“Prima casa”: le esigenze personali non consentono di bissare i benefici
Pubblicato il 11/07/17 08:19 [Doc.3386]
di Redazione IL CASO.it


La condizione di non possesso di altro immobile agevolato non è superabile invocando la inidoneità dell’abitazione, che potrebbe adattarsi, senza limiti, a molteplici situazioni

Se l’immobile acquistato con l’agevolazione prima casa ha ridotte dimensioni e non è idoneo a soddisfare i bisogni abitativi, il contribuente non può usufruire nuovamente della medesima agevolazione per l’acquisto di un altro immobile nello stesso comune.
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 14740 del 13 giugno 2017.

I fatti
Con avviso di liquidazione, l’ufficio ha revocato l’aliquota Iva agevolata del 4% (tabella A, parte 2, n. 21, allegata al Dpr 633/1972) applicata all’acquisto, nel 2008, di un’abitazione non di lusso da una società di capitali e ha ripreso a tassazione l’imposta nella misura ordinaria. Ciò in quanto il contribuente possedeva già un immobile acquistato alcuni anni prima (nel 1992), in comproprietà col fratello, rispetto al quale aveva fruito dell’agevolazione prima casa e, quindi, utilizzandola anche per il successivo acquisto, aveva violato l’articolo 1, nota 2-bis, parte 1, tariffa allegata al Dpr 131/1986.

Mentre il giudice di primo grado ha disconosciuto l’idoneità del primo immobile a fungere da abitazione per il nucleo familiare e ha accolto il ricorso del contribuente, la Commissione tributaria regionale, riformando la sentenza di prime cure, ha accolto l’appello dell’ufficio poiché “le finalità dell’art. 1, lett. c), parte I, Tariffa, sono quelle di escludere dal beneficio dell’imposta ridotta colui che di questo beneficio ne abbia già goduto in precedenza”.
In particolare, il giudice di secondo grado ha evidenziato che:
l’avviso di liquidazione fondava il disconoscimento dell’agevolazione sul requisito della novità nel suo godimento, previsto dall’articolo 1, nota 2-bis, lettera c), parte I, tariffa allegata al Dpr 131/1986
la Commissione tributaria provinciale ha errato nel far riferimento all’ipotesi di decadenza prevista dalla lettera b), consistente nel possesso di un precedente fabbricato, destinato ad abitazione e ubicato nel medesimo comune.
Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1, nota 2-bis citato, e ritenendo che l’impedimento dalla possibilità di fruire del regime agevolato era da escludere nel caso di possesso di una casa soggettivamente “inidonea a soddisfare i concreti bisogni abitativi del contribuente” (per le ridotte dimensioni dell’immobile, indicate nel ricorso introduttivo).

La Corte ha ritenuto il motivo di ricorso infondato, poiché fa “…leva su un formante giurisprudenziale calibrato su fattispecie normativa diversa da quella applicabile nel caso di specie, ossia sulla lett. b) - piuttosto che sulla lett. c) - della Nota 2 - bis cit., cui la Tab. A, parte 2, n. 21, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972 espressamente rinvia…”.

Osservazioni
La Corte richiama la lettera dell’articolo 1, nota 2-bis, parte I, tariffa allegata al Tur, nel testo vigente ratione temporis, secondo la quale, per applicare l’aliquota del 4% agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso, devono ricorrere le seguenti condizioni:
a) l’ubicazione dell’immobile nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza, con dichiarazione resa dall’acquirente, a pena di decadenza, nell’atto di acquisto, di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile
b) la dichiarazione dell’acquirente, nell’atto di acquisto, di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare
c) l’ulteriore dichiarazione dell’acquirente, nell’atto di acquisto, di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata da lui stesso o dal coniuge con le agevolazioni previste dall’articolo 1.

In particolare, sulla base delle disposizioni contenute nella lettera c), i giudici di legittimità hanno ritenuto che l’acquirente dell’immobile agevolato non può fruire nuovamente del beneficio per un altro immobile (cfr Cassazione, n. 14510/2016) e che tale conclusione risulta coerente con la ricostruzione sistematica della disciplina.
Il precedente regime, regolato dall’articolo 2, comma 1, Dl 12/1985, infatti, vietava che il contribuente potesse “usufruire” del beneficio “prima casa” più di una volta. Divieto ribadito dall’articolo 3, comma 2, legge 415/1991, eliminato espressamente dall’articolo 16, comma 2, Dl 16/1993 e che non compare più neppure nell’articolo 1, nota 2-bis, lettera c), parte I, tariffa allegata al Dpr 131/1986, applicabile ratione temporis.

Quest’ultima nota ha consentito al contribuente la possibilità di usufruire “in vita” più volte del beneficio prima casa, subordinandolo però solo alla condizione di non essere “titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale, dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto e dal coniuge con le agevolazioni” (cfr Cassazione, n. 8548/2016).
Condizione che, invece, ricorreva nella fattispecie esaminata dalla Corte, poiché il contribuente risultava pacificamente proprietario di un’abitazione per la quale aveva già “usufruito” dell’agevolazione.

I giudici di legittimità, infine, hanno chiarito che i presupposti impeditivi del beneficio previsti dalla lettera b) sono diversi da quelli contenuti nella lettera c).
A mente di quest’ultima, è di palmare evidenza che non rileva (come invece vorrebbe il contribuente) la soggettiva e concreta idoneità abitativa di un altro immobile già acquistato in precedenza con il regime agevolato poiché, a differenza della lettera b), vi è il riferimento anche alla “nuda proprietà”, che prescinde dallo stesso uso abitativo.

Del resto, anche sul piano logico, le doglianze del contribuente non possono trovare accoglimento. Non si potrebbe, infatti, superare la condizione patrimoniale della “non possidenza” di altro immobile agevolato, invocando la inidoneità soggettiva dell’abitazione e adattandola, senza limiti, a una molteplicità di situazioni personali (ad esempio, lo stesso contribuente potrebbe ritenere inidonea la propria abitazione e fruire dell’agevolazione, per un numero illimitato di volte, procedendo al nuovo acquisto beneficiato se l’immobile è prima troppo piccolo per l’aumento del numero di familiari, poi disagiato perché non raggiungibile senza ascensore a seguito di sinistro stradale o ancora non salubre perché posto in ambiente incompatibile con le sue esigenze di salute).

E ancora le conclusioni della Corte trovano conforto anche nella nota 4-bis, aggiunta all’articolo 1, parte I, tariffa allegata al Dpr 131/1986, dalla legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 55, legge 208/2015) che, (solo) dal 1° gennaio 2016, riconosce il beneficio anche nel caso di mancanza del requisito della “novità” dell’agevolazione: l’acquirente, che non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) già citata, deve effettuare una “alienazione infrannuale postuma”.
In altri termini, al nuovo acquisto può applicarsi (ricorrendone tutti gli altri presupposti) l’aliquota d’imposta di registro (o Iva) agevolata a condizione che l’immobile “preposseduto” sia alienato entro un anno dalla data dell’atto per il quale l’agevolazione “prima casa” è nuovamente richiesta.

Romina Morrone
pubblicato Lunedì 10 Luglio 2017


© Riproduzione Riservata