Ritrattazione e false dichiarazioni legittimano un nuovo accertamento
Pubblicato il 13/01/18 00:00 [Doc.4120]
di Redazione IL CASO.it
Dalla documentazione extracontabile rinvenuta in seguito allaccesso nei locali della pizzeria di unassociazione sportiva, venivano scoperti elevati guadagni non dichiarati
Interrogati dai militari della Guardia di finanza, che avevano proceduto allaccesso, presidente e consigliere dellassociazione avevano reso dichiarazioni concordanti secondo le quali, lo stesso consigliere (per sua ammissione), era lunico responsabile della ristorazione e dei reati fiscali, con totale liberazione dellassociazione, salvo poi ritrattare tutto, fornendo tante e tali prove da riuscire a ottenere lannullamento dellavviso di accertamento.
Ma, perso il recupero di una annualità, lufficio procedeva con un ulteriore accertamento, per annualità successive, questa volta a carico dellassociazione, e non per aver cambiato idea, sottolinea la Commissione tributaria provinciale di Prato con la sentenza n. 199/03/2017, depositata il 15 dicembre 2017 bensì alla luce delle prove prodotte nel precedente contenzioso, e delle indagini finanziarie, che hanno svelato una realtà diversa da quella descritta ai militari.
La vicenda
In seguito allaccesso della Gdf, nel corso degli interrogatori, presidente e consigliere dellassociazione rilasciavano dichiarazioni concordanti, secondo cui tutta la responsabilità della gestione della pizzeria, e delle violazioni tributarie commesse, dovevano essere attribuite allanzidetto consigliere e alla sua famiglia, con totale liberazione dellassociazione. Addirittura, egli ammetteva pur senza essere sollecitato di essersi occupato personalmente, e in piena autonomia, di tutti gli aspetti della gestione, incassando i corrispettivi e provvedendo al saldo della merce, al pagamento del personale e a tutto il necessario alla pizzeria.
Lufficio tributario emetteva, quindi, accertamento a carico del consigliere, che però impugnava il provvedimento e colpo di scena ritrattava tutte le dichiarazioni precedentemente rilasciate, adducendo tanti e tali elementi probatori da indurre la Commissione tributaria provinciale ad annullare lavviso e al contempo ad attribuire la reale titolarità della pizzeria in capo allassociazione sportiva.
Al cospetto del copioso materiale istruttorio prodotto nel giudizio (da cui emergeva come le dichiarazioni rilasciate descrivessero una realtà contraria a ogni risultanza documentale e come fossero volte a sollevare lassociazione da ogni responsabilità tributaria), lufficio provvedeva a sottoporre il consigliere e tutti i suoi familiari a indagini finanziarie a tappeto, onde verificare se la massiccia mole di entrate prodotte dalla pizzeria fosse effettivamente diretta verso i suoi conti correnti bancari.
Il controllo dava esito negativo: le contabili trasmesse dagli istituti di credito non evidenziavano alcuna movimentazione riconducibile agli incassi della pizzeria, mentre emergevano numerosi pagamenti effettuati dallassociazione sportiva nei confronti del consigliere.
Svelato linganno, in cui era stata tratta dalle dichiarazioni rese alla Guardia di finanza, lAmministrazione, perduto il recupero per una annualità, procedeva allaccertamento per lannualità successiva, questa volta imputando i maggiori ricavi, scaturenti dallattività di pizzeria, a carico della associazione sportiva.
Di nuovo, lavviso di accertamento veniva impugnato, questa volta dallassociazione, che accusava lufficio di avere cambiato idea, attribuendo lattività di pizzeria, prima in capo alla famiglia del consigliere, poi contraddittoriamente (a suo dire) a carico dellassociazione.
La sentenza
La Ctp di Prato, con la sentenza 199/03/2017, questa volta ha invece confermato il recupero erariale: non siamo di fronte a un cambiamento di idea da parte dellufficio, bensì ad una serie di dichiarazioni, che alla luce delle prove prodotte, hanno fatto apparire una realtà diversa da quella descritta .
Lesito del giudizio instaurato dal consigliere e la cospicua mole di documenti esibiti in sede contenziosa, infatti, avevano indotto lufficio a un inevitabile momento di riflessione, da cui era emersa una collusione tra gli attori della vicenda, sapientemente volta ad accusare tutti, per poi scagionare ciascuno.
Quanto accaduto, come osservato dalla Ctp, era dunque imputabile non a un cambiamento di idea dellufficio bensì a un capillare congegno, mediante la precostituzione di una falsa rappresentazione della gestione della pizzeria, sulla base di autoaccuse, sì da prospettare ai verificatori una situazione diversa dalla realtà: insomma, un vero e proprio sodalizio inteso a far passare il consigliere come unico responsabile agli occhi degli organi accertatori, che poi ha esibito i documenti comprovanti la sua estraneità alla vicenda.
Ciò non è sfuggito alla Ctp di Prato, la quale preso atto delle ragioni per cui non si possono ritenere veritiere le dichiarazioni rilasciate alla Guardia di Finanza ha analiticamente riportato gli innumerevoli elementi di prova idonei a dimostrare che la responsabilità dellintera faccenda era da ricondursi in capo allassociazione sportiva, la quale, infatti (contrariamente a quanto dichiarato ai verificatori), provvedeva a retribuire il personale della pizzeria (corrispondendo periodicamente assegni anche in favore del consigliere) e a sostenere (peraltro mediante svariate associazioni collegate) i costi di acquisto delle materie prime.
Né è sfuggito alla Commissione che guarda caso a seguito dellavviso di accertamento, lassociazione sportiva ha formalmente riassunto la gestione della pizzeria.
Chiara Braccini
pubblicato Martedì 9 Gennaio 2018
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