La parte assente in primo grado può produrre documenti in appello
Pubblicato il 28/07/17 04:25 [Doc.3523]
di Redazione IL CASO.it
Sebbene preesistenti al giudizio svoltosi dinanzi alla Ctp, è la previsione di una norma "speciale" in ambito tributario a consentirne la presentazione in sede di gravame
à ammissibile la produzione documentale, volta a provare la notificazione degli "atti presupposti" degli atti riscossivi impugnati, effettuata per la prima volta nel secondo grado di giudizio da parte dell'agente della riscossione rimasto "contumace" nel primo.
Lo ha statuito la Corte di cassazione, sezione VI, nell'ordinanza 17120 dell'11 luglio 2017.
La vicenda processuale
La controversia trae origine dall'impugnazione di alcuni avvisi di intimazione notificati a una società da Equitalia Sud.
Nel ricorso in primo grado, la contribuente ha eccepito la mancata notifica degli atti presupposti degli atti esattivi, doglianza che ha trovato accoglimento da parte della Ctp di Caserta; nel predetto giudizio, l'Agente della riscossione non si è costituito.
In seguito, quest'ultimo ha proposto appello avanti la Commissione tributaria regionale di Napoli allegando le relate di notifica degli atti presupposti, condotta censurata dai giudici di secondo grado, che hanno affermato l'inammissibilità della produzione di tali documenti fatta dall'agente della riscossione solo in appello, dopo essere rimasto "contumace" in primo grado.
La pronuncia della Corte di cassazione
A seguito di impugnazione proposta dall'agente della riscossione per violazione di legge (nello specifico, dell'articolo 58, comma 2, Dlgs 546/1992), la Cassazione ha affermato l'erroneità delle conclusioni raggiunte dalla Ctr laddove ha sancito l'inammissibilità della produzione documentale effettuata per la prima volta nel secondo grado di giudizio, essendo l'appellante rimasto "contumace" nel primo.
Secondo i giudici di legittimità , in materia di contenzioso tributario, la richiamata disposizione non pone limiti alla produzione in appello di qualsiasi documento "pur se già disponibile in precedenza". Si tratta, invero, di norma "speciale" che "esclude l'applicabilità della più restrittiva previsione di cui all'art. 345, cod. proc. civ. â¦".
Osservazioni
L'articolo 58 del Dlgs 546/1992 - rubricato "Nuove prove in appello" - stabilisce, al comma 1, che "Il giudice non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile", mentre al comma 2 prevede che "à fatta salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti".
La previsione del comma 2 codifica un principio di carattere generale secondo cui è sempre possibile per le parti produrre nuovi documenti nel giudizio d'appello avanti la Commissione tributaria regionale; si tratta di una disposizione che assume carattere "speciale", differenziando notevolmente la disciplina del processo tributario da quella del processo civile1.
In tale ultima sede, infatti, trova applicazione la preclusione disposta dall'articolo 345, comma 3, del codice di procedura civile, ai sensi del quale "Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. â¦"2.
Nel processo civile, quindi, la mancata produzione dei documenti in primo grado ne impedisce la produzione nel grado di appello, fatta salva la dimostrazione della causa non imputabile alla parte; diversamente, nel processo tributario, le parti possono "produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado" (cfr Cassazione 5491/20173)4.
Tale conclusione è valida anche nell'ipotesi - affrontata dalla pronuncia in commento - in cui la parte che produce i documenti sia rimasta "contumace" nel giudizio in primo grado5, diversamente da quanto sovente viene affermato dai giudici del merito.
Per completezza, si segnala sul tema che la Corte suprema ha precisato che - se è vero che l'articolo 58 fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall'articolo 345 del codice di procedura civile - "tale attività processuale va esercitata - stante il richiamo operato dall'art. 61 del citato D.Lgs. alle norme relative al giudizio di primo grado - entro il termine previsto dall'art. 32, comma 1, dello stesso decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima dell'udienza con l'osservanza delle formalità di cui all'art. 24, comma 1, â¦" (cfr Cassazione, 3661/2015 e, in termini, 20109/2012).
Sulla questione, preme evidenziare, infine, che la stessa Commissione tributaria regionale di Napoli, con ordinanza n. 943/32/16, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 58, comma 2, in esame per contrasto con gli articoli 3, 24 e 117 della Costituzione, nonché per contrasto con i criteri di razionalità e con i principi generali dell'ordinamento6.
L'udienza si è tenuta nella Camera di consiglio del 5 luglio 2017, relativamente alla quale la Consulta non ha allo stato depositato la propria decisione.
NOTE:
1) Le norme che introducono una disciplina specifica per gli istituti del processo tributario risultano prevalenti per il principio di specialità disciplinato dall'articolo 1, comma 2, del Dlgs 546/1992, ai sensi del quale "I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile".
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2) Il comma ha subito diverse modifiche; il testo in vigore prima della modifica disposta dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 54, Dl 83/2012, era il seguente: "Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. â¦". Il testo in vigore prima della modifica disposta dal comma 18 dell'articolo 46, legge 69/2009, era il seguente: "Non sono ammessi nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. â¦".
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3) La controversia riguardava la produzione documentale fatta in secondo grado dall'appellante agente della riscossione (contumace nel primo) delle copie notificate delle cartelle di pagamento quali "atti presupposti" di quello impugnato.
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4) In tal senso, anche Cassazione, 21909/2015, nella quale si afferma che "Ed invero, questa Corte è ferma nel ritenere che in tema di contenzioso tributario, il D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58, fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall'art. 345 cod. proc. civ." (cfr anche sentenza 7714/2013 e 18907/2011).
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5) Cassazione, 5491/2017 e 1464/2017.
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6) Corte costituzionale 245/2016, pubblicata su GU n. 49 del 7 dicembre 2016 con oggetto: "Contenzioso tributario - Appello alla commissione tributaria regionale - Facoltà delle parti di produrre nuovi documenti - Denunciata previsione della facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche con riferimento ai documenti già in possesso della parte in primo grado e non prodotti affatto o non tempestivamente - Incongruità rispetto al previsto divieto di nuove prove in appello - Disparità di trattamento tra le parti a favore della parte in facoltà di produrre per la prima volta in appello documenti già in suo possesso in primo grado con incidenza sul diritto di difesa della controparte - Lesione del diritto ad un equo processo - Violazione degli obblighi internazionali derivanti dalla CEDU".
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Letizia Berti
pubblicato Mercoledì 26 Luglio 2017
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