Iva non versata: ne risponde chi è in carica alla scadenza
Pubblicato il 17/05/17 08:16 [Doc.3041]
di Redazione IL CASO.it
Dalla lettura della dichiarazione annuale, ben può avere contezza del debito societario con termine ultimo rientrante nel periodo in cui egli è il soggetto tenuto allâadempimento
La responsabilità penale per il reato di omesso versamento dellâIva, di cui allâarticolo 10-ter del Dlgs 74/2000, sussiste in capo al soggetto che ricopre la carica sociale di legale rappresentante al momento del termine ultimo per il versamento dellâimposta, ossia il termine ultimo per il versamento dellâacconto relativo al periodo di imposta successivo.
Su tale soggetto, infatti, in ragione della carica ricoperta, grava lâobbligazione tributaria in presenza di debito ben esposto nella relativa dichiarazione, anche se abbia assunto la carica dopo la sottoscrizione della dichiarazione, redatta da altro soggetto.
à quanto affermato dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 18834 del 19 aprile 2017.
I fatti contestati in sede penale
Il tribunale di Milano condannava alla pena di un anno di reclusione e alle pene accessorie per il reato di cui allâarticolo 10-ter del Dlgs 74/2000[1], il legale rappresentante di una società nel periodo 6 ottobre - 30 dicembre 2009, per aver omesso il versamento dellâimposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione Iva relativa allâanno dâimposta 2009.
Ai sensi del combinato disposto della citata disposizione e del precedente articolo 10-bis del medesimo Dlgs 74/2000[2], allâepoca vigenti, era prevista la pena della reclusione da sei mesi a due anni per chiunque non versasse lâimposta sul valore aggiunto â dovuta in base alla dichiarazione annuale â entro il termine per il versamento dellâacconto relativo al periodo di imposta successivo, per un ammontare superiore a 50mila euro[3].
Il tribunale di Milano individuava come data di commissione del fatto il 27 dicembre 2009, termine appunto previsto per il versamento dellâacconto sullâimposta relativa al periodo successivo, data nella quale lâimputato rivestiva la carica di legale rappresentante.
La sentenza veniva confermata dalla Corte dâappello di Milano.
Il soggetto condannato proponeva quindi impugnazione in Cassazione deducendo, tra lâaltro, il vizio di violazione di legge in relazione al predetto articolo 10-ter del Dlgs 74/2000.
In particolare, secondo il ricorrente, la Corte dâappello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente la violazione contestata, non considerando che lo stesso aveva assunto la carica sociale solo in un momento successivo alla sottoscrizione della dichiarazione, redatta da un altro soggetto, la quale non evidenziava il debito Iva.
Le conclusioni assunte nella sentenza
La terza sezione della Corte di cassazione penale - dopo aver premesso che, nel caso di specie, non era in contestazione la materiale omissione del versamento dellâimposta dovuta - ha ritenuto infondate le censure basate sul rilievo dellâassunzione della carica sociale in un momento successivo alla sottoscrizione della dichiarazione e dellâassenza della âesposizioneâ del debito Iva nella medesima.
In primo luogo, i giudici hanno evidenziato che, secondo orientamento consolidato della Cassazione, la responsabilità per i reati previsti dal Dlgs 74/2000 âè attribuita allâamministratore, individuato secondo le norme civilistiche di cui agli artt. 2380 e ss., artt. 2455 e 2475 c.c. cioè a coloro che rappresentano e gestiscono lâente. Costoro, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per lâordinamento tributario di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, lett. c) ed e), adempiendo agli obblighi conseguenti, e ciò sulla base del principio secondo cui colui che assume la carica di amministratore, si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienzeâ.
In relazione al reato di omesso versamento, la Corte suprema ha chiarito che occorre fare riferimento al momento in cui la legge fissa il termine ultimo per il versamento dellâimposta (momento âconsumativoâ del reato, nella specie individuato alla scadenza del termine previsto per il versamento dellâacconto relativo al periodo dâimposta successivo[4]); è, quindi, sul legale rappresentante a tale data che grava lâobbligazione tributaria e si integra la condotta omissiva, a nulla rilevando che il soggetto che ha materialmente redatto la dichiarazione annuale Iva sia diverso.
Ciò conferma quanto già statuito dalla medesima Corte in precedenti occasioni in caso di subentro nella carica sociale; in particolare, secondo i giudici di legittimità , non è ammissibile una responsabilità in capo allâoriginario legale rappresentante che abbia solo sottoscritto la dichiarazione nel caso in cui il nuovo legale rappresentante, subentrato al precedente, ometta di versare lâIva[5].
In relazione allâelemento soggettivo, la Cassazione lo ha ritenuto sussistente poiché, in tale ipotesi, è stato âconsapevolmente omesso il versamento dellâIva, dovuta sulla base della dichiarazione che la esponevaâ[6]; la Corte, infatti, ha rilevato che, dalla sentenza della Corte dâappello impugnata, risultava che nella dichiarazione annuale Iva erano riportati il credito finale, lâammontare dellâimposta dovuta (e non versata), lâammontare dei versamenti periodici asseritamente compiuti.
Peraltro, i giudici di legittimità â poiché il ricorrente era stato amministratore della medesima società sin dal 2004 ricoprendo diversi ruoli[7] â hanno ritenuto totalmente smentita lâaffermazione difensiva secondo cui il ricorrente non poteva essere a conoscenza del debito tributario[8] non evincibile dalla dichiarazione sottoscritta da altri non avendo alcuna carica sociale al momento della sua compilazione.
In conclusione, viene confermata la condanna a carico del ricorrente poiché âben poteva avere contezza, dalla semplice lettura della dichiarazione annuale Iva del 30 settembre 2009, del debito tributario della società , debito tributario che imponeva, come termine ultimo, il versamento della relativa somma al 27 dicembre 2009, data nella quale egli era il soggetto tenuto, in ragione della carica ricoperta, al versamentoâ.
[1] Lâarticolo 10-ter, nel testo vigente ratione temporis, prevedeva â1. La disposizione di cui all'articolo 10-bis si applica, nei limiti ivi previsti, anche a chiunque non versa lâimposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dellâacconto relativo al periodo di imposta successivoâ.
[2] Lâarticolo 10-bis stabiliva che â1. Ã punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo dâimpostaâ.
[3] Attualmente, a seguito della riforma operata con il Dlgs 158/2015, la fattispecie è disciplinata solo dallâarticolo 10-ter, secondo il quale â1. à punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dellâacconto relativo al periodo dâimposta successivo, lâimposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo dâimpostaâ.
[4] Ex multis, Cassazione penale, sentenza 19426/2014: âIl reato di omesso versamento dellâIVA ex art. 10 ter, D.Lgs. 74/2000 si consuma, infatti, nel momento in cui scade il termine previsto dalla legge per il versamento dellâacconto relativo al periodo di imposta successivo, non essendo sufficiente un qualsiasi ritardo nel versamento rispetto alle scadenze previste. à necessario, quindi, che lâomissione del versamento dellâIVA dovuta in base alla dichiarazione si protragga fino al 27 dicembre dellâanno successivo al periodo di imposta di riferimentoâ¦â.
[5] Cassazione penale, sentenza 42002/2014.
[6] Il reato in esame â diversamente da molte delle condotte penalmente sanzionate dal Dlgs 74/2000 che richiedono che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte â è punibile a titolo di dolo generico (cfr Sezioni unite, 37424/2013). Per la commissione del reato basta la coscienza e volontà di non versare le somme allâerario, che deve investire, anche la âsoglia di euro cinquantamila, che è un elemento costitutivo del fatto, contribuendo a definirne il disvaloreâ.
[7] Avendo ricoperto, la carica di presidente del Consiglio di amministrazione dal 17 aprile 2008 fino al marzo 2009, momento nel quale la società era amministrata da un amministratore unico, fino al 26 settembre 2009, momento nel quale lâesercizio della gestione era nuovamente passato in capo a un consiglio di amministrazione, presieduto dal ricorrente, fino al 30 dicembre 2009, allorché la società era stata posta in liquidazione e il medesimo era stato nominato liquidatore.
[8] La Corte di cassazione penale, nella recente sentenza 14498/2017, ha affermato che âlâorientamento consolidato di questa Corte secondo cui ai fini della configurabilità del reato di omesso versamento di Iva (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter), non rileva quale causa di forza maggiore per il legale rappresentante di unâimpresa lo stato di dissesto imputabile alla precedente gestione, quando risulta che lâagente al momento del suo subentro nella carica aveva la consapevolezza della crisi di liquidità e non era nellâimpossibilità a lui non ascrivibile di intraprendere alcuna iniziativa per fronteggiare tale situazione (cfr. ex plurimis Cass., Sez. 3, n. 43599/15, Rv 265262; n. 8352/15, Rv 263128; n. 5467/14 Rv 258055, 3124/14, Rv 258842)â¦â.
Letizia Berti
pubblicato Martedì 16 Maggio 2017
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