I "carnet Tir" costituiscono documento ufficiale al pari della dichiarazione doganale
Pubblicato il 09/11/18 08:02 [Doc.5436]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate
I "carnet Tir", prodotti da una società di servizi di trasporto su strada, debitamente vistati dalle autorità doganali del paese di destinazione, costituiscono un documento ufficiale al pari della dichiarazione doganale. Sbaglia l'Amministrazione rumena a non considerarli tali ai fini dell'esenzione Iva (Corte di giustizia Ue, causa C?495/17)
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sul rifiuto da parte dell'Amministrazione finanziaria rumena al riconoscimento dell'esenzione Iva sulla prestazione di servizi, compreso il trasporto, direttamente connessi all'esportazione di merci al di fuori del territorio dell'Unione europea.
Il procedimento principale e le questioni pregiudiziali
La controversia vede protagonista un intermediario di servizi di trasporto su strada con sede in Romania. La società è stata sottoposta a una verifica fiscale da parte dell'Amministrazione finanziaria rumena, le cui risultanze sono state riportate in un avviso di accertamento per il recupero dell'Iva relativa a servizi di trasporto su strada riguardanti esportazioni di merci verso un Paese extra-europeo. A parere dell'ente accertatore, la società verificata avrebbe potuto godere dell'esenzione Iva prevista per i servizi di trasporto in questione solo se, all'atto della verifica, avesse prodotto le dichiarazioni doganali di esportazione attestanti che le merci in questione erano state effettivamente esportate.
La società ha proposto ricorso avverso l'avviso di accertamento, deducendo di aver prodotto all'organo verificatore i documenti attestanti l'effettività dei servizi contestati, consistenti in "carnet Tir" e "lettere di vettura Cmr", documenti attestanti la stipula di un contratto di trasporto di merci su strada in base alla Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada firmata a Ginevra il 19 maggio 1956. Secondo la società tali documenti, vidimati dai funzionari doganali dei paesi nei quali la stessa aveva esportato le merci considerate, erano idonei a legittimare l'esenzione dall'Iva.
Di contro, l'Amministrazione finanziaria ha ritenuto che i servizi in argomento non possano godere dell'esenzione da Iva in assenza della dichiarazione doganale di esportazione.
Il giudice nazionale, osservando che la normativa "di casa" non specifica espressamente quale tipo di documento fornisca la prova dell'esportazione delle merci trasportate, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte di giustizia Ue due questioni pregiudiziali.
La prima è se, ai fini del riconoscimento dell'esenzione Iva per le operazioni di trasporto e i servizi connessi all'esportazione di merci, il "carnet Tir" costituisce un documento comprovante l'esportazione delle merci.
La seconda questione riguarda la corretta interpretazione del combinato disposto di cui agli articoli 146 e 153 della direttiva Iva, che impongono agli Stati membri di esentare dall'Iva i servizi e le intermediazioni forniti, tra cui trasporto e operazioni accessorie, quando sono direttamente collegate all'esportazione di merci al di fuori dell'Unione europea.
Il giudice nazionale ha chiesto se le disposizioni devono essere interpretato nel senso che "osta a una norma nazionale fiscale che impone ai contribuenti di provare l'esportazione di merci trasportate esclusivamente attraverso la dichiarazione di esportazione doganale e rifiuto del diritto a detrazione dell'Iva per i servizi di trasporto di merci esportate in assenza di tale dichiarazione, nonostante l'esistenza del carnet Tir doganale del paese di destinazione di quei beni".
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla base delle questioni pregiudiziali, il giudice nazionale ha inteso accertare se le disposizioni nazionali di uno Stato membro, che prevedono il riconoscimento dell'esenzione Iva sui servizi di trasporto direttamente collegati alle esportazioni di beni e ai servizi resi dagli intermediari coinvolti in tali servizi solo a fronte della produzione di una dichiarazione doganale di esportazione, sia contraria alle disposizioni contenute nella direttiva Iva.
In linea generale, la ratio dell'articolo 146, che esenta dall'Iva la fornitura di servizi, compresi i trasporti e le operazioni accessorie, se direttamente connessi all'esportazione di merci, è quella di garantire la tassazione dei servizi in questione nel luogo di destinazione.
Gli eurogiudici hanno stabilito, in primo luogo, che l'esenzione prevista per i servizi accessori implica l'esistenza di un "collegamento diretto" con l'operazione di esportazione, sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo. In altre parole, tali servizi non solo devono aver contribuito al completamento effettivo di un'operazione di esportazione, ma devono essere stati forniti direttamente, a seconda dei casi, all'esportatore o al destinatario delle merci.
Chiarito tale principio resta da appurare se le autorità fiscali nazionali possano disconoscere il beneficio dell'esenzione Iva nell'ipotesi in cui il vettore (o l'intermediario) non è in grado di produrre, mediante mezzi specifici ed esclusivi, una dichiarazione doganale attestante il trasporto delle merci fuori dal territorio dell'Unione.
Sul punto, la Corte di giustizia ha ribadito la competenza dei singoli Stati membri di fissare le condizioni in base a cui esentare le operazioni di esportazione, nell'ottica di prevenire ogni possibile fenomeno fraudolento, evasivo o abusivo. Al contempo, l'esercizio delle competenze da parte degli Stati membri deve rispettare i principi di certezza del diritto e di proporzionalità delle misure adottate.
In particolare, sulla base del principio di proporzionalità, le disposizioni nazionali non possono andare oltre quanto strettamente necessario per garantire la corretta riscossione dell'imposta, condizionando il diritto all'esenzione all'adempimento di meri obblighi formali senza tener conto delle condizioni sostanziali che, se soddisfatte, devono consentire l'esenzione da Iva "pur se taluni requisiti formali sono stati omessi dai soggetti passivi".
Nel caso concreto, l'esenzione Iva prevista per i servizi connessi è direttamente collegata a una operazione di esportazione di beni e può ben considerarsi, da un punto di vista sostanziale, una "esenzione all'esportazione".
In questo senso, affinché un servizio di trasporto, fornito da un intermediario che agisce per conto e a favore di un altro soggetto, sia esentato dall'Iva, è necessario che le merci siano state effettivamente oggetto di tale esportazione, vale a dire consegnate al di fuori dell'Unione.
L'effettiva consegna in territorio extra Ue deve poter essere verificato dalle autorità fiscali competenti secondo un approccio sostanziale e non meramente formale.
Da ciò consegue, pertanto, che l'autorità fiscale nazionale non può subordinare in termini imperativi l'esenzione alla condizione che il vettore (o l'intermediario) interessato produca, ai fini della verifica dell'effettività dell'esportazione, una dichiarazione doganale di esportazione, escludendo di fatto qualsiasi altra prova alternativa idonea a consentire la verifica da parte dell'autorità fiscale competente.
Peraltro, osservano gli eurogiudici, lo stesso vettore o l'intermediario potrebbero non aver accesso a tale dichiarazione, che non rientra tra le incombenze a loro carico, in quanto essi si assumono semplicemente la responsabilità del trasporto delle merci dallo Stato membro di partenza alla destinazione nel Paese terzo.
Spetta all'autorità fiscale nazionale eseguire i controlli per l'accertamento delle condizioni sostanziali previste per poter fruire dell'esenzione di cui si parla, esaminando tutte le informazioni a propria disposizione al fine di dedurre, con un grado di probabilità sufficientemente elevato, l'effettivo trasporto delle merci. D'altra parte, le medesime autorità non possono ricavare che il trasporto non si è verificato per il solo fatto che il vettore o l'intermediario non sono in grado di produrre una dichiarazione di esportazione relativa a tali prodotti.
Da tutto quanto sopra deriva che i "carnet Tir" prodotti dalla società, debitamente vistati dalle autorità doganali del paese terzo di destinazione, costituiscono un documento ufficiale al pari della dichiarazione doganale, in quanto consentono, in mancanza di dubbi circa la loro affidabilità, di provare che le merci in questione hanno attraversato le frontiere esterne dell'Unione e hanno raggiunto il paese terzo di destinazione.
La decisione della Corte
Per tutti i summenzionati motivi, la Corte di giustizia europea ha dichiarato il seguente principio di diritto:
"L'articolo 146, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/12/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, da un lato, e l'articolo 153 di tale direttiva deve essere interpretato nel senso che essi ostano a norme nazionali che richiedono la produzione di documenti specifici per provare che le merci trasportate da un soggetto passivo, che presta servizi di trasporto su strada verso una destinazione al di fuori del territorio dell'Unione europea, siano state in effetti esportate.
Spetta alle autorità nazionali competenti, ai fini della concessione di tali esenzioni, esaminare e valutare le prove con riferimento ad ogni singolo caso specifico. Tali prove possono includere anche i "carnet TIR", vidimati dalla dogana del paese terzo di destinazione, a meno che le autorità nazionali competenti non abbiano motivi per dubitare dell'autenticità o dell'affidabilità di tali documenti".
Data della sentenza
8 novembre 2018
Numero della causa
C?495/17
Nome delle parti
Cartrans Spedition SRL
contro
Direc?ia General? Regional? a Finan?elor Publice Ploie?ti - Administra?ia Jude?ean? a Finan?elor Publice Prahova,
Direc?ia Regional? a Finan?elor Publice Bucure?ti - Administra?ia Fiscal? pentru Contribuabili Mijlocii
Emiliano Marvulli
pubblicato Giovedì 8 Novembre 2018
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