Futuri sì, ma già individuabili e sequestrabili i canoni d’affitto
Pubblicato il 07/09/17 04:45 [Doc.3619]
di Redazione IL CASO.it


Il debito sanzionatorio del condannato non può essere vanificato dalla momentanea incapienza: nel perimetro patrimoniale utilizzabile rientrano anche i beni disponibili successivamente

È legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, che ricomprende i canoni non ancora riscossi derivanti dalla locazione di un immobile già oggetto di sequestro.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza 37454 del 27 luglio 2017.

La vicenda processuale
Un soggetto indagato per reati fiscali ha proposto ricorso avverso l’ordinanza del tribunale di Roma, con la quale è stato confermato il provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal Gip, finalizzato alla confisca per equivalente di proventi non ancora percepiti, derivanti dalla locazione di un immobile, nella specie un castello, anch’esso già oggetto di sequestro.
Il ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento cautelare, per violazione degli articoli 321 cpp, 322-ter cp, e dell’articolo 12-bis del Dlgs 74/2000, per aver disposto il sequestro per la confisca di beni futuri, non ancora nella disponibilità dell’indagato.
Il contribuente ha evidenziato l’esistenza di due orientamenti contrapposti e ha chiesto alla Corte suprema di aderire a quello che esclude la sequestrabilità dei beni futuri o, in alternativa, di assegnare il ricorso alle sezioni unite, al fine di dirimere il contrasto creatosi sul punto.
La Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, escludendo la necessità di sottoporre alle sezioni unite la questione della sequestrabilità per equivalente dei beni futuri, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Decisione della Corte di cassazione e precedenti giurisprudenziali
La Cassazione è stata, dunque, chiamata a pronunciarsi in merito alla possibilità di disporre il sequestro preventivo su beni futuri, non ancora presenti nella sfera giuridico patrimoniale della persona interessata all’atto dell’adozione del provvedimento.

I giudici di legittimità hanno respinto tutti i motivi di ricorso affermando che, “se è certamente necessario che la confisca riguardi solo beni esistenti al momento della sua adozione, non così per il sequestro, che è misura cautelare diretta a consentire alla confisca di potere operare, e che può invece, proprio per tal ragione, riguardare anche beni che vengano ad esistenza successivamente al sequestro stesso e sino al momento di adozione della confisca...”.
Nella sentenza in commento si dà atto che, in via generale, la natura sanzionatoria della confisca per equivalente “non tollererebbe l’apprensione di beni futuri”. Al riguardo, sono richiamate altre pronunce di legittimità secondo cui il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, a differenza del sequestro preventivo “impeditivo”, ha natura sanzionatoria e non potrebbero essere sottoposti a tale vincolo i beni meramente futuri, non individuati e non individuabili.

Invero, è necessario distinguere tra sequestro “impeditivo” (articolo 321 cpp, comma 1) e sequestro “funzionale alla confisca” (articolo 321 cpp, comma 2).
Nel sequestro impeditivo, presupposto della misura cautelare è il “pericolo” che la libera disponibilità di una “cosa pertinente al reato” possa aggravare o protrarre le conseguenze dell’illecito ovvero possa agevolare la commissione di altri reati. Per cui, il sequestro è finalizzato a interrompere quelle situazioni di pericolosità che possono crearsi con il possesso della “cosa”.
Nel sequestro funzionale alla confisca, invece, il pericolo non è collegato alla libera disponibilità della cosa, ma si ricollega alla confiscabilità del bene (cfr articolo 321, comma 2, cpp).

La giurisprudenza di legittimità ha più volte sostenuto che, a differenza del sequestro preventivo, il sequestro funzionale alla confisca per equivalente ha natura sanzionatoria, per cui non sono sottoponibili a tale vincolo i beni meramente futuri (Cassazione, 4097/2016).
In tal senso si è espressa la Cassazione con la sentenza 23649/2013 relativa a un sequestro preventivo “per equivalente” di alcuni immobili e dei relativi canoni di locazione. Secondo tale decisione, “a differenza di quanto può dirsi per il sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p., il sequestro per equivalente ha natura prettamente sanzionatoria e non è suscettibile di proiezione sul futuro. Nel primo caso, dunque, l'esigenza di impedire l'aggravarsi delle conseguenze da reato e di prevenire ulteriori offese al bene protetto autorizza l'autorità giudiziaria a sottoporre a vincolo anche i canoni di locazione e i vantaggi patrimoniali direttamente derivanti dalla gestione dei beni in sequestro (…); non altrettanto può dirsi per il sequestro disposto ex art. 322 ter c.p…”.

Tornando alla decisione in esame, la Corte di cassazione aderisce a un altro orientamento che ritiene, invece, pienamente ammissibile il sequestro su beni non ancora nella disponibilità dell’indagato, in quanto “anche a volere prescindere dalla necessità di distinguere tra beni futuri solo perché non ancora percepiti ma fin d’ora individuabili (come sono i canoni di locazione derivanti da un bene, come quello di specie, comunque già nella disponibilità dell'indagato) e beni futuri proprio in quanto non individuati e non individuabili, solo nel secondo caso mancherebbe il presupposto di determinatezza dell’oggetto della misura che imporrebbe di avere riguardo, secondo l'indirizzo richiamato, al principio di "non ultrattività" derivante dalla natura sanzionatoria della misura”.

Sulla base di tale ragionamento, i beni attinti non necessariamente devono essere “individuati” nel provvedimento, ma quanto meno devono essere “individuabili”: entrambe le locuzioni si riferiscono a beni già presenti nella sfera di disponibilità del condannato al momento della statuizione, ancorché si rimette la loro compiuta identificazione alla fase dell’esecuzione della sanzione.

L’indirizzo giurisprudenziale cui aderisce questa pronuncia si pone in contrasto con il richiamato orientamento, tuttavia è conforme ad altre pronunce di legittimità.
Infatti, la Corte suprema conclude affermando che “si versa, nella specie, in ipotesi di frutti derivanti dalla stessa gestione del bene in sequestro di per sé rientrante nei poteri, oltre che di mera conservazione, anche di amministrazione del custode, e, dall’altro, nessuna divergenza in ordine alla natura sanzionatoria della confisca per equivalente è rinvenibile nella giurisprudenza di questa Corte, solo essendovi una diversa considerazione quanto agli effetti sul sequestro”.
In particolare, la Corte di cassazione, con la sentenza 33861/2014, ha ritenuto ammissibile il provvedimento emesso sui frutti, affermando che la natura sanzionatoria del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato non impedisce al custode, nominato per l’amministrazione dei cespiti sottoposti a vincolo, di percepire i frutti o le altre utilità future, come i canoni di locazione e vantaggi patrimoniali accessori, in analogia con la previsione dell’articolo 2912 cc, riguardante l’estensione del pignoramento agli accessori e alle pertinenze della cosa pignorata.
Inoltre, con la sentenza 33765/2015, è stato affermato il principio secondo cui, in tema di confisca per equivalente, non è necessaria la specifica individuazione dei beni oggetto di ablazione e “accertato il profitto o il prezzo del reato per il quale essa è consentita, la confisca potrà avere ad oggetto non solo beni già individuati nella disponibilità dell'imputato, ma anche quelli che in detta disponibilità si rinvengano o comunque entrino successivamente al provvedimento di confisca, fino alla concorrenza dell'importo determinato”.

È stato, dunque, ribadito che il “debito sanzionatorio del condannato” non possa essere vanificato dalla momentanea incapienza del debitore e dunque il perimetro patrimoniale all’interno del quale deve essere soddisfatto, di conseguenza, è costituito non solo dai beni “già individuati” nella disponibilità dell’imputato, ma anche da quelli che in detta disponibilità si rinvengano o comunque entrino successivamente al provvedimento di confisca, fino alla concorrenza dell’importo determinato.
Spetta poi al giudice dell’esecuzione risolvere ogni questione che dovesse sorgere, all’atto della apprensione dei beni (ivi compresi i frutti derivanti da essi), sulla loro disponibilità in capo all’imputato o sul rispetto del limite costituito dall’importo individuato come prezzo o profitto.
Filomena Scarano
pubblicato Martedì 29 Agosto 2017


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