Credito spettante solo se lâutile è regolarmente indicato in Unico
Pubblicato il 03/10/17 03:06 [Doc.3752]
di Redazione IL CASO.it
Il principio della generale e illimitata emendabilità delle dichiarazioni fiscali incontra il limite invalicabile di quelle destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze
In tema di dichiarazioni integrative, il contribuente, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione. Tuttavia, il principio in questione non si riferisce alla facoltà di far valere crediti dâimposta per il cui riconoscimento siano previsti termini di decadenza.
Questo il principio affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza 21242 del 13 settembre 2017.
La vicenda processuale
In data 31 gennaio 2006, il contribuente presentava dichiarazione integrativa con la quale provvedeva a dichiarare gli utili che lo stesso aveva percepito nel corso del 2000 in qualità di socio, non inseriti nella dichiarazione modello Unico 2001.
La Commissione tributaria regionale dellâEmilia Romagna - nella controversia relativa allâimpugnazione dellâavviso di accertamento per il recupero a tassazione del credito dâimposta sugli utili percepiti, ai sensi dellâarticolo 14, Dpr 917/1986, vigente ratione temporis - rigettava lâappello dellâufficio, ritenendo illegittimo il diniego di efficacia della dichiarazione integrativa presentata in data 31 gennaio 2006.
La Commissione dâappello riteneva che, ai sensi dellâarticolo 2, comma 8, Dpr 322/1998, al contribuente è riconosciuta la possibilità di integrare le dichiarazioni dei redditi, per correggere errori od omissioni, sia a favore che a carico dello stesso, entro il termine del 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione originaria.
Ricorreva per cassazione lâufficio, affidando la censura del pronunciamento di secondo grado alla violazione o falsa applicazione dellâarticolo 2, commi 8 e 8-bis, Dpr 322/1998, anche in combinato disposto con lâarticolo 14, comma 5 del Tuir, in relazione allâarticolo 360, comma primo, numero 3, codice di procedura civile.
Dalla ricostruzione che veniva offerta dallâufficio, appariva evidente come la dichiarazione integrativa, presentata oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo dâimposta successivo, doveva considerarsi tardiva in quanto integrativa a favore presentata oltre i termini.
Infatti, ai sensi del comma 8-bis, del Dpr 322/1998, come modificato dallâarticolo 2 del Dpr 435/2001, vigente ante riforma, âLe dichiarazioni dei redditi (...) possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato lâindicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito dâimposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui allâart. 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo dâimposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo dâimposta successivoâ.
Dalle disposizioni succitate si evince come, una volta decorso il termine previsto dallâarticolo 2, comma 8-bis, Dpr 322/1998, non sia più possibile presentare dichiarazioni integrative con esito favorevole per il contribuente.
Lâufficio rilevava, peraltro, che anche il termine erroneamente ritenuto applicabile alla fattispecie (quarto anno successivo) doveva considerarsi nel caso di specie comunque spirato, atteso che questo scadeva il 31 dicembre 2005 mentre la dichiarazione integrativa veniva presentata solo in data 31 gennaio 2006.
La pronuncia della Corte suprema
In accoglimento dei motivi proposti dallâufficio, la Corte ha ritenuto come, nel caso di specie, anche a voler considerare la scadenza del più lungo termine del 31 dicembre del quarto anno successivo, la dichiarazione relativa allâanno dâimposta 2000, da presentarsi nellâanno 2001, era venuto a scadenza il 31 dicembre 2005.
A ogni modo, definita la controversia, la Corte precisava incidentalmente quanto segue.
A norma dellâarticolo 14, comma 5, Tuir (vigente ratione temporis), âla detrazione del credito di imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui gli utili sono stati percepiti e non spetta in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione degli utili nella dichiarazione presentataâ.
Benché alla luce del principio affermato dalle Sezioni unite n. 13378/2016 âil contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, e dallâistanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dellâamministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sullâobbligazione tributariaâ, nessun rilievo può assumere lo stesso nel caso di specie.
Il principio, infatti, si riferisce alla facoltà di resistere alla pretesa impositiva contestandone i fatti che ne sono posti a fondamento, non anche alla facoltà di far valere crediti dâimposta per il cui riconoscimento siano previsti termini di decadenza.
Al riguardo, già le Sezioni unite succitate avevano precisato che âil principio della generale e illimitata emendabilità della dichiarazione fiscale incontra il limite delle dichiarazioni destinate a rimanere irretrattabili per il sopravvenire di decadenze, come nellâipotesi prevista nel d.m. 22 luglio 1998, n. 275, il quale, allâart. 6, stabilisce che il credito di imposta è indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale il beneficio è concesso (Cass. 19868/2012)â.
Alla luce dei principi richiamati, la Corte, cassando senza rinvio, ha rigettato il ricorso di parte, non ritenendo necessario alcun ulteriore accertamento in fatto.
Stefano Pomes
pubblicato Giovedì 28 Settembre 2017
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