Contratto collettivo, obblighi di informazione e consultazione e condotta antisindacale
Pubblicato il 22/03/17 08:14 [Doc.2715]
di Redazione IL CASO.it
Cass. civ., sez. lavoro, sent. 29 dicembre 2016, n. 27383 â Pres. Macioce â Est. Blasutto
Segnalazione e massima a cura dell' Avv. Fabrizio Daverio - Daverio&Florio
Contratto collettivo â Obblighi di informazione e consultazione â Differenze â Adempimento parziale â Condotta antisindacale â Sussiste
Laddove il contratto collettivo distingua lâistituto della âinformazione sindacaleâ dallâistituto della âconsultazione sindacaleâ, prevedendo per ciascuno di essi distinti contenuti e modalità , lâadempimento del solo obbligo di informazione non vale a far ritenere parimenti adempiuto anche lâobbligo di consultazione, ancorché suscettibile di creare unâoccasione di discussione comune.
Con il provvedimento in esame, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata in merito alla violazione, da parte di un Ente pubblico non economico, degli obblighi di informazione e consultazione previsti dallâart. 35, comma 10, CCNL Comparto Enti Pubblici Non Economici del 14 febbraio 2001 in caso di ricorso a contratti di lavoro interinale.
In particolare, lâEnte pubblico in questione avrebbe adempiuto soltanto parzialmente ai predetti obblighi; più in particolare, lâEnte in questione avrebbe esperito soltanto la procedura informativa e non anche quella consultiva.
La sentenza resa dal Tribunale territoriale in funzione di giudice dellâopposizione ex art. 28 legge n. 300/1970 accoglieva le domande dellâEnte Pubblico. Avverso tale sentenza, lâAssociazione Sindacale proponeva ricorso dinnanzi alla Corte dâAppello di Roma la quale, riformando la precedente statuizione, sanciva lâantisindacalità della condotta datoriale.
LâEnte pubblico proponeva, dunque, ricorso per cassazione, dolendosi del fatto che la Corte di merito sarebbe stata sviata dalla dicitura âinformazioneâ riportata nellâoggetto della convocazione trasmessa allâAssociazione Sindacale. Ed invece, la medesima Corte avrebbe dovuto rilevare che proprio nel corso della riunione tenutasi a seguito di quella convocazione, si sarebbe effettivamente âdiscussoâ sulla tipologia degli stipulandi contratti di lavoro interinale e, dunque, si sarebbe effettivamente esperita anche la procedura di consultazione.
I Giudici di legittimità rigettavano il ricorso rilevando, in primo luogo, che il CCNL Comparto Enti Pubblici Non Economici, allâart. 6 del testo in vigore al 16 febbraio 1999, mantiene distinti lâistituto della informazione e lâistituto della consultazione; in secondo luogo, che i due istituti si differenziano per oggetto, modalità , ampiezza e portata dellâintervento delle associazioni sindacali coinvolte; in terzo luogo, che proprio il diverso livello di partecipazione insito in ciascun procedimento, di gran lunga più pregnante in quello consultivo, non permetteva di ritenere che la riunione indetta a soli fini informativi valesse anche ai diversi fini consultivi.
Invero, proseguiva la Suprema Corte, mentre la procedura informativa ha ad oggetto lâacquisizione di notizie circa le iniziative che la sola parte datoriale intende assumere, la procedura consultiva presuppone un vero e proprio confronto tra tutte le parti sul tema oggetto della convocazione, basato sulle notizie oggetto della previa procedura informativa. Ciò posto ed atteso che lâart. 35, comma 10, cit. prevede che debbano essere obbligatoriamente attivate entrambe le distinte procedure, lâadempimento dellâEnte pubblico rispetto a solo una di esse costituiva una condotta antisindacale tout court.
La Suprema Corte, per avvalorare la distinzione tra procedura informativa e procedura consultiva, ha fatto riferimento allâart. 6 del contratto collettivo di settore in vigore al 16 febbraio 1999, mentre la norma che si assume violata è lâart. 35 del contratto collettivo di settore in vigore al 14 febbraio 2001. Questâultima versione del contratto collettivo, diversamente dalla precedente, non parrebbe contemplare alcuna distinzione tra le suddette procedure.
Ciò, però, non è sufficiente ad inficiare il ragionamento seguito dai Giudici di legittimità per almeno due ragioni.
La prima è che il CCNL Comparto Enti Pubblici Non Economici del 2001 è stato pur sempre stipulato âad integrazioneâ del testo in vigore nel 1999. La seconda è che la Suprema Corte ha più volte ribadito il principio per cui lâinterpretazione dei contratti collettivi non deve limitarsi al solo tenore letterale, ma deve avere riguardo al comportamento complessivamente tenuto dalle parti stipulanti, soprattutto ove la disciplina di un determinato istituto sia articolata nel tempo e nel corso di più contratti collettivi (per la compiutezza della motivazione, cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., sentenza del 5 febbraio 2000, n. 1311).
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