Valido l'accertamento "a tavolino" se l'impugnazione è pretestuosa
Pubblicato il 16/11/17 00:00 [Doc.3919]
di Redazione IL CASO.it
Solo se il contribuente espone in concreto le ragioni che avrebbe inteso far valere, il giudice tributario può provvedere allannullamento dellatto impositivo emesso
Nellaccertamento a tavolino concernente lIva, il giudice può disporre lannullamento dellavviso, per violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale, soltanto se il contribuente dimostra che limpugnazione non è pretestuosa.
A tal fine rilevano anche i documenti non prodotti in sede precontenziosa, laddove gli stessi non rientrino tra quelli specificamente richiesti dallufficio finanziario tramite questionario o invito, oppure qualora sia mancato lavvertimento (articolo 32 del Dpr 600/1973, richiamato in materia di Iva dallarticolo 51 del Dpr 633/1972).
È quanto ribadito dalla Suprema corte, con lordinanza n. 25044 del 23 ottobre 2017.
La vicenda processuale
Nei confronti del contribuente viene emesso un avviso di accertamento a tavolino per imposte dirette e Iva relativamente allanno di imposta 2006, notificato prima del decorso del termine di 60 giorni dal compimento dellultimo atto di verifica, richiesto dallo Statuto del contribuente (articolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000).
Limpugnazione del contribuente viene accolta sia dalla Ctp che dalla Ctr.
Lufficio impugna in Cassazione, lamentando il vizio di violazione di legge, laddove il giudice di merito ha ritenuto applicabile alla fattispecie in esame, relativa ad accertamento a tavolino, il disposto di cui allarticolo 12, comma 7, dello Statuto del contribuente.
La pronuncia della Cassazione
La Suprema corte, allineandosi al disposto delle sezioni unite (Cassazione 24813/2015), ritiene non applicabile agli accertamenti a tavolino, larticolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000, sussistendo un obbligo generale di contradditorio, la cui violazione comporti la nullità dellatto, unicamente riguardo ai tributi armonizzati e purché il contribuente enunci in concreto le ragioni che avrebbe inteso far valere al fine di valutare la natura non meramente pretestuosa dellopposizione.
Osservazioni
Nel caso in esame è illegittima la statuizione dei giudici di merito riguardo alle imposte dirette, mentre, in riferimento allIva, il giudice di merito dovrà accertare, in sede di rinvio, che il contribuente in fase contenziosa abbia addotto quegli elementi idonei, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, a evitare lemanazione dello stesso accertamento riferito al tributo armonizzato.
A tal fine, rilevano anche i documenti prodotti solo in fase contenziosa dal contribuente, laddove gli stessi non rientrino tra quelli specificamente richiesti dallufficio finanziario tramite questionario o invito, o nel caso in cui sia mancato lavvertimento in merito allinutilizzabilità di materiale probatorio non esibito in sede precontenziosa, di cui allarticolo 32 del Dpr n. 600/1973, richiamato in materia di Iva dallarticolo 51 del Dpr n. 633/1972.
Sullamministrazione finanziaria, grava lonere di provare di aver invitato il contribuente in modo specifico e puntuale alla relativa esibizione, avvertendolo circa le conseguenze della sua mancanza ottemperanza, essendo detto obbligo dinformativa espressione del principio di lealtà, che deve connotare, lazione dellamministrazione stessa.
Nellordinanza, pertanto, con riferimento alle imposte dirette è legittimo lavviso di accertamento a tavolino emesso prima del decorso del termine di 60 giorni dal compimento dellultimo atto di verifica, in assenza di un obbligo generale di contraddittorio. Con riferimento allIva (tributo armonizzato), invece spetterà al giudice di merito, in sede di rinvio, valutare la non pretestuosità dei motivi di impugnazione del contribuente.
Dora De Marco
pubblicato Lunedì 13 Novembre 2017
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