Sas edile: due soci, due sole case cedute. È abuso di diritto
Pubblicato il 04/05/17 06:51 [Doc.2950]
di Redazione IL CASO.it


La contribuente, in più, non ha soddisfatto l'onere della prova a suo carico, limitandosi a dire che la società costituita, non avendo raggiuto i guadagni sperati, era stata liquidata

In assenza di evidenti benefici economici che giustificano le operazioni commerciali e/o finanziarie realizzate, non è possibile godere di vantaggi fiscali derivanti dall'utilizzo difforme della normativa di riferimento, seppur astrattamente compatibili con la sua ratio.
Lo afferma la Corte di cassazione con la sentenza 9610 del 13 aprile 2017.

L'iter fattuale trae origine dall'originaria impugnazione, da parte del socio accomandatario di una cessata Sas, di un avviso di accertamento (articolo 54 Dpr 633/1972) emesso dall'ufficio e riguardante l'annualità d'imposta 2005.
Con l'atto impositivo, l'Amministrazione procedeva al recupero dell'Iva sugli acquisti, ritenuta illegittimamente detratta dalla società (costituita nel 2003 per la realizzazione di "lavori generali di costruzione di edifici" e successivamente cancellata dal Registro imprese nel 2007; medio tempore venivano edificate due sole unità immobiliari, vendute nel 2006 ai due unici soci della stessa società).
In particolare, l'ufficio evidenziava il livello sostanzialmente elusivo dell'attività svolta dalla Sas, caratterizzata dall'assenza di una plausibile ratio economica e concretizzata al solo fine di ottenere un indebito vantaggio fiscale.

I giudici di Ctp accoglievano il ricorso proposto dalla contribuente e, in seguito all'appello interposto dall'Agenzia delle Entrate, la Ctr dell'Emilia Romagna confermava la pronuncia di primo grado.
Nello specifico, i giudici della Commissione tributaria regionale statuivano che, per ritenere sussistente la circostanza dell'abuso di diritto, avrebbero dovuto essere necessariamente coesistenti i seguenti tre requisiti:
un indebito vantaggio fiscale
l'inesistenza di valevoli ragioni economiche
l'utilizzo difforme degli strumenti giuridici richiamati dalla normativa di settore.
Nel caso concreto, in particolare, non poteva essere riconosciuta la simultaneità delle predette caratteristiche in quanto "…l'indebito vantaggio fiscale, pacificamente pari ad € 10.000,00 non può essere considerato tale a fronte di un'operazione durata quattro anni con costi e ricavi superiori ad un milione di euro…" ed erano "… perfettamente sussistenti e valide le ragioni economiche poste a base della scelta di fare impresa (chiunque deve poter tentare) e, conseguentemente, lecito l'utilizzo degli strumenti giuridici all'uopo necessari".

L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello, sostenuto da tre motivi di diritto.

La decisione
La fondatezza delle eccezioni sollevate dall'ufficio veniva concentrata, dai supremi giudici, con l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell'articolo 360, comma primo, n. 3) cpc, per lamentata violazione del combinato disposto degli articoli 17, 19 e 54 del Dpr 633/1972 e dell'articolo 2697 cc (il primo motivo, incentrato sulla nullità della sentenza della Ctr, ex articolo 360, comma primo, n. 4), cpc, per motivazione apparente veniva ritenuto infondato, mentre il terzo, eccepito per vizio di omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, ex articolo 360, comma primo, n. 5), cpc, veniva ritenuto assorbito in virtù del predetto accoglimento).

In particolare, l'ufficio, censurando la sentenza di secondo grado, evidenziava, tra l'altro, che erano stati forniti, alla cognizione di merito, circostanze evidenti del comportamento irregolare tenuto dalla Sas nella vicenda in esame (indebito utilizzo di vantaggi fiscali inerenti la tassazione del reddito d'impresa) mentre, per converso, il contribuente non aveva soddisfatto l'onere della prova gravante sullo stesso, limitandosi ad affermare che lo scopo per il quale la società era stata costituita (costruzione e cessione di cespiti immobiliari) non era stato raggiunto e che, di conseguenza, i soci si erano visti costretti al riacquisto in proprio degli appartamenti realizzati con successiva liquidazione dell'avventura imprenditoriale.

Nell'accogliere sul punto le doglianze dell'ufficio, la suprema Corte, richiamando un costante orientamento giurisprudenziale, riafferma che per poter sostenere di essere in presenza di pratica abusiva, devono concorrere due elementi:
da un lato, nonostante la convenzionale applicazione dei requisiti previsti dalla normativa contenuta nella direttiva Iva e nelle correlate normative nazionali di recepimento, assicurare un beneficio fiscale il cui godimento sia in contrasto con la ratio che informa dette disposizioni
dall'altro, il perseguimento del suddetto vantaggio fiscale deve essere sussumibile da un coacervo di caratteri oggettivi (sentenza Corte giustizia Ue, Causa Klub Odd; Corte giustizia Ue 21/02/2006, Causa Halifax e altri).
I supremi giudici richiamano la sentenza n. 30057/2008 delle sezioni unite, con la quale è stato stabilito il principio di diritto in base al quale un contribuente non è legittimato a godere di vantaggi fiscali derivanti dall'utilizzo difforme, seppur astrattamente compatibile con la ratio della normativa di riferimento, in assenza di evidenze economiche positivamente valutabili che giustifichino la sottesa operazione commerciale e/o finanziaria.

La Cassazione, pertanto, ha censurato la pronuncia della Ctr, la quale ha fatto mal governo del principio suesposto, anche in ordine alla prospettiva della disciplina dell'onere della prova, non avendo sufficientemente valutato gli elementi, addotti dall'ufficio, e ritenuti sintomatici della condotta abusiva posta in essere dalla Sas:
esercizio dell'attività indicata nell'oggetto sociale con la realizzazione di due sole unità immobiliari
gli unici componenti positivi di reddito avevano interessato l'annualità d'imposta 2006
la cessione dei due suindicati immobili era avvenuta nei confronti dei soci stessi della società, poi cancellata l'anno successivo (2007).
Non da ultimo, quindi, i supremi giudici hanno correttamente evidenziato la lacunosità e genericità delle motivazioni addotte, sul punto, dalla Ctr laddove, respingendo l'appello proposto dall'ufficio, si era limitata ad affermare che sussistevano "…valide ragioni economiche poste a base della scelta di fare impresa…" con conseguente legittimità "…dell'utilizzo degli strumenti giuridici all'uopo necessari".

Giuseppe Forlenza
pubblicato Mercoledì 3 Maggio 2017


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