Per la rinuncia all'usufrutto, imposte ipocatastali proporzionali
Pubblicato il 06/02/19 07:27 [Doc.5882]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate
Anche in mancanza di un accordo negoziale, l'estinzione del diritto reale rappresenta, ai fini fiscali, un trasferimento, in quanto determina un arricchimento nella sfera giuridica altrui
L'atto mediante il quale un soggetto rinuncia, senza corrispettivo, all'usufrutto vantato su un bene immobile, rientra nell'ambito di applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni e sconta le imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione con l'ordinanza n. 2252 del 28 gennaio 2019.
Il caso esaminato dalla Corte suprema ha riguardato un atto pubblico mediante il quale una contribuente, titolare della quota del 50% del diritto di usufrutto su un bene immobile, aveva rinunciato, per spirito di liberalità, al proprio diritto reale.
In sede di registrazione dell'atto, il notaio aveva applicato le imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna.
Non era stata versata l'imposta sulle successioni e donazioni, in quanto il nudo proprietario, a vantaggio del quale andava la rinuncia, era il figlio della rinunciante e il valore dell'usufrutto (20mila euro) era inferiore rispetto alla franchigia prevista con riferimento alle donazioni e agli atti a titolo gratuito che intervengono tra parenti in linea retta.
In sede di controllo della tassazione, l'ufficio dell'Agenzia delle entrate aveva applicato le imposte ipotecaria e catastale con le rispettive aliquote del 2% e dell'1% previste dall'articolo 10 del Dlgs 347/1990 (catastale) e dall'articolo 1 della tariffa allegata al medesimo Dlgs (ipotecaria).
Di conseguenza, era stato emesso un avviso di liquidazione notificato al notaio che aveva registrato il relativo atto.
La tesi del notaio, secondo il quale non si era in presenza di un atto traslativo o costitutivo di diritti reali, era stata accolta sia dalla Ctp sia dalla Ctr.
Entrambe le decisioni delle Commissioni tributarie hanno ritenuto che la rinuncia a un diritto di usufrutto determina soltanto l'estinzione di tale diritto e non un trasferimento a favore del nudo proprietario. Si sarebbe in presenza, pertanto, di un mero atto abdicativo che, solo in via indiretta, produce la ri-espansione del diritto del nudo proprietario.
In merito alla fattispecie in esame, è opportuno precisare che il diritto di usufrutto, come la maggior parte dei diritti reali, è un diritto disponibile. Pertanto, il titolare dell'usufrutto può trasferire tale diritto ad altri soggetti oppure può rinunciare al diritto stesso.
Relativamente alla rinuncia, sotto l'aspetto civilistico, si distingue tra:
rinuncia traslativa: in questo caso il rinunciante intende trasferire, ad altro soggetto, il diritto reale di cui è titolare. La rinuncia traslativa può avvenire a titolo gratuito oppure a titolo oneroso e produce un effetto molto simile a quello derivante da un'alienazione diretta del diritto reale. Si tratta di un negozio bilaterale
rinuncia abdicativa: mediante la rinuncia abdicativa, lo scopo del rinunciante è, principalmente, quello di privarsi del diritto di cui è titolare, eliminando tale diritto dal suo patrimonio. L'effetto che dalla rinuncia deriva nei confronti di un altro titolare di diritti reale sullo stesso bene non è preso in considerazione dal rinunciante, si produce solo indirettamente. Si tratta di un negozio unilaterale, che produce effetti prescindendo dall'accettazione da parte di altri soggetti.
Il legislatore fiscale ha dettato una disciplina unitaria per la rinuncia, senza distinguere tra rinuncia traslativa e rinuncia abdicativa.
Ai fini delle imposte indirette, gli atti aventi a oggetto la rinuncia a diritti reali sono contemplati:
ai fini dell'imposta di registro, dall'articolo 1 della tariffa parte prima allegata al Dpr 131/1986. Questa disposizione prevede che le aliquote relative agli atti traslativi o costitutivi a titolo oneroso di diritti reali immobiliari si applicano anche alla rinuncia pura e semplice agli stessi diritti
ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni, dall'articolo 1 del Dlgs 346/1990. Il secondo comma di questa disposizione prevede che, ai fini dell'applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni, la rinuncia a diritti reali è considerata un trasferimento.
Alla luce della normativa sopra richiamata, l'atto di rinuncia ricadrà nell'ambito di applicazione:
dell'imposta di registro, se si tratta di un negozio a titolo oneroso
dell'imposta sulle successioni e donazioni, se si tratta di rinuncia a titolo gratuito.
Con l'ordinanza in commento, la Corte di cassazione, a seguito del ricorso presentato dall'Amministrazione finanziaria, ha ritenuto legittima l'applicazione delle imposte ipotecaria e catastale in misura proporzionale.
Si è evidenziato che la rinuncia a diritti reali immobiliari deve essere considerata un trasferimento, in quanto da essa deriva un arricchimento nella sfera giuridica altrui e, pertanto, sono dovute anche le imposte ipotecaria e catastale nella misura ordinaria. Nella motivazione, richiamando alcuni precedenti della stessa Cassazione, si è affermato che non vi sarebbe alcun motivo logico per tassare la cessione di usufrutto eseguita ai sensi dell'articolo 980 cc e non la rinuncia negoziale al diritto stesso, che determina al nudo proprietario un arricchimento identico a quello conseguito da chi riceve l'usufrutto.
La tesi sostenuta con l'ordinanza 2252/2019 è conforme all'orientamento espresso dall'amministrazione finanziaria con la risoluzione 25/2007 e la circolare 28/2008. Entrambi questi documenti di prassi sono stati richiamati nella motivazione dell'ordinanza in esame.
In particolare, con la risoluzione 25/2007 si è evidenziato che l'atto di rinuncia a diritti reali produce un vantaggio in capo a un soggetto specifico e che tra l'atto di rinuncia e l'arricchimento del beneficiario sussiste un nesso di causalità. Anche in mancanza di un accordo negoziale, dalla rinuncia deriva comunque la ricostituzione della piena proprietà dell'immobile gravato dal diritto di usufrutto, con conseguente arricchimento del patrimonio del nudo proprietario.
Per effetto di queste considerazioni, l'Agenzia delle entrate ha ritenuto applicabili agli atti di rinuncia a diritti reali immobiliari le imposte ipotecaria e catastale in misura ordinaria.
Questa tesi, come si è detto, è stata accolta dalla Corte di cassazione.
Marcello Cardone
pubblicato Martedì 5 Febbraio 2019
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