in questione, laddove la operazione posta in essere dal ricorrente fosse qualificabile come elusiva, reso non ravvisabile il requisito del fumus commissi delicti e, quindi, non praticabile per la pubblica accusa lo strumento del sequestro preventivo».
Il Collegio precisa che «in linea di principio, che può definirsi elusiva, e pertanto, sulla base della disciplina sopravvenuta, penalmente irrilevante, solamente una operazione che, pur principalmente finalizzata al conseguimento di un vantaggio tributario, sia tuttavia caratterizzata da una effettiva e reale funzione economico sociale meritevole di tutela per l'ordinamento, tale non potendosi ritenere un'operazione che sia, viceversa, meramente simulata. In tale seconda fattispecie, la quale ricorrerebbe laddove la operazione costituisse un mero simulacro privo di qualsivoglia effettivo contenuto, ci si troverebbe di fronte non tanto ad una ipotesi di abuso di un pur sussistente e valido negozio giuridico quanto ad una vera e propria macchinazione priva di sostanza economica il cui unico scopo, anche attraverso il sapiente utilizzo di strumenti negoziali fra loro collegati, sarebbe quello di raggiungere un indebito vantaggio fiscale».
Infine, chiarisce che «in una tale situazione, esulando la fattispecie dalla ipotesi penalmente irrilevante dell'abuso del diritto - postulando quest'ultimo concetto, come dianzi rilevato, comunque l'utilizzo di strumenti, ancorché soggettivamente finalizzati ad effetti diversi da quelli tipici dei negozi realizzati, giuridicamente validi ed aventi una loro meritevole causa giuridica ulteriore rispetto alla mera elusione fiscale - non potrebbe considerarsi scriminata in forza di quanto disposto dal citato comma 13 dell'art. 10-bis della legge n. 212 del 2000 nel testo attualmente vigente la condotta di chi, al fine di conseguire un vantaggio fiscale, realizzasse esclusivamente negozi simulati o comunque affetti da altre nullità dal punto di vista civilistico».

Osservazioni.
Per la Cassazione non può considerarsi scriminata la condotta di chi, al fine di conseguire un vantaggio fiscale, realizzasse esclusivamente negozi simulati o comunque affetti da altre nullità dal punto di vista civilistico.

Disposizioni rilevanti.
LEGGE 27 luglio 2000, n. 212
Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente
Vigente al: 21-10-2016

Art. 10-bis - Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale
1. Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
2. Ai fini del comma 1 si considerano:
a) operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell'utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;
b) vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario.
3. Non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attività professionale del contribuente.
4. Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
5. Il contribuente può proporre interpello ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera c), per conoscere se le operazioni costituiscano fattispecie di abuso del diritto.
6. Senza pregiudizio dell'ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti per i singoli tributi, l'abuso del diritto è accertato con apposito atto, preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto.
7. La richiesta di chiarimenti è notificata dall'amministrazione finanziaria ai sensi dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell'atto impositivo. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta e quella di decadenza dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo intercorrono non meno di sessanta giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei sessanta giorni.
8. Fermo quanto disposto per i singoli tributi, l'atto impositivo è specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi fiscali realizzati, nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente nel termine di cui al comma 6.
9. L'amministrazione finanziaria ha l'onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d'ufficio, in relazione agli elementi di cui ai commi 1 e 2. Il contribuente ha l'onere di dimostrare l'esistenza delle ragioni extrafiscali di cui al comma 3.
10. In caso di ricorso, i tributi o i maggiori tributi accertati, unitamente ai relativi interessi, sono posti in riscossione, ai sensi dell'articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e, successive modificazioni, e dell'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
11. I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni del presente articolo possono chiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito delle operazioni abusive i cui vantaggi fiscali sono stati disconosciuti dall'amministrazione finanziaria, inoltrando a tal fine, entro un anno dal giorno in cui l'accertamento è divenuto definitivo ovvero è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza all'Agenzia delle entrate, che provvede nei limiti dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.
12. In sede di accertamento l'abuso del diritto può essere configurato solo se i vantaggi fiscali non possono essere disconosciuti contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.
13. Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.


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