Detrazione dellâIva: conta lâattività effettivamente svolta dallâimpresa
Pubblicato il 11/04/17 08:23 [Doc.2857]
di Redazione IL CASO.it
Ciò in quanto, rilevando il volume dâaffari del soggetto passivo, va considerata quella esercitata in concreto e non quella previamente e formalisticamente definita dallo statuto
Con la sentenza n. 7654 del 24 marzo 2017, la Corte di cassazione ha chiarito che, in materia di imposta sul valore aggiunto, per valutare lâinclusione o meno di determinate operazioni nel calcolo del pro-rata di indetraibilità , occorre considerare lâattività effettivamente svolta dallâimpresa, indipendentemente da quanto indicato nellâoggetto sociale della stessa.
Il fatto
Una società avente come oggetto sociale la prestazione di attività turistico-alberghiere effettuava operazioni di finanziamento senza applicare il criterio del pro-rata utile per stabilire la percentuale di indetraibilità dellâIva sugli acquisti.
In ragione di ciò, lâAmministrazione finanziaria emetteva nei confronti della contribuente un avviso di accertamento in cui veniva contestata per lâappunto lâindebita detrazione ai fini Iva, ritenendo che, in realtà , la società , effettuando operazioni di finanziamento non rientranti tra quelle contemplate dal comma 4, articolo 19, Dpr 633/1972, doveva applicare il pro-rata di indetraibilità , tenendo conto del rapporto tra lâammontare delle operazioni esenti compiute e il volume di affari.
Avverso tale determinazione, la società proponeva ricorso dinanzi ai competenti magistrati di primo grado che, accogliendo le sue doglianze, annullava lâatto emesso dal Fisco.
I giudici di secondo grado confermavano poi la sentenza di primo grado, ritenendo che le operazioni di finanziamento dovessero essere considerate operazioni occasionali e accessorie allâoggetto sociale, circostanza confermata anche dal fatto che le stesse fossero state compiute nei confronti di società facenti parte del gruppo.
Contro tale decisione lâAmministrazione finanziaria proponeva ricorso in ultima istanza dinanzi alla Corte di cassazione, lamentando la violazione dellâarticolo 19, commi 3 e 4, della normativa Iva, nel testo vigente allâepoca dei fatti, in quanto lâesclusione di tali operazioni era stata ammessa facendo riferimento allâattività propria della società , prevista dallâatto costitutivo e non a quella effettivamente esercitata dalla società stessa.
La decisione
Preliminarmente, i giudici supremi hanno ricordato che lâimposta sul valore aggiunto si fonda sul meccanismo generale di detrazione dellâimposta gravata sugli acquisti o sulla fornitura di servizi, destinati ad essere utilizzati in via esclusiva per la realizzazione di operazioni soggette allâimposta stessa.
Qualora poi vengano svolte operazioni che attribuiscono il diritto alla detrazione e operazioni che non attribuiscono tale diritto, occorre individuare una percentuale di detraibilità dellâIva sugli acquisti.
La normativa italiana in merito si è avvalsa della facoltà , riconosciuta agli Stati membri da parte della disciplina comunitaria, di individuare metodi di determinazione del diritto di detrazione specifici.
In particolare, nel testo vigente allâepoca dei fatti oggetto della controversia, viene stabilito che, per il soggetto che effettua operazioni esenti dallâimposta, la detrazione è ridotta in misura percentuale e corrispondente al rapporto tra lâammontare delle operazioni esenti effettuate nellâanno e il volume di affari dellâanno stesso.
Ai fini del calcolo della percentuale di riduzione, poi, le operazioni esenti sono determinate escludendo dalle stesse determinate fattispecie tassativamente elencate e non tenendo conto, nel volume dâaffari, di tutte quelle operazioni non facenti parti dellâattività propria dellâimpresa o qualora le stesse siano accessorie ad altre operazioni imponibili.
Infine, qualora i soggetti esercitino più attività , lâimposta si applica âunitariamente e cumulativamenteâ per tutte le attività con riferimento al volume di affari complessivo.
Per quanto attiene alla distinzione tra beni e servizi necessari a effettuare operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione da quelli che non consentono tale diritto, i magistrati della Corte suprema hanno ricordato come la recente giurisprudenza comunitaria ha chiarito che il riferimento alla cifra dâaffari indica che la disposizione attiene alla totalità di beni e servizi utilizzati dal soggetto passivo senza che sia necessaria tale distinzione.
Di conseguenza, occorre tener conto, più propriamente, del rapporto tra le operazioni accessorie e le attività imponibili e solo eventualmente dellâimpiego delle stesse in operazioni per le quali è dovuta lâimposta.
La Corte ha poi proseguito chiarendo decisamente che, ai fini del calcolo del pro-rata di indetraibilità Iva, occorre effettuare unâattenta analisi circa la ricomprensione delle operazioni svolte tra le attività proprie di una determinata società .
In merito, lâindividuazione dellâattività propria dellâimpresa deve essere effettuata con riferimento allâattività effettivamente svolta dalla stessa e non a quella previamente e formalisticamente definita dallo statuto.
Ciò in quanto, rilevando il volume dâaffari del soggetto passivo, deve essere considerata lâattività in concreto esercitata dallâimpresa e non tanto quella indicata nellâoggetto sociale stesso.
Per tali motivi, la Corte ha accolto il ricorso presentato dallâamministrazione finanziaria e, statuendo che per valutare lâinclusione o meno di determinate operazioni nel calcolo del pro-rata di indetraibilità Iva occorre considerare l'attività effettivamente svolta in concreto dallâimpresa, ha cassato la sentenza gravata e rinviato ad altro giudice per consentire il riesame della fattispecie attenendosi al criterio enunciato.
Maria Ingraffia
pubblicato Venerdì 7 Aprile 2017
FiscoOggi
© Riproduzione Riservata