Risarcibile anche il danno morale allâAgenzia costituita parte civile
Pubblicato il 09/09/17 04:45 [Doc.3633]
di Redazione IL CASO.it
Questo, per gli interessi pubblici e sociali che lâente rappresenta nonché per la lesione dellâimmagine e il discredito apportato allâistituzione dal comportamento illecito
Ammissibile la risarcibilità anche nei confronti dellâAgenzia delle entrate, per i reati tributari, del danno morale, non patrimoniale.
à questo il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza in materia penale, n. 38932 del 7 agosto 2017.
Il fatto
La vicenda prende le mosse â a seguito di notizia di reato trasmessa dallâAgenzia delle entrate per la fattispecie di omesso versamento Iva accertato nel 2012 allâesito di attività di controllo e liquidazione della dichiarazione Unico 2010 â da un procedimento penale a carico di un imprenditore, esercente attività immobiliare, resosi responsabile degli illeciti penali di cui agli articoli 10 e 11 del Dlgs 74/2000, per aver omesso, quale rappresentante legale di una Srl, il versamento dellâIva dovuta in base alla dichiarazione relativa allâanno dâimposta (757.609 euro). Nonché per aver costituito nel 2010, al fine di sottrarsi al pagamento dellâimposta, un fondo patrimoniale, ai sensi dellâarticolo 167 cc, avente a oggetto lâimmobile fittiziamente intestato alla coniuge-impiegata, allo scopo di sottrarlo alla procedura di riscossione coattiva (reato di cui allâarticolo 11, Dlgs 74). Lâimmobile, oltre a due box auto, del valore di mercato stimato in 757mila euro, era utilizzato quale abitazione e, dunque, nella disponibilità materiale del contribuente.
Quindi, i comportamenti illeciti, temporalmente ravvicinati, erano consistiti, da un lato, nel mancato versamento dellâIva (il 16 marzo 2010) e, dallâaltro, nella costituzione di un fondo patrimoniale (il 25 febbraio 2010), segnalata dalla Guardia di finanza con una ulteriore notizia trasmessa alla Procura locale e considerata dai giudici lâatto incriminato per lâarticolo 11 del Dlgs 74/2000, poiché compiuto al fine di porre al riparo dalle azioni esecutive coatte il bene, un immobile che si trovava nella disponibilità del contribuente. Sullâimmobile era stato disposto il sequestro preventivo.
La sentenza
Rilevato che il possesso e la disponibilità dellâimmobile di abitazione era rimasto al contribuente, in quanto solo formalmente intestato alla moglie, il tribunale stabiliva che âil bene dovesse ritenersi compreso nella sfera degli interessi economici del prevenutoâ.
Pertanto, a parere del tribunale, doveva ritenersi che la costituzione del fondo patrimoniale non fosse altro che âun mero espediente giuridico necessario a âschermareâ, maggiormente e più efficacemente, i beni suscettibili di possibile procedura esecutivaâ, condotta che integrava la contestata violazione dellâarticolo 11.
Del tutto infondate, invece, venivano ritenute le tesi della difesa secondo cui le disponibilità economiche per lâacquisto dellâimmobile, il solo âblindatoâ nel fondo patrimoniale, sarebbero derivate da donazioni del padre (beneficiario di una pensione di circa 14mila euro).
Tesi per i giudici considerata âinaccoglibile ed inverosimileâ, perché contraddetta dagli atti a disposizione dei giudici.
Dunque, secondo il Primo giudice, doveva ritenersi dimostrata la responsabilità del contribuente anche con riguardo al reato di cui allâarticolo 11, il quale, sul solco della Corte suprema, lo stesso poteva dirsi integrato anche dalla costituzione di un fondo patrimoniale laddove, come nel caso di specie, questa fosse risultata idonea a ostacolare lâassolvimento dellâobbligazione tributaria.
La sentenza di primo grado, inoltre, stabiliva che lâimputato âdeve essere, quindi, condannato a favore della parte civile al risarcimento integrale di tutti i danni subiti dalla stessa, che si reputa equo stimare, in complessivi un milione e duecentomila euro, atteso che nei suoi confronti sono stati accertati i due reati commessi contro lâErario statale, secondo il calcolo condivisibile proposto dallâavvocatura distrettualeâ.
In particolare, lâimporto comprendeva la somma di 167.451,58 euro a titolo di danno morale, consistente nello sviamento e nel turbamento dellâattività della Pa, diretta allâaccertamento tributario, oltre che alla lesione della potestà impositiva statale, liquidato in via equitativa, per un totale di 1,2 milioni di euro.
Avverso la sentenza proponeva appello il contribuente, in quanto lamentava lâinsussistenza dellâelemento soggettivo del reato contestatogli. Ritenendo, inoltre, data lâappartenenza ad altri (la moglie) del bene confiscatogli, del tutto ingiustificata tale confisca. In quanto il suddetto immobile risultava acquistato molti anni prima rispetto allâinsorgenza del debito tributario, allâepoca dei contratti di acquisto preliminari e rogito rispettivamente del 2003 e 2007. E che non si vedeva come la predetta costituzione del fondo patrimoniale potesse ostacolare una riscossione coattiva che non avrebbe potuto aver luogo su un bene di un terzo.
In ogni caso, sosteneva che andava esclusa la ricorrenza del dolo specifico necessario a integrare il reato, dal momento che, egli sosteneva, nel 2007 non poteva certo rappresentarsi che lâamministrazione finanziaria potesse essere danneggiata dallâintestazione fittizia dellâimmobile.
Contrariamente, invece, i giudici di appello ritenevano corrette le argomentazioni del giudice di primo grado: la posizione economica della moglie risultava inconciliabile con lâimpegno finanziario che la compravendita dellâimmobile aveva comportato. Per cui ritenevano che il bene, sebbene intestato al coniuge, âè stato acquistato con risorse, nella quasi totalità , provenienti dallo stesso imputato ⦠immobile che si trova nella sua disponibilità â.
Inoltre, circa le difficoltà economiche soltanto genericamente prospettate dallâindagato, essi richiamano quanto ripetutamente affermato dalla Cassazione e che ritengono correttamente il giudice di primo grado abbia osservato: âlâinadempimento tributario penalmente rilevante può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili allâimprenditore che non ha potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalisticoâ (cfr Cassazione, 43599/2015), dunque, che vanno puntualmente allegate e dimostrate.
Circa, invece, lâinsussistenza dellâelemento piscologico e del dolo specifico, il secondo giudice affermava che âlâatto incriminato è la costituzione del fondo patrimoniale, perfettamente coeva alla scadenza del termine per il pagamento dellâIva dellâanno 2009 (16/03/2010)â. La costituzione del fondo, infatti, risultava eseguita il 25 febbraio 2010.
Per cui, analogamente ai primi giudici, essi ritenevano che âGià questa coincidenza temporale illumina lo scopo dellâatto, di cui non è stata allegata la strumentalità alle esigenze familiari e che, invece, ha creato un ostacolo alla soddisfazione delle ragioni dellâErarioâ. Aggiungendo, poi, come âproprio la evidente incompatibilità dellâacquisizione patrimoniale con la situazione reddituale della formale intestataria, la sicura riconducibilità dellâacquisto a risorse dellâappellante, la effettiva disponibilità del bene in capo allo stesso, âsconsigliavanoâ la predisposizione di un ulteriore âschermoâ in grado di eludere lâobbligo di garanzia che sussiste in capo ad ogni debitoreâ. E, concludendo sulla stessa linea dei precedenti giudicanti, che âLa disponibilità del bene in capo al debitore ne determinava lâaggredibilità , a tutela di un obbligo sanzionato penalmente, non esclusa dalla intestazione alla moglie: la costituzione del fondo, lungi dallâessere controproducente, intendeva realizzare lâobiettivo, lucidamente perseguito di sottrarre il bene alle legittime ragioni dellâErarioâ.
Quindi, anche per la Corte, lâappello avanzato sul punto, per le diverse ragioni esposte dal contribuente, non era meritevole di accoglimento.
Con lâultimo motivo, poi, lâappellante lamentava lâentità del risarcimento concesso alla parte civile. Sul punto, i giudici di appello hanno confermato quanto già statuito in primo grado, motivando che, âconsiderato il danno patrimoniale prodotto, la somma riconosciuta a titolo di danno non patrimoniale è adeguatoâ.
Contro la sentenza di condanna, lâimputato ha proposto ricorso per cassazione.
Motivi della decisione di legittimitÃ
Con la sentenza 38932/2017, la Cassazione ha ritenuto manifestamente infondato il motivo riguardante la liquidazione dei danni in favore della parte civile. Il ricorrente, infatti, aveva contestato la possibilità del risarcimento del danno morale allâAgenzia delle entrate.
Il supremo Collegio ha innanzitutto richiamato lâorientamento giurisprudenziale, fornendo una definizione di danno non patrimoniale, secondo cui âIl danno non patrimoniale è la lesione di interessi non economici, ovvero di interessi che alla stregua della coscienza sociale sono insuscettibili di valutazione economica. La legge riconosce come rilevanti i danni non patrimoniali derivanti da reato in quanto la norma penale tutela valori sociali di rilevanza pubblica, la cui violazione esige una completa riparazione del danno prodotto, economico e non economico; conseguentemente anche gli enti pubblici (e in genere le persone giuridiche) sono suscettibili di subire un danno non patrimoniale, in quanto venga leso un interesse non economico di cui siano portatoriâ.
E come nellâambito di tale danno (genus) il riconoscimento del danno morale sia ammissibile anche in favore di una pubblica amministrazione, in quanto âIl danno morale (non patrimoniale) è stato pertanto, costantemente ritenuto concepibile anche a favore di un ente pubblico, e in particolare delle Agenzie delle entrate per i reati tributari, relativamente agli interessi pubblici e sociali che rappresentanoâ.
Di conseguenza, con la decisione 38932/2017, la Corte ha affermato il seguente principio di diritto: âà legittima la condanna in sede penale al risarcimento del danno morale patito dallâAmministrazione finanziaria in conseguenza di un reato tributario, danno consistente nella lesione di interessi non economici aventi comunque rilevanza sociale, ai quali è finalizzata lâazione dellâagenzia delle entrate preposta allâaccertamento e alla riscossione delle entrate tributarie della Nazioneâ.
Quindi, a conferma della pronuncia di appello, i giudici di legittimità hanno ritenuto che il danno morale, non patrimoniale, risulta risarcibile anche nei confronti dellâAgenzia delle entrate, per i reati tributari e finanziari.
segue: http://www.fiscooggi.it/giurisprudenza/articolo/risarcibile-anche-danno-morale-all-agenzia-costituita-parte-civile
Gabriella Petrone
pubblicato Lunedì 4 Settembre 2017
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