La responsabilità penale raddoppia gli ordinari termini di accertamento
Pubblicato il 09/11/18 01:59 [Doc.5435]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate
Nel caso in cui dai controlli emerga una violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 cpp, diventano dieci gli anni a disposizione per concludere la verifica
Il contribuente che non esibisce alla Guardia di finanza le scritture contabili obbligatorie, con l'intento di celare le sue illecite condotte fiscali, incorre nel reato di occultamento o distruzione di documenti contabili (articolo 10, Dlgs 74/2000), anche se il controllo è avvenuto oltre il termine fissato dagli articoli 43, Dpr 600/1973, e 57, Dpr 633/1972, e anche se è stato possibile ricostruire il risultato economico dell'impresa attraverso documenti reperiti presso terzi.
È quanto affermato dalla Corte suprema, con la sentenza n. 48269 del 23 ottobre 2018.
La vicenda processuale
La Corte di appello conferma la condanna di primo grado nei confronti dell'imputato per il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili di cui all'articolo 10 del Dlgs 74/2000.
Propone ricorso in cassazione l'imputato, il quale lamenta sia l'insussistenza dell'elemento soggettivo che di quello oggettivo.
In particolare, per la difesa, il reato contestato va escluso nel caso in cui sia possibile, come nella specie, ricostruire con altri documenti il risultato economico dell'impresa.
Altresì, la difesa asserisce che, ai fini fiscali, i documenti rilevanti ai fini della configurazione della fattispecie delittuosa in esame vanno conservati per il termine ordinario di accertamento ovvero i quattro anni successivi alla presentazione della dichiarazione dei redditi e dell'Iva di riferimento, per cui gli operanti, in occasione del controllo avvenuto nel 2013, non avrebbero potuto richiedere i documenti fiscali riferiti alle annualità 2006-2007.
La pronuncia della Cassazione
La Corte suprema, nel considerare infondate le eccezioni sollevate dalla difesa del contribuente e aderendo a precedenti giurisprudenziali di legittimità, ritiene configurabile, nell'ipotesi all'esame, il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili.
Osservazioni
Ai sensi dell'articolo 10 del Dlgs 74/2000, risponde del reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari.
Alla Cassazione il compito di vagliare la legittimità della responsabilità penale ascritta dai giudici di merito al contribuente che, nel corso di una verifica fiscale effettuata nel 2013, con riferimento alle annualità 2006 e 2007, non solo non forniva i richiesti chiarimenti, ma altresì non forniva le scritture contabili, evidentemente occultate proprio al fine di celare le sue illecite condotte fiscali.
Al tal fine, per i giudici, non rileva il richiamo difensivo alla presunta illegittimità dell'accertamento fiscale, in quanto notificato oltre il termine ordinario di decadenza fissato dall'articolo 43 del Dpr 600/1973, essendo nota l'autonomia tra procedimento penale e procedimento tributario, autonomia confermata, invero, dalla previsione dell'articolo 43 del Dpr 600/1973, secondo cui, in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 cpp per uno dei reati previsti dal Dlgs 74/2000, i termini per la notifica degli accertamenti sono raddoppiati.
Così come va esclusa la circostanza che l'imputato, all'epoca dell'accertamento, fosse esonerato dal dovere di esibire le scritture contabili ai verificatori.
Con riferimento alla condotta oggettiva di occultamento o distruzione, il rimando è alle scritture contabili, obbligatorie per legge.
La ratio, infatti, della norma incriminatrice è quella di garantire l'esatto adempimento delle obbligazioni tributarie, per cui i documenti e le scritture contabili in oggetto non possono che essere quelle aventi rilievo sotto il profilo fiscale. Pertanto, al fine di individuare quali siano i documenti contabili obbligatori, il rimando è all'articolo 22 del Dpr 600/1973, che richiama le disposizioni del codice civile ovvero il libro giornale, il libro degli inventari, oltre alle altre scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa.
Altresì, la norma richiamata specifica, al comma 2, che le scritture contabili obbligatorie per legge devono essere conservate fino a quando non siano definiti gli accertamenti relativi al corrispondente periodo d'imposta anche oltre il termine stabilito dall'articolo 2220 cc, ovvero di dieci anni.
Ciò premesso, nella specie, nel 2013, momento del controllo da cui è scaturito il procedimento penale in esame, l'imputato era tenuto ancora a conservare le scritture contabili relative agli anni d'imposta 2006 e 2007 oggetto di accertamento, dovendosi ritenere, stante anche l'assenza di allegazioni di segno contrario, volte a smentire la premessa fattuale dell'assunto accusatorio, che nel caso di specie si sia in presenza non di una omessa tenuta delle scritture contabili (di per sé non penalmente rilevante), ma di un vero e proprio occultamento delle stesse, del resto funzionale alla "esigenza" dell'imputato di nascondere le sue condotte elusive dagli obblighi fiscali.
Né è tale da escludere la responsabilità penale, la circostanza che comunque sia stata ricostruita dagli operanti l'entità delle evasioni fiscali riconducibili all'imputato.
L'orientamento di legittimità al quale si aderisce, sul punto, afferma che il delitto di distruzione od occultamento di scritture contabili o documenti obbligatori non richiede, per la sua integrazione, che si verifichi in concreto una impossibilità assoluta di ricostruire il volume d'affari o dei redditi, essendo sufficiente anche una impossibilità relativa, non esclusa quando a tale ricostruzione si possa pervenire "aliunde", potendosi cioè ritenere il reato integrato anche quando è necessario procedere all'acquisizione dei documenti mancanti presso terzi.
Rebus sic stantibus, la Corte suprema ha confermato la responsabilità penale del contribuente per il reato previsto dall'articolo 10 del Dlgs 74/2000.
Dora De Marco
pubblicato Giovedì 8 Novembre 2018
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