L’esenzione Iva è una deroga e vale, ma a certe condizioni
Pubblicato il 05/05/17 08:23 [Doc.2964]
di Redazione IL CASO.it


Al centro della controversia esaminata dagli eurogiudici le disposizioni della direttiva 2006/112 sulle associazioni autonome di persone che il Lussemburgo avrebbe interpretato in modo estensivo

Nella causa di inadempimento pendente tra Commissione europea e lo Stato del Lussemburgo, la Commissione europea ha chiesto alla Corte Ue di dichiarare che, nel disciplinare il regime dell’Iva relativo alle associazioni autonome di persone, quale definito dalla disciplina nazionale, il Lussemburgo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in virtù della direttiva Iva 2006/112/CE, in particolare dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c); dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f); dell’articolo 1, paragrafo 2, secondo comma; dell’articolo 168, lettera a); dell’articolo 178, lettera a); dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera c) e dell’articolo 28 di tale direttiva.

Le osservazioni della Corte Ue
Sulla base di consolidata giurisprudenza comunitaria, l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in base alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e la Corte non può tenere conto dei mutamenti successivi.
Va pertanto verificata la conformità della disciplina nazionale lussemburghese in materia di Iva, all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, nella parte in cui prevede che le prestazioni di servizi fornite da una associazione autonoma di persone (AAP) ai propri membri sono esenti dall’Iva, a condizione che i membri di tale gruppo che esercitano anche attività soggette ad imposizione abbiano un fatturato al netto delle imposte, derivante da dette attività, che non superi il 30% o, in alcuni casi, anche il 45%, del loro fatturato complessivo al netto delle imposte.

Una interpretazione troppo estensiva
A tal proposito, la Corte UE osserva che i termini con i quali sono state designate le esenzioni di cui all’articolo 132 della direttiva 2006/112 devono essere interpretati restrittivamente, dato che costituiscono deroghe al principio generale secondo cui l’Iva si applica ad ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo. Tuttavia, l’interpretazione di tali termini deve essere conforme agli obiettivi perseguiti da dette esenzioni e rispettare le prescrizioni derivanti dal principio di neutralità fiscale relativo al sistema comune dell’Iva.
In base all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, sono esenti, a certe condizioni, le prestazioni di servizi effettuate da associazioni autonome “che esercitano un’attività esente o per la quale non hanno la qualità di soggetti passivi”, al fine di rendere ai loro membri i servizi “direttamente necessari all’esercizio di tale attività”.
Pertanto, dal testo di tale disposizione risulta che essa non prevede l’esenzione per prestazioni di servizi che non siano direttamente necessarie all’esercizio delle attività esenti dei membri di un’AAP o per le quali essi non abbiano la qualità di soggetti passivi.

Prestazioni di servizi e assoggettabilità a Iva
Poiché simili prestazioni di servizi non rientrano nel campo di applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva richiede che dette prestazioni di servizi, fornite a titolo oneroso sul territorio di uno Stato membro da parte di un soggetto passivo che opera in quanto tale, siano soggette a Iva.
Tale interpretazione dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, non fa venir meno l’esenzione prevista da tale disposizione. In particolare, l’applicazione dell’esenzione non si limita alle associazioni i cui membri esercitino esclusivamente un’attività esente o per la quale essi non abbiano la qualità di soggetti passivi. Pertanto, i servizi prestati da un’AAP i cui membri esercitino anche attività imponibili possono beneficiare di detta esenzione, ma solo nei limiti in cui tali servizi sono direttamente necessari alle attività esenti dei citati membri o per le quali essi non abbiano la qualità di soggetti passivi.

I servizi che non possono essere oggetto di un’esenzione
Dall’esenzione prevista all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112, risulta che l’AAP è un soggetto passivo a sé stante, distinto dai propri membri. Infatti, si evince dal testo stesso di tale disposizione che l’AAP è autonoma, e che pertanto fornisce prestazioni di servizi in modo indipendente, ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 2006/112. Inoltre, se i servizi forniti dall’AAP non fossero servizi prestati da un soggetto passivo che opera in quanto tale, gli stessi non sarebbero oggetto di imposizione IVA, in conformità all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2006/112. Detti servizi, pertanto, non possono essere oggetto di un’esenzione come quella di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), di tale direttiva.
In primo luogo, occorre ricordare, da un lato, che, in virtù dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112, un soggetto passivo ha il diritto di detrarre dall’importo dell’IVA di cui è debitore l’IVA dovuta o assolta per i beni che gli sono stati ceduti e per i servizi che gli sono stati forniti da un altro soggetto passivo. Ne consegue che è contrario alla citata disposizione consentire ai membri di un’AAP di detrarre dall’importo dell’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta per i beni ceduti e i servizi forniti all’AAP.

La presunta violazione del principio di neutralità fiscale
D’altra parte, la Corte UE respinge l’argomento addotto dallo Stato del Lussemburgo relativo ad una violazione del principio di neutralità fiscale. Sulla base di tale principio, il regime delle detrazioni intende esonerare interamente l’imprenditore dall’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le proprie attività economiche.
Pertanto, non è contrario al principio di neutralità fiscale negare, alla luce dell’articolo 168, lettera a), della direttiva 2006/112, un diritto alla detrazione ai membri di un’AAP per l’IVA a carico dell’associazione in ragione dei servizi da essa forniti, che sono esenti in virtù dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/112 e non danno quindi accesso, a tale titolo, ad alcun diritto alla detrazione. Per contro, nei limiti in cui una AAP fornisce prestazioni che non sono esenti, si deve rilevare che, nel rispetto di detto principio, tale associazione, e non già i suoi membri, beneficiano a titolo personale di un diritto alla detrazione dell’IVA applicata sulle operazioni a monte.

Il diritto a detrazione e le condizioni per esercitarlo
Inoltre, discende dall’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112, in combinato disposto con l’articolo 226, punto 5), e con l’articolo 168, lettera a), della stessa, che, per poter esercitare il diritto alla detrazione, il soggetto passivo deve essere in possesso di una fattura su cui risulti il suo nome quale acquirente o destinatario. Pertanto, nel consentire ai membri di un’AAP di detrarre, dall’IVA di cui essi stessi sono debitori in base ad una fattura emessa a nome dell’associazione, l’IVA fatturata a quest’ultima, la normativa lussemburghese è contraria all’articolo 178, lettera a), della direttiva 2006/112.

Le conclusioni degli eurogiudici
Tutto ciò premesso, la Corte UE perviene alla seguente conclusione: nel disciplinare il regime IVA relativo alle associazioni autonome di persone, come definito dalla disciplina nazionale, lo Stato del Lussemburgo è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in virtù dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), dell’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), dell’articolo 168, lettera a), dell’articolo 178, lettera a), dell’articolo 14, paragrafo 2, lettera c), e dell’articolo 28 della direttiva IVA 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010.


Data della sentenza
4 maggio 2017
Numero della causa
C-564/15
Nome delle parti
Commissione europea, ricorrente,
contro
Granducato di Lussemburgo
Marcello Maiorino
pubblicato Giovedì 4 Maggio 2017


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