La disciplina dell’abuso del diritto si applica anche ai diritti doganali
Pubblicato il 27/03/17 07:14 [Doc.2745]
di Redazione IL CASO.it


Nel caso erano coinvolti alcuni amministratori di società, indagati in quanto, nella loro attività di importazione da paesi extra-Ue, non avevano versato né l’Iva né i dazi

Con la sentenza 35575/2016, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito all’applicabilità della disciplina dell’abuso del diritto nella materia doganale, nell’ambito di una controversia volta ad acclarare la legittimità del recupero a tassazione dei diritti di confine (dazi doganali e Iva all’importazione) dovuti in relazione a talune operazioni d’importazione nell’Unione europea di banane originarie di Stati Acp (Africa, Caraibi e Pacifico) e di altri Stati terzi che hanno beneficiato del dazio agevolato.

Nel caso di specie, le operazioni di importazione erano state effettuate da società aventi la qualifica di operatore “nuovo arrivato”, ai sensi dell’articolo 7 del Regolamento (Ce) n. 2362/98 (recante modalità d’applicazione del Reg. n. 404/93, relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore della banana) e in possesso dei titoli d’importazione “Agrim” necessari nell’ambito dei contingenti tariffari previsti dal citato regolamento del 1993 per beneficiare di un dazio agevolato consistente, a seconda dei casi, in un dazio zero o in un dazio ad aliquota ridotta.

Ad avviso dell’Amministrazione doganale, tali pratiche sarebbero state organizzate dagli imputati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso volto a eludere il divieto, sancito dall’articolo 21, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 2362/98, di trasferimento dei diritti derivanti dai titoli d’importazione da un operatore nuovo arrivato a favore di un operatore tradizionale, allo scopo di far indebitamente beneficiare quest’ultimo del dazio agevolato per l’importazione delle banane attraverso titoli d’importazione “Agrim” ottenuti dagli operatori nuovi arrivati.

È utile aggiungere che sulla questione pregiudiziale relativa all’interpretazione della disciplina che costituisce il presupposto per l’applicazione della sanzione penale prevista dall’ordinamento interno, e cioè del più volte richiamato regolamento n. 2362/98, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata con la sentenza 9 luglio 2014, n. C-607/13.

Mediante ricorsi proposti, con unico atto, dalle parti civili – il ministero dell’Economia e delle finanze, l’Agenzia delle dogane e la Commissione europea, costituiti in giudizio allo scopo di richiedere il risarcimento dei danni subiti – era stato chiesto alla Cassazione di stabilire se, nel caso di specie, i diritti di confine per le banane importate nella Comunità fossero realmente dovuti nella misura intera, riferibile agli operatori tradizionali, secondo quanto indicato nell’imputazione, o in base al più favorevole regime applicabile agli operatori nuovi arrivati, come sostenuto dalle difese degli imputati.

Per quanto riguarda la disciplina in materia di abuso del diritto, la suprema Corte ha rilevato preliminarmente che la norma di riferimento è costituita dall’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (“Statuto dei diritti del contribuente”), introdotto dall’articolo 1, comma 4, del Dlgs n. 128/2015, in base al quale le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili in forza delle leggi penali tributarie, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.
Come già evidenziato dalla medesima Cassazione (1° ottobre 2015, n. 40272 e, più recentemente, 5 ottobre 2016, n. 41755), il nuovo testo legislativo si prefigge lo scopo, da un lato, di delineare quali condotte possono integrare l’“abuso del diritto”, sostanzialmente unificando i concetti di “abuso” e di “elusione”, e, dall’altro, di abrogare la disposizione dell’articolo 37-bis del Dpr n. 600/1973.

Proprio in quanto contenuto, come detto, nello Statuto dei diritti del contribuente, l’articolo 10-bis trova applicazione tendenzialmente per tutti i tributi, con alcune limitazioni in relazione ai diritti doganali: l’articolo 1, comma 4, del Dlgs n. 128/2015, prevede, invero, che “i commi da 5 a 11 dell’art.10-bis della legge n.212 del 2000 non si applicano agli accertamenti e ai controlli aventi ad oggetto i diritti doganali … che restano disciplinati dalle disposizioni degli articoli 8 e 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n.374, e successive modificazioni, nonché dalla normativa doganale dell’Unione Europea”.

Come osservano i supremi giudici penali, tuttavia, l’esclusione fissata dal legislatore deve considerarsi limitata ai soli profili procedimentali, sia perché ha per oggetto i commi da 5 a 11 – che riguardano l’interpello del contribuente, le modalità di accertamento, le richieste di chiarimenti, la riscossione, il rimborso – sia perché si riferisce letteralmente, non ai diritti doganali in quanto tali, ma “agli accertamenti e ai controlli” aventi a oggetto tali diritti. Conseguentemente, conclude la Cassazione, le disposizioni sostanziali della disciplina in tema di abuso del diritto si applicano anche ai diritti doganali, tra i quali rientrano anche i diritti di confine oggetto della controversia in esame.

Sotto il profilo penale, la Cassazione ha richiamato l’affermazione formulata nell’ambito della sentenza 30 novembre 2006, n. 4950/2007, secondo cui l’aver usufruito illegalmente di dazi in misura ridotta a seguito della cessione vietata dei titoli da parte di un operatore nuovo a favore di un operatore tradizionale comporta la realizzazione di una condotta integratrice del reato di contrabbando.
Con specifico riferimento alla disposizione incriminatrice – l’articolo 292 del Tuld (Testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, emanato con Dpr n. 43/1973), secondo cui “Chiunque, fuori dei casi preveduti negli articoli precedenti, sottrae merci al pagamento dei diritti di confine dovuti, è punito con la multa non minore di due e non maggiore di dieci volte i diritti medesimi” – la suprema Corte ha, infine, precisato che la depenalizzazione recentemente introdotta dal Dlgs n. 8/2016 non trova applicazione qualora ricorra una delle circostanze aggravanti di cui al secondo o al terzo comma del successivo articolo 295.


a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME

pubblicato Martedì 21 Marzo 2017
(www.fiscooggi.it)


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