Controversie sopra i 2.582 euro: mancata nomina di un difensore
Pubblicato il 27/07/17 04:25 [Doc.3514]
di Redazione IL CASO.it
Anche il giudice di secondo grado è tenuto a rivolgere al contribuente lâinvito a provvedere oppure può dichiarare direttamente lâinammissibilità dellâappello?
Nellâordinanza interlocutoria n. 10080/2017, la Corte di cassazione affronta lâannosa questione relativa allâambito di applicazione dellâarticolo 12, comma 5, del Dlgs n. 546/1992 che, nella versione vigente ratione temporis (in vigore fino al 31.12.2015), prevedeva che, per le controversie di valore eccedente 5 milioni di lire (ora 2.582,28 euro), âil presidente della commissione o della sezione o il collegio possono tuttavia ordinare alla parte di munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa è tenuta, a pena di inammissibilità , a conferire l'incarico a un difensore abilitatoâ.
In particolare, il nodo interpretativo - sul quale il Collegio evidenzia lâopportunità che si pronuncino le Sezioni unite, stante la posizione interpretativa non univoca della giurisprudenza di legittimità - riguarda lâapplicabilità della cennata previsione normativa anche al giudizio di appello e gli effetti che la formulazione o meno di tale invito possono avere sulla declaratoria di inammissibilità del gravame per difetto di assistenza tecnica.
Nellâordinanza interlocutoria, il Collegio ripercorre le posizioni interpretative assunte dalla giurisprudenza di legittimità , evidenziando come vi sia un indirizzo secondo il quale âlâobbligo del giudice tributario di fissare al contribuente, che ne sia privo, un termine per la nomina di un difensore - previsto, per le controversie di valore eccedente Euro 2.582,28, dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art.12, comma 5, come interpretato dalla Corte costituzionale con le sentenze n.189 del 2000 e n. 2002 (rectius: 520) del 2002 e con l'ordinanza n. 158 del 2003 - sussiste solo nell'ipotesi in cui la parte sia "ab initio" sfornita di assistenza tecnica, e non riguarda il giudizio di secondo grado, come si desume sia dall'esplicito riferimento, nella citata giurisprudenza costituzionale, al solo giudizio di prime cure, sia dal tenore letterale dell'art. 12 cit., che si riferisce espressamente alla proposizione delle controversie, e non alla prosecuzione dei giudiziâ, con la conseguenza che âquando la parte si sia munita di assistenza tecnica nel giudizio di primo grado a seguito di ottemperanza all'ordine emesso dal giudice e proponga appello personalmente l'impugnazione deve essere dichiarata inammissibile, non dovendo l'ordine essere reiterato, e l'appello va dichiarato immediatamente inammissibile, attesa la riferibilità di quello impartito in prime cure all'intero giudizioâ (Cassazione 13 ottobre 2010, n. 21139; cfr anche Cassazione 4 aprile 2008, n. 8778; 30 giugno 2010, n. 15448; 13 settembre 2013, n. 20929; 18 dicembre 2014, n. 26851).
A sostegno della diversa posizione interpretativa â condivisa dal Collegio â secondo la quale il giudice tributario non può dichiarare inammissibile il ricorso se non ha prima invitato il contribuente a munirsi della difesa tecnica di cui risulta sprovvisto, il Collegio richiama poi lâindirizzo interpretativo tracciato dalle Sezioni unite con la sentenza 2 dicembre 2004, n. 22601.
In tale pronuncia, il supremo Collegio nella sua più alta composizione ha chiarito che âlâinammissibilità del ricorso può essere dichiarata solo a seguito della mancata esecuzione di tale ordineâ e precisato che tale lettura âè lâunica conforme a Costituzione, secondo la sent. n.189 del 2000 della Corte Costituzionale, non rinvenendosi interpretazioni alternative che assicurino effettività alla tutela del diritto fondamentale di difesa nel processo ed adeguata tutela contro gli atti della P.A., alla stregua degli artt. 24 e 113 Cost., ove si consideri la peculiarità del processo tributario (che, dovendo essere introdotto attraverso un meccanismo impugnatorio di determinati atti impositivi, da esercitarsi entro brevissimi termini di decadenza, già comporta, rispetto al modello classico del processo civile, fortissime compressioni di quelle garanzie costituzionali)â.
Poiché, peraltro, il principio affermato dalle Sezioni unite nel citato arresto non affronta in modo diretto la questione dellâapplicabilità di tale previsione normativa anche al giudizio di appello, il Collegio giudicante ha ritenuto con lâordinanza in rassegna che tale questione debba essere risolta dalle Sezioni unite. à quindi necessario, ad avviso del Collegio, che una volta per tutte si chiarisca se anche il giudice di appello è onerato dal formulare lâinvito alla regolarizzazione del mandato ai sensi dellâarticolo 12, comma 5, del Dlgs n. 546/1992 e, soprattutto, se lâeventuale declaratoria di inammissibilità del gravame sia subordinata al mancato ottemperamento a tale invito e non possa â come invece avvenuto nella specie â essere pronunciata senza previo invito rivolto al contribuente di dotarsi di assistenza tecnica.
Nel manifestare tale esigenza, la suprema Corte ha anche espresso il proprio punto di vista interpretativo. In particolare, ha ritenuto â giustamente, a sommesso parere di chi scrive â che circoscrivere lâinvito al contribuente a dotarsi di assistenza tecnica al primo grado di giudizio, da un canto, si risolverebbe in una interpretatio abrogans degli articoli 53, comma 1 e 61 del Dlgs n. 546/1992 â che ritengono applicabili al giudizio di appello previsioni formali e procedurali dettate per il primo grado di giudizio â e, dallâaltro, contrasterebbe con una lettura costituzionalmente orientata della norma diretta ad assicurare lâeffettività del diritto di difesa e lâadeguata tutela dei diritti contro gli atti della Pa, nonché con il principio âconservativoâ e di âsalvataggioâ manifestato dal legislatore con la novella dellâarticolo 182 cpc.
Sebbene tale ultima norma prevede, infatti, in caso di difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, la concessione di un termine perentorio per la regolarizzazione nellâipotesi in cui si tratti di un âun vizio che determina la nullità della procura al difensoreâ (ipotesi diversa dalla mancanza di procura, che ci occupa in questo caso), comunque tale novella è diretta ad azzerare lâincidenza di difetti formali.
Quanto sin qui rilevato dal Collegio vale tanto più se si considera che â come evidenziato nella parte finale dellâordinanza in commento â il Dlgs n. 156/2015, articolo 9, comma 1, lettera e), nel riscrivere il più volte richiamato articolo 12 del Dlgs n. 546/1992, dopo aver ribadito la regola generale dellâobbligatorietà dellâassistenza tecnica nelle controversie tributarie, salvo i casi di contenziosi di modico valore, con il comma 10 ha disciplinato le ipotesi di difetto di rappresentanza o di autorizzazione, rinviando alle disposizioni contenute nellâarticolo 182 cpc, prevedendo che la predetta attività possa essere svolta dal presidente della commissione ovvero della sezione e dal collegio e ciò, come si legge nella relazione illustrativa del governo, âal fine di evitare lâinutile prolungamento dei tempi del giudizioâ, anticipando âquanto più possibile la regolarizzazione dellâeventuale vizio dellâatto processuale (ad esempio, difetto di procura alla lite) attribuendo indifferentemente lâiniziativa per la regolarizzazione già al Presidente della Commissione o della sezione (oltre che al collegio)â.
a cura di Giurisprudenza delle imposte edita da ASSONIME
pubblicato Martedì 25 Luglio 2017
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