No a detrazione dell'Iva versata con fattura in regime ordinario
Pubblicato il 28/04/17 06:12 [Doc.2915]
di Redazione IL CASO.it
Al centro della controversia, esaminata dagli eurogiudici, un caso di inversione contabile che ha visto protagonisti un cittadino ungherese e lâAmministrazione fiscale nazionale
Un contribuente ungherese acquistava, nel corso di unâasta giudiziaria, un bene immobile, per la precisione un hangar mobile, pagando al venditore lâimporto dovuto, comprensivo di Iva. In seguito, nelle dichiarazioni fiscali successive allâacquisto, il contribuente chiedeva il riconoscimento di una detrazione Iva pari allâimporto versato a titolo della stessa.
La posizione dellâAmministrazione fiscale
LâAmministrazione fiscale stabiliva però che al caso di specie andava applicato il meccanismo dellâinversione contabile ovvero lâacquirente avrebbe dovuto assolvere lâIVA sulla transazione, versandola direttamente al fisco. In base a tale ragionamento, il fisco ungherese stabiliva che il contribuente, non solo non aveva diritto ad alcuna detrazione ma era tenuto a versare una determinata somma a titolo di differenza fiscale, corredata dalle relative sanzioni pari al 50% dellâIva dovuta. Ne nasceva così una controversia che vedeva soccombente il cittadino dinanzi al primo e secondo grado di giudizio.
Il ricorso al tribunale del lavoro
Lo stesso proponeva quindi un ulteriore ricorso dinanzi al tribunale amministrativo del lavoro di Kecskemét sostenendo che la decisione dellâAmministrazione fiscale era in contrasto con il diritto europeo. Tale ultimo giudice accoglieva le doglianze del ricorrente e decideva quindi di sospendere il giudizio e di investire della questione la corte di giustizia europea sulla presunzione che nel caso di specie non vi sia alcun elemento indicante unâipotesi di evasione fiscale e che lâapproccio interpretativo adottato dallâamministrazione tributaria non sembri proporzionato allâobiettivo del meccanismo dellâinversione contabile.
Il rinvio pregiudiziale alla Corte
In particolare, il giudice ungherese chiede ai colleghi sovranazionali se sia compatibile con la normativa europea in materia di Iva lâoperato dellâamministrazione fiscale di un paese membro che accerti una differenza fiscale a carico dellâacquirente di un bene nel caso in cui il cedente del bene stesso emetta una fattura relativa ad unâoperazione soggetta al regime dellâinversione contabile secondo il sistema di tassazione ordinaria, dichiarando e versando allâerario lâIva relativa alla suddetta fattura, e lâacquirente del bene, dal canto suo, detragga lâIva assolta allâemittente della fattura, sebbene non possa avvalersi del diritto a detrazione relativamente allâIva accertata come differenza fiscale.
La normativa comunitaria in materia
Analizzando la normativa applicabile al caso di specie, ed iniziando dal diritto dellâUnione europea, rileviamo come lâarticolo 199, paragrafo 1, lettera g), della direttiva Iva 2006/112 permette agli Stati membri di stabilire che il debitore dellâimposta sia il soggetto passivo destinatario della cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario mentre il successivo articolo 226, dispone che quando lâacquirente o il destinatario è debitore dellâimposta, nelle fatture emesse è obbligatorio esclusivamente il riferimento alla disposizione applicabile della direttiva europea o alla disposizione nazionale corrispondente o ad altre informazioni che indichino che la cessione di beni o la prestazione di servizi è esente o soggetta alla procedura dellâinversione contabile.
La normativa ungherese
Per quanto concerne invece il diritto ungherese lâarticolo 142, paragrafo 1, della legge nazionale sullâimposta sul valore aggiunto del 2007 stabilisce che qualora il cedente sia oggetto di una procedura di liquidazione o di qualsiasi altra procedura di insolvenza diretta a far constatare definitivamente la sua insolvibilità , lâimposta deve essere assolta, al momento dellâesecuzione, dallâacquirente del bene o dal destinatario del servizio imponibile in caso di cessione di beni di investimento dellâimpresa o di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi aventi un valore di mercato superiore a 100 000 fiorini ungheresi (Tasso di cambio attuale: 1 fiorino ungherese = 0,003 euro).
Lo stesso articolo 142 dispone, poi, che quando si è in presenza di una transazione il cedente dei beni o il prestatore dei servizi assume lâonere di emettere una fattura che non includa lâimporto dellâIVA dovuta ed il successivo articolo 169 precisa che nel caso in cui il soggetto passivo dellâimposta è lâacquirente del bene o il destinatario dei servizi, le fatture devono obbligatoriamente contenere la dicitura âfordÃtott adózásâ ovvero la dicitura relativa al âregime dellâinversione contabileâ.
Il pronunciamento della Corte di giustizia
Chiamata a pronunciarsi sulla questione, la Corte ha innanzitutto ricordato come per effetto dellâapplicazione del regime dellâinversione contabile, non si verifica alcun versamento dellâIva tra il fornitore e lâacquirente dei beni, dato che questâultimo è debitore, per le operazioni effettuate, dellâIva a monte, pur potendo in linea di principio detrarre questa stessa. Il diritto alla detrazione, hanno poi sottolineato i magistrati europei, costituisce parte integrante del meccanismo dellâIva comunitaria e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Dette detrazioni hanno il precipuo compito, nellâambito della normativa europea di riferimento, di esonerare integralmente il soggetto passivo dallâIva dovuta o assolta nellâambito di tutte le sue attività economiche, risultando garantita cosi la neutralità dellâimposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività .
Il ruolo della fattura e la dicitura âinversione contabileâ
Nel caso sottoposto alla loro attenzione, hanno proseguito i togati sovranazionali, la fattura in questione non conteneva la prescritta dicitura âinversione contabileâ e il contribuente ungherese ha erroneamente versato lâIva al venditore e non, come avrebbe dovuto proprio in applicazione del regime dellâinversione, al fisco del proprio paese. Per tale ragione, il cittadino non ha alcun diritto di invocare alcuna detrazione Iva mentre può validamente chiedere al venditore il rimborso dellâimposta indebitamente versata.
Lâanalisi della normativa ungherese
In tale contesto, la Corte ha giudicato corretto il sistema tributario ungherese laddove è previsto da un lato, che il venditore del bene che ha versato erroneamente alle autorità tributarie lâIva possa chiederne il rimborso e, dallâaltro, che lâacquirente di tale bene può esercitare unâazione civilistica di ripetizione dellâindebito nei confronti di tale venditore, precisando, però, che laddove la procedura contro il venditore risulti estremamente gravosa o insoddisfacente, ad esempio in caso di insolvenza di questâultimo, lâacquirente del bene può essere legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti delle autorità tributarie.
Il diritto a detrazione Iva
Per quanto visto, la Corte ha risolto la questione sottoposta alla sua attenzione affermando che âle disposizioni della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità fiscale, di effettività e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, lâacquirente di un bene venga privato del diritto a detrazione dellâIVA che ha indebitamente versato al venditore sulla base di una fattura redatta conformemente alle norme relative al regime ordinario dellâIVA, mentre lâoperazione rilevante era soggetta al meccanismo dellâinversione contabile, nel caso in cui il venditore ha versato detta imposta allâErario. Tali principi esigono, tuttavia, a condizione che il rimborso, da parte del venditore allâacquirente, dellâIVA indebitamente fatturata diventi impossibile o eccessivamente difficile, segnatamente in caso dâinsolvenza del venditore, che lâacquirente sia legittimato ad agire per il rimborso direttamente nei confronti dellâautorità tributariaâ.
La sanzione comminata dal Fisco
I giudici europei si sono espressi, infine, sullâadeguatezza della sanzione comminata dalle autorità fiscali ungheresi al cittadino ricorrente, nella misura del 50% dellâIva dovuta e non versata al fisco. Ebbene, considerata la peculiarità della fattispecie oggetto di causa, lâassenza di una perdita di gettito per le casse statali e soprattutto la mancanza di un intento fraudolento nel comportamento tenuto dal cittadino, la Corte ha affermato che âil principio di proporzionalità deve essere interpretato nel senso che esso osta a che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, le autorità tributarie nazionali irroghino a un soggetto passivo, che ha acquistato un bene alla cui cessione si applica il regime dellâinversione contabile, una sanzione tributaria pari al 50% dellâimporto dellâIVA che egli è tenuto a versare allâamministrazione tributaria, qualora questâultima non abbia subito alcuna perdita di gettito e non sussistano indizi di frode fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificareâ.
Data della sentenza
26 aprile 2017
Numero della causa
C-564/15
Nome delle parti
Tibor Farkas
contro
Nemzeti Adó-és Vámhivatal Dél-alföldi Regionális Adó FÅigazgatósága
Mauro Di Biasi
pubblicato Mercoledì 26 Aprile 2017
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