Utili extra: distribuzione tra i soci
Pubblicato il 20/12/17 08:05 [Doc.4043]
di Redazione IL CASO.it
Soltanto tre persone, tra laltro i due maggiori azionisti legati anche da vincolo familiare, che si suppone abbiano un rapporto di solidarietà e di reciproco controllo degli affari
È valida la presunzione di distribuzione degli utili extra-bilancio accertati in capo alla società di capitali con ristretta base azionaria, in quanto un tale assetto fa ritenere plausibile che tutti i soci siano consapevoli dellesistenza di ricavi in nero e che tutti abbiano partecipato alla loro distribuzione.
Questo il contenuto della sentenza n. 28542 della Corte di cassazione del 29 novembre 2017.
Il fatto
La controversia trae origine da una serie di avvisi di accertamento notificati a una società di capitali, attraverso cui lAgenzia delle entrate aveva rideterminato il reddito imponibile ai fini delle imposte dirette e dellIva a seguito dellavvenuta verifica delle movimentazioni dei conti correnti bancari effettuate dai soci dellimpresa verificata.
Avverso i suddetti atti la curatela fallimentare ha proposto ricorso, accolto in parte dalla Commissione tributaria provinciale, che annullava parzialmente gli atti impositivi riducendo i maggiori redditi accertati e le sanzioni irrogate.
LAgenzia delle entrate ha impugnato la decisione dei giudici di primo grado, lamentando lillegittimità dellabbattimento operato sui redditi accertati in base al calcolo forfettario dei costi connessi alla produzione e adducendo la erroneità dellesclusione delle ritenute non versate in qualità di sostituto dimposta sugli utili che lamministrazione finanziaria ha presunto essere stati corrisposti ai soci.
La Ctr ha confermato la sentenza dei giudici di prime cure, dichiarando che lAgenzia delle entrate avrebbe erroneamente operato riprendendo a tassazione come reddito della società anche le movimentazioni bancarie con causali a essa estranee.
I giudici dappello hanno anche contestato la legittimità della presunzione di distribuzione ai soci degli utili non contabilizzati perché tale circostanza non era avvalorata da alcuna prova e, di conseguenza, non si poteva contestare alla società lomesso versamento delle relative ritenute dacconto.
Lufficio finanziario ha impugnato la sentenza di secondo grado dinanzi alla Corte di cassazione, sia con riferimento allabbattimento forfettario dei redditi accertati da parte dei giudici di primo grado che alleliminazione del recupero a tassazione delle ritenute alla fonte non versate sugli utili presuntivamente distribuiti ai soci.
Con riferimento a questultimo rilievo lAgenzia ricorrente ha rilevato che i giudici dappello hanno disconosciuto la presunzione pur in assenza di idonee giustificazioni da parte della società circa la destinazione delle somme non contabilizzate.
I giudici di Cassazione hanno accolto il motivo principale di ricorso e hanno cassato la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Ctr.
La decisione
Il punto centrale della controversia in commento riguarda la legittimità della presunzione semplice secondo cui, nel caso di ristretta compagine sociale, i maggiori redditi imponibili definitivamente accertati in capo a una società di capitali si presumono attribuiti pro-quota ai suoi soci.
Trattasi di presunzione semplice ai sensi dellarticolo 2729 del codice civile, di fonte giurisprudenziale, che deroga ai principi generali di tassazione del reddito in capo alle società di capitali, secondo cui è il reddito è assoggettato a imposizione in via autonoma e definitiva in capo alla società, mentre è ulteriormente imponibile in capo ai soci il solo utile effettivamente suddiviso, che sconta una ritenuta alla fonte.
Nel caso di specie, lamministrazione finanziaria aveva contestato alla società, in qualità di sostituto dimposta, lomessa applicazione e lomesso versamento delle ritenute alla fonte sui maggiori utili accertati, presuntivamente assegnati ai soci.
Secondo i giudici di merito tale rilievo risultava illegittimo perché lufficio impositore non aveva fornito alcuna prova dellavvenuta distribuzione, non essendo sufficiente il solo rilievo della ristretta base azionaria.
Nel caso di specie tale compagine era costituita da tre soli soci, due dei quali (titolari della maggior parte delle quote) legati da uno stretto vincolo familiare.
A parere dei giudici di legittimità tale decisione è errata e deve essere annullata sul punto perché contraria allorientamento consolidato della Corte che ammette la validità, ai fini delle imposte dirette, della presunzione di attribuzione ai soci degli utili extracontabili nellipotesi di Sdc a ristretta base societaria.
Secondo tale orientamento, infatti, la presunzione in commento è pienamente legittima e non viola il divieto della cosiddetta doppia presunzione, anchesso di natura giurisprudenziale, per cui sono inammissibili le presunzioni di secondo grado. Ciò sulla base della constatazione che le presunzioni semplici, ai sensi dellarticolo 2727 cc, sono le conseguenze che un giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato, sicché gli elementi che costituiscono la premessa devono avere il carattere della certezza e della concretezza.
Partendo da tale assunto, la Corte suprema ha ribadito che, nel caso di presunzione di distribuzione tra i soci degli utili extracontabili di una società a ristretta base azionaria, il fatto noto non è costituito dalla sussistenza di maggiori redditi accertati induttivamente nei confronti della società che potrebbe essere a sua volta un fatto ignoto ossia non certo bensì dalla ristrettezza dellassetto societario.
La ristretta base societaria implica un rapporto di solidarietà e di reciproco controllo della gestione societaria da parte dei soci che fa ritenere plausibile in tutti la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza dellesistenza di utili extra-bilancio, alla cui distribuzione è plausibilmente ragionevole ritenere che tutti i soci abbiano, in assenza di validi elementi deponenti in senso contrario, partecipato in misura conforme al loro apporto sociale.
Sulla base di tale principio, disatteso dai giudici di merito, la Corte ha ritenuto, pur in assenza di elementi probatori in senso opposto, che la sentenza impugnata dallamministrazione finanziaria fosse da annullare sul punto.
Emiliano Marvulli
pubblicato Venerdì 15 Dicembre 2017
fonte: www.fiscooggi.it
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