Scissione parziale con cessione: non si tratta di operazione abusiva
Pubblicato il 26/07/17 05:30 [Doc.3511]
di Redazione IL CASO.it
Secondo lâAgenzia delle Entrate, nella fattispecie non sussistono i presupposti per lâapplicazione della disciplina dellâarticolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente
LâAgenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 97/E del 25 luglio 2017, rispondendo a unâistanza di interpello, fornisce un interessante chiarimento interpretativo in materia di scissione parziale proporzionale seguita dalla cessione delle partecipazioni nella società scissa, in rapporto alla nuova disciplina dellâabuso del diritto.
Il quesito
Una società per azioni, operante in ambito sanitario e proprietaria di un compendio immobiliare (in parte utilizzato per la propria attività e in parte locato a terzi) si è rivolta allâAgenzia per avere un parere sullâeventuale carattere abusivo, ai fini delle imposte dirette e dellâimposta di registro, di unâoperazione straordinaria che intende effettuare.
Più precisamente, la società vuole realizzare unâoperazione di scissione parziale proporzionale in favore di una srl neocostituita, a cui sarà assegnato il compendio immobiliare (e che avrà , come oggetto sociale, lâesercizio di attività di gestione immobiliare). Lâistante, invece, rimarrà titolare del ramo operativo dellâazienda.
Inoltre precisa che non sono previsti conguagli in denaro a favore dei soci.
Alla scissione, seguirà la cessione di tutte le partecipazioni della società scissa da parte dei relativi soci (due persone fisiche non imprenditori e una spa).
La scissione: aspetti civilistici e fiscali
Con la scissione, disciplinata dagli articoli da 2506 a 2506-quater del codice civile, una società (scissa) assegna lâintero suo patrimonio (scissione totale) a più società , preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio (scissione parziale), in tal caso anche a una sola società , e le relative azioni o quote ai suoi soci.
Lâoperazione, quindi, determina la âdisaggregazioneâ del patrimonio di una società (scissa) con la sua assegnazione (totale o parziale) a più società preesistenti o di nuova costituzione (beneficiarie).
La società scissa può, con lâoperazione straordinaria, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la sua attività .
La scissione può essere proporzionale e non proporzionale a seconda che la ripartizione delle azioni o quote ai soci della scissa avvenga in modo proporzionale o meno.
Dal punto di vista fiscale, invece, sinteticamente si ricorda che ai fini Ires, lâarticolo 173, Tuir, stabilisce che âla scissione totale o parziale di una società in altre preesistenti o di nuova costituzione non dà luogo a realizzo né a distribuzione di plusvalenze e minusvalenze dei beni della società scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e al valore di avviamentoâ. Il principio di neutralità implica che i beni della società scissa mantengono presso la beneficiaria il medesimo valore fiscalmente riconosciuto in capo alla prima e conservano lo stesso regime fiscale al quale erano soggetti prima della scissione stessa
Il parere dellâAgenzia delle Entrate
Nel fornire la propria risposta, lâamministrazione ricorda in primo luogo quali sono i presupposti in presenza dei quali unâoperazione può essere considerata abusiva, secondo la disciplina dellâabuso del diritto o elusione fiscale contenuta nellâarticolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000).
A tal proposito, la risoluzione ribadisce che per ritenere abusiva una determinata operazione, lâamministrazione deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti:
la realizzazione di un vantaggio fiscale âindebitoâ, costituito da âbenefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dellâordinamento tributarioâ
lâassenza di âsostanza economicaâ dellâoperazione
lâessenzialità del conseguimento di un âvantaggio fiscaleâ.
Tuttavia, ânon si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dellâimpresa ovvero dellâattività professionale del contribuenteâ (articolo 10-bis, comma 3).
Ciò premesso, lâAgenzia precisa che il primo elemento da valutare per la verifica dellâeventuale abusività dellâoperazione è la sussistenza o meno dellâindebito vantaggio fiscale. Qualora questâultimo non dovesse essere dimostrato, lâindagine di antiabusività deve ritenersi terminata.
Imposte dirette
Sotto il profilo delle imposte dirette, lâAgenzia, dopo aver condotto una sintetica analisi sugli effetti fiscali derivanti dalle operazioni poste in essere per realizzare la circolazione di unâazienda (in via generale, cessione diretta o indiretta), afferma che in unâoperazione di scissione parziale proporzionale (come quella prospettata dalla società istante), finalizzata alla creazione di una o più società destinate ad accogliere i rami operativi dellâazienda da far circolare, successivamente, sotto forma di partecipazioni da parte dei soci persone fisiche ânon si rinviene lâesistenza di un indebito vantaggio fiscale riconducibile alle fattispecie di abuso del diritto (â¦)â.
Infatti, il legislatore ammette diverse strade per la circolazione di unâazienda, âtutte poste sullo stesso piano e aventi, quindi, pari dignità fiscaleâ.
Pertanto, ânon può imporsi a una persona fisica interessata alla monetizzazione dellâazienda (o di un ramo di essa), di cui è titolare una società dalla stessa partecipata, di far circolare lâazienda (o un ramo di essa) esclusivamente attraverso la sua cessione diretta da parte della società partecipata, con un aggravio fiscale relativo alla doppia imposizione che incide, una volta, in capo allâente societario (sulla plusvalenza da cessione) e, unâaltra volta, in capo alla persona fisica socio (sulla distribuzione degli utili afferenti a detta cessione)â.
Questa soluzione, peraltro, è innovativa rispetto a quanto sostenuto in precedenza dallâAgenzia (cfr risoluzione n. 97/E del 7 aprile 2009 e risoluzione n. 256/E del 2 ottobre 2009) in vigenza della precedente disciplina dellâabuso del diritto (cfr abrogato articolo 37-bis, Dpr 600/1973).
A questa conclusione si deve giungere anche con riguardo alla medesima operazione di veicolazione dellâazienda realizzata da una società già socia della scindenda, che del pari non dà luogo al conseguimento di alcun indebito vantaggio fiscale. Infatti, âla scissione (parziale proporzionale) concepita in funzione di separare due distinti complessi aziendali e strumentale alla (successiva) cessione delle partecipazioni di una delle società risultanti dalla scissione (â¦) da parte del socio società non appare in contrasto con le finalità di alcuna norma fiscale ovvero con alcun principio dellâordinamento tributarioâ.
In definitiva, nel caso concreto la cessione della totalità delle partecipazioni della società istante (rimasta titolare dellâazienda relativa al solo ramo operativo) da parte del socio-società e dei soci-persone fisiche non imprenditori, non integra alcun indebito risparmio dâimposta.
In assenza di alcun indebito vantaggio fiscale, lâoperazione, quindi, non può ritenersi abusiva.
Tuttavia, la risoluzione precisa che âaffinché non siano ravvisabili profili di abuso del diritto, la scissione deve caratterizzarsi come unâoperazione di riorganizzazione aziendale finalizzata allâeffettiva continuazione dellâattività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante. Inoltre, non deve trattarsi di società sostanzialmente costituite solo da liquidità , intangibles o immobili, bensì di società che esercitano prevalentemente attività commerciali (â¦)â.
Imposta di registro
Sul versante dellâimposta di registro, lâamministrazione, sul presupposto del carattere residuale della nozione di abuso del diritto, ritiene di non dover compiere alcuna indagine circa la possibile natura abusiva dellâoperazione.
Infatti, nellâambito della disciplina dellâimposta, le regole e i criteri applicabili per la corretta tassazione degli atti sono dettate dallâarticolo 20, Dpr 131/1986, secondo cui âlâimposta è applicata secondo lâintrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparenteâ.
Questa regola, quindi, delinea âil criterio interpretativoâ da utilizzare per lâapplicazione dellâimposta di registro, stabilendo che âlâatto deve essere qualificato in considerazione del contenuto giuridico dello stesso, a prescindere dal nomen iuris utilizzato dalle partiâ.
Peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare e di ribadire il principio secondo cui, in tema di imposta di registro, lâarticolo 20, ânon detta una regola antielusiva, ma una regola interpretativa, che impone una qualificazione oggettiva degli atti secondo la causa concreta dellâoperazione negoziale complessiva, a prescindere dallâeventuale disegno o intento elusivo delle partiâ (cfr Corte di cassazione, sentenze nn. 25847/2015, 9582/2016 e 6758/2017).
Gennaro Napolitano
pubblicato Martedì 25 Luglio 2017
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