La proroga per la dichiarazione non è scriminante per l'omissione
Pubblicato il 12/09/18 00:00 [Doc.5119]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate
I novanta giorni di dilazione non rappresentano una causa di non punibilità, ma un termine ulteriore per adempiere all'obbligo e per individuare il momento consumativo del reato
Va condannato per il delitto di omessa dichiarazione l'amministratore di una società che non abbia presentato la dichiarazione dei redditi nel termine ordinario previsto dalla legge, anche se è stato successivamente sostituito da un nuovo amministratore, che avrebbe ancora potuto presentare detta dichiarazione nei novanta giorni di proroga anch'essi previsti dalla legge a favore del contribuente.
A chiarirlo è la Corte di cassazione con la sentenza n. 39049 del 28 agosto 2018.
Il procedimento penale
Nell'ambito di un procedimento penale per il delitto di omessa dichiarazione ex articolo 5, Dlgs 74/2000, veniva condannato, sia in primo che in secondo grado, l'amministratore pro tempore di una società a responsabilità limitata, in quanto, al fine di evadere le imposte dirette e l'Iva, non aveva presentato, pur essendovi obbligato, la relativa dichiarazione annuale per il periodo di imposta 2008.
In particolare, l'amministratore aveva cessato la carica il 16 dicembre 2009, ovvero dopo la scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione dei redditi (30 settembre), ma comunque prima della scadenza della proroga di novanta giorni (29 dicembre 2009) prevista al comma 2 del citato articolo 5 del Dlgs 74/2000.
Neanche il nuovo amministratore, che aveva operato nel restante periodo di proroga, aveva poi provveduto a presentare la dichiarazione.
Avverso la decisione di secondo grado, l'imputato presentava ricorso per cassazione al fine di far valere, in particolare, la "erronea applicazione dell'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 74 del 2000. Secondo la prospettazione difensiva, non avrebbe potuto presentare la dichiarazione entro il termine di legge, essendo cessata dalla carica di amministratore della Centro Servizi Società Cooperativa srl in data 16 dicembre 2009".
Secondo il ricorrente, infatti, la sua condotta si sarebbe dovuta ritenere penalmente irrilevante, in quanto il nuovo amministratore avrebbe comunque potuto presentare la dichiarazione dei redditi nel periodo di proroga.
La normativa di riferimento
L'articolo 5 del Dlgs 74/2000 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o l'Iva, non presenta, pur essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l'evasione è superiore, con riferimento a ognuna delle singole imposte, a 50mila euro.
Per effetto delle modifiche introdotte dal Dlgs 158/2015, il delitto di omessa dichiarazione, infatti, ha visto aumentare il trattamento sanzionatorio, che è passato dalla reclusione da uno a tre anni alla reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni. Mentre la soglia di punibilità è stata innalzata da 30mila a 50mila euro.
Inoltre, al comma 2, l'articolo 5 stabilisce che "Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine ".
La decisione della Cassazione
La Cassazione, nel dichiarare il suddetto motivo di ricorso manifestamente infondato, ha chiarito che, nel caso di specie - a differenza di quanto ritenuto dal ricorrente - il termine entro cui si sarebbe dovuta presentare la dichiarazione dei redditi per il 2008, come esattamente ritenuto dai giudici di merito, era scaduto il 30 settembre 2009, quando l'imputato ancora rivestiva la qualifica di amministratore pro tempore.
A tal riguardo, la Cassazione ha richiamato un consolidato orientamento di legittimità, secondo il quale "il termine dilatorio di novanta giorni, concesso al contribuente - ai sensi dell'art. 5, comma 2, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 - per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario, non si configura quale elemento di una causa di non punibilità, ma costituisce un termine ulteriore per adempiere all'obbligo dichiarativo, e per individuare il momento consumativo del reato di omessa dichiarazione previsto al comma primo del citato art. 5".
Ciò significa che tale termine "è privo di valenza scriminante nei confronti di chi, alla scadenza del termine ordinario, era tenuto a presentare la dichiarazione, eventualmente anche in concorso con il nuovo obbligato nei novanta giorni di proroga (Sez. 3, n. 19196 del 24/02/2017 - dep. 21/04/2017, Pollastrelli, Rv. 269635: fattispecie nella quale la S.C. ha ritenuto corretta la condanna del rappresentante di una società, dimessosi appena dopo la scadenza del termine ordinario; Sez. 3, n. 43695 del 10/11/2011 - dep. 25/11/2011, Bacio Terracina Coscia, Rv. 25132)".
Osservazioni
Con la sentenza in commento la Cassazione ha ribadito che il termine dilatorio di novanta giorni previsto dall'articolo 5, comma 2, del Dlgs 74/2000, non può essere considerato una causa di giustificazione del delitto di omessa dichiarazione né una causa di non punibilità, per cui va confermata la condanna dell'amministratore pro tempore che si sia fatto scadere il termine ordinario per la presentazione della dichiarazione.
Più precisamente, con la sentenza 19196/2017 richiamata dalla pronuncia in esame, la Cassazione ha chiarito che "Il termine del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2, deve ritenersi operativo solo se la dichiarazione sia effettivamente presentata in ritardo di 90 giorni Se la dichiarazione non è presentata anche dopo 90 giorni la stessa è quindi omessa. Infatti 'Il termine dilatorio di giorni novanta, concesso al contribuente per presentare la dichiarazione dei redditi successivamente alla scadenza del termine ordinario (art. 5, comma secondo, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74), non si configura quale elemento di una causa di non punibilità, ma costituisce un termine ulteriore per adempiere all'obbligo dichiarativo' (Sez. 3, n. 43695 del 10/11/2011 - dep. 25/11/2011, Bacio Terracina Coscia, Rv. 25132801)" (cfr anche Cassazione, 43695/2011).
L'eventuale proroga, proprio perché rileva ai fini dell'individuazione del momento consumativo del reato, incide invece sulla decorrenza dei termini prescrizionali. Infatti, come chiarito dalla Cassazione 38648/2017, "poiché la dichiarazione non si considera omessa se presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 5, comma 2, e D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 7), la prescrizione decorre dal novantunesimo giorno successivo alla detta scadenza (Sez. 3, n. 48578 del 19/07/2016, Pasquali, Rv. 268189; Sez. 4, n. 24691 del 03/03/2016, Villabuona, Rv. 267229; Sez. 3, n. 17120 del 20/01/2015, Nicosi, Rv. 263251)" (cfr anche Cassazione, 12160/2017 e 48578/2016).
Michela Grisini
pubblicato Lunedì 10 Settembre 2018
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