Numerosi pedaggi denotano unâintensa attività professionale
Pubblicato il 10/05/17 08:17 [Doc.2990]
di Redazione IL CASO.it
Il viavai in autostrada suggerisce lâinattendibilità della documentazione contabile e bancaria prodotta dal contribuente e conferma la fondatezza delle presunzioni dellâufficio
à legittimo lâaccertamento nei confronti di professionisti che, pur non fatturando compensi, dichiarano il pagamento di molti pedaggi autostradali: questâultima circostanza, infatti, costituisce un chiaro indice presuntivo dello svolgimento di unâattività lavorativa significativa.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con ordinanza n. 9825 del 19 aprile 2017, respingendo il ricorso del contribuente.
La vicenda processuale
Con una sentenza del 2012, la Ctr della Campania, sezione staccata di Salerno, aveva ritenuto fondato e legittimo lâaccertamento del maggior reddito nei confronti di un professionista, ex articolo 39 del Dpr 600/1973, confermando la validità degli elementi presuntivi forniti dal Fisco e ritenendo inattendibile la documentazione contabile e bancaria prodotta dal contribuente.
Con il successivo ricorso in Cassazione, il contribuente aveva denunciato la violazione degli articoli 2727 e 2729 del codice civile, in relazione al Dpr sullâaccertamento delle imposte sui redditi.
La pronuncia impugnata sarebbe incorsa, inoltre, in un vizio motivazionale, avendo omesso il giudice dâappello di valutare le giustificazioni fornite dal professionista.
La pronuncia della Cassazione
Con la sentenza in commento, la Cassazione ha confermato la validità dellâaccertamento emesso dallâAgenzia delle Entrate, respingendo il ricorso del contribuente, condannato anche al pagamento delle relative spese di lite.
In particolare, la Corte ha ritenuto che il ragionamento dei giudici di seconde cure fosse logico e coerente, posto che era stata valutata una pluralità di circostanze, e specificamente:
le risultanze bancarie, da cui emergevano versamenti sospetti in un conto cointestato con la moglie
lâentità e il numero dei pedaggi autostradali fatturati, indice di una significativa attività del professionista, a fronte, nel medesimo periodo, dellâassente fatturazione di compensi e in assenza di ulteriori idonee spiegazioni giustificative dei viaggi
la conservazione di una partita Iva con espletamento, tuttavia, di una sola (e modesta) attività professionale, tale da indurre a presumere la percezione di ricavi più consistenti a titolo personale.
La Corte ha dunque confermato la sentenza di secondo grado che aveva ritenuto valido il metodo analitico-induttivo seguito dallâAmministrazione.
Tale tipologia di accertamento, come è noto, si rivolge esclusivamente ai soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, ossia i documenti che contengono la rappresentazione simbolica dellâattività dâimpresa e dei suoi risultati, secondo criteri monetari o quantitativi, presupponendo lâincompletezza, la falsità o lâinesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione presentata dai contribuenti, constatata attraverso le risultanze delle eventuali istruttorie avviate sulle scritture contabili.
In tale tipologia di controllo, infatti, in base a quanto previsto dallâarticolo 39, comma 1, lettera d) del Dpr 600/1973 e dallâarticolo 54, comma 2, Dpr 633/1972, pur in presenza della validità sostanziale delle scritture contabili, lâAmministrazione ha la possibilità , come avvenuto nel caso di specie, di intervenire sulla rideterminazione complessiva dei ricavi/compensi (o volume dâaffari) e dei costi/spese indicati dal contribuente nelle dichiarazioni, nonché di ritenere inattendibili gli elementi concernenti alcune poste di bilancio.
La peculiarità di tale metodo accertativo è data dalla circostanza che esso non è direttamente rivolto alla rettifica di singole poste dichiarate dal contribuente, ma caratterizzata dalla circostanza che la prova del suo comportamento scorretto eÌ ricavabile anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, come quelle riscontrate nel caso de quo.
Del resto, non sussistendo nellâaccertamento tributario un principio generale di tipicità delle prove, ma solo quello di utilizzabilità dei poteri istruttori attribuiti allâAmministrazione finanziaria, questâultima nellâadozione dei propri atti di controllo, può servirsi sia dei mezzi di prova previsti dal codice civile, sia di prove atipiche, non regolate in modo espresso dalla legge, quali, ad esempio, la contabilità in nero, le dichiarazioni rese da terzi, nonché, per lâappunto, i pagamenti dei pedaggi autostradali.
Maria Lembo
pubblicato Martedì 9 Maggio 2017
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