Legittimo l'accertamento induttivo fondato su un'indagine di mercato
Pubblicato il 10/03/18 00:00 [Doc.4366]
di Redazione IL CASO.it
Per la ricostruzione dei redditi di un'autoscuola sono stati utilizzati i dati risultanti da statistiche realizzate da autorevoli quotidiani economici e riviste specializzate di settore
L'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale in modo da consentire al contribuente di esercitare il proprio diritto di difesa.
Con questo principio di diritto, la Cassazione, con ordinanza n. 4396 dello scorso 23 febbraio, ha confermato la legittimità di un avviso di accertamento induttivo che aveva riprodotto i principali elementi di un'indagine statistica utilizzata dall'Agenzia delle entrate per ricostruire il volume d'affari di un'autoscuola.
La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione
La Ctr della Campania, nel riformare la decisione di primo grado, aveva sostanzialmente confermato il modus operandi dell'Amministrazione finanziaria ritenendo che i dati statistici utilizzati, pur non allegati all'avviso di accertamento, fossero sufficientemente in esso riportati; inoltre, è stato considerato irrealistico lo studio di settore presentato dalla contribuente e il costo medio di una patente di guida indicato dalla stessa e che solo la realtà in cui operava la ditta ha determinato una riduzione dei maggiori ricavi accertati.
Col successivo ricorso per cassazione, la contribuente denunciava, tra l'altro, violazione dell'articolo 39, comma 1, lettera d), Dpr 600/1973, per avere la Ctr ritenuto legittima la mancata produzione in atti della ricerca di mercato utilizzata per l'accertamento.
Tale motivo è stato ritenuto inammissibile oltre che infondato.
Inammissibile, in quanto la Ctr, dopo aver constatato che l'ufficio aveva in realtà riprodotto in atto il contenuto essenziale della ricerca di mercato consentendo alla contribuente di contestarla, aveva basato la propria decisione sulla legittimità dell'accertamento anche su altri elementi come l'esame complessivo delle patenti rilasciate, i dati forniti dal ministero dei Trasporti, il prezzo medio praticato, eccetera. La contribuente non avrebbe, quindi, compreso a pieno la ratio decidendi, con conseguente inammissibilità del motivo per mancanza di pertinenza.
L'infondatezza deriva invece dal fatto che i giudici di appello avevano semplicemente dato seguito agli ultimi approdi in tema di motivazione per relationem (cfr Cassazione, 9323/2017) che considerano legittimo l'atto impositivo che richiami il contenuto essenziale di altri atti, ovvero, come nel caso di specie, le indagini di mercato svolte da autorevoli quotidiani economici o riviste di settore.
La Cassazione ha, quindi, dato seguito a un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui nel regime introdotto dall'articolo 7 della legge 212/2000, l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l'insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell'atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato e la cui indicazione consente al contribuente - e al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale - di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento.
Ulteriori osservazioni
Il terzo comma, dell'articolo 3 della legge 241/1990, ha istituzionalizzato la motivazione per relationem statuendo che: "Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile anche l'atto cui essa si richiama".
Detto principio generale ha trovato accoglimento nel regime introdotto dall'articolo 7, comma 1, della legge 212/2000, in base al quale " Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama".
La norma in esame, quindi, ha espressamente esteso anche agli atti emessi dall'Amministrazione finanziaria la possibilità di essere motivati per relationem.
Il Dlgs 32/2001 - dettato al fine di garantire la coerenza delle leggi tributarie vigenti con i principi contenuti nello Statuto - ha inserito, con riferimento alle singole leggi di imposta, una serie di modifiche e integrazioni.
In particolare, tale atto normativo ribadisce la necessità dell'allegazione dell'atto richiamato in motivazione non conosciuto né ricevuto dal contribuente, facendo salva la possibilità di soddisfare il requisito motivazionale attraverso la riproduzione del contenuto essenziale dell'atto di rinvio.
Alla luce di detti interventi normativi, l'Amministrazione finanziaria con la circolare 77/2001, ha evidenziato che, qualora i processi verbali di constatazione o gli altri atti procedimentali richiamati nella motivazione siano stati preventivamente notificati o comunicati al contribuente, gli uffici non hanno l'obbligo di allegare gli stessi all'avviso di accertamento.
L'orientamento espresso dalla prassi amministrativa ha ottenuto conferma anche dalla giurisprudenza di legittimità.
Invero, la legittimità degli atti di natura tributaria motivati con riferimento ad altri atti è stata riconosciuta da un conforme e consolidato indirizzo giurisprudenziale, sia in relazione a ipotesi anteriori all'entrata in vigore dello Statuto sia in relazione a questioni sorte successivamente (cfr, ex multis, Cassazione, 18548/2010, 12837/2010, 28058/2009 e 18073/2008).
La giurisprudenza successiva ha dato un'interpretazione non formalistica: il rigore della norma, infatti, deve essere contemperato con quella che è la sua finalità, vale a dire la tutela del diritto al contraddittorio e del diritto di difesa del contribuente.
In particolare, la Corte suprema ha affermato che "in tema di motivazione 'per relationem' degli atti di imposizione tributaria, l'art. 7, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel prevedere che debba essere allegato all'atto dell'amministrazione finanziaria ogni documento richiamato nella motivazione di esso, non intende certo riferirsi ad atti di cui il contribuente abbia già integrale e legale conoscenza per effetto di precedente notificazione" (cfr Cassazione, 18073 e 21348 del 2008).
La ratio della decisione (come di quelle successive sullo stesso tema) è espressamente individuata dai giudici di legittimità nell'esigenza di prescindere da "un'interpretazione puramente formalistica" che "si porrebbe in contrasto con il criterio ermeneutico che impone di dare alle norme procedurali una lettura che, nell'interesse generale, faccia bensì salva la funzione di garanzia loro propria, limitando al massimo le cause di invalidità o d'inammissibilità chiaramente irragionevoli".
Anche la possibilità di soddisfare il requisito motivazionale attraverso la riproduzione del contenuto essenziale dell'atto richiamato e non conosciuto del contribuente, in alternativa all'allegazione dello stesso, ha ricevuto molteplici conferme dalla giurisprudenza di legittimità (cfr, ex multis, Cassazione, 28058/2009, 13482/2008, 21348/2008 e 1906/2008).
Più specificamente, secondo l'indirizzo giurisprudenziale della Corte suprema, "Nel regime introdotto dalla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l'obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche per relationem, ovverosia mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all'atto notificato ovvero che lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, per tale dovendosi intendere l'insieme di quelle parti dell'atto o del documento che risultino necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, e la cui indicazione consente al contribuente - ed al giudice in sede di eventuale sindacato giurisdizionale - di individuare i luoghi specifici dell'atto richiamato nei quali risiedono quelle parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento" (cfr Cassazione, 28058/2009, 1906/2008 e, da ultimo, 9323/2017).
Francesco Brandi
pubblicato Giovedì 8 Marzo 2018
fonte: www.fiscooggi.it
© Riproduzione Riservata