Impugnazione del piano di riparto e violazione del contraddittorio
Pubblicato il 02/10/19 19:23 [Doc.6654]
di Redazione IL CASO.it


Il decreto del tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell'attivo fino a quel momento disponibile e, dall'altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dalla L. Fall., art. 113, si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost.

In tema di riparto fallimentare, ai sensi della L. Fall., art. 110 (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo L. Fall., ex art. 36 avverso il progetto - predisposto dal curatore - di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello L. Fall., ex art. 26 contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale.

E' applicabile anche nell'ambito dei procedimenti in camera di consiglio, ed in quelli di impugnazione del piano di riparto dell'attivo il principio per cui, quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata nè dal giudice di primo grado, che non abbia disposto l'integrazione del contraddittorio, nè da quello di appello, che non abbia provveduto a rimettere la causa al primo giudice, resta viziato, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., comma 1, l'intero processo e s'impone, in sede di giudizio di cassazione, l'annullamento, anche d'ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell'art. 383 c.p.c., comma 3.

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Cass. civ. Sez. Unite, Sent. 26 settembre 2019, n. 24068. Pres. Di Cerbo. Rel. Genovese.
Svolgimento del processo
1.- Il Commissario straordinario della Snia s.p.a., in amministrazione straordinaria (d'ora in avanti, anche solo Snia o A.S.), depositò, in data 18 novembre 2014, un piano di riparto parziale tra i creditori ammessi al concorso avverso il quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nonchè il Ministero dell'Economia e delle Finanze proposero un reclamo, che il giudice delegato accolse ordinando l'accantonamento di tutte le somme appostate nel piano.
1.1.- Gli enti reclamanti avevano contestato la possibilità di procedere al riparto, in quanto sarebbero stati titolari di un credito di natura prededucibile - conseguente ai danni da disastro ambientale a loro cagionato dall'attività industriale (nel settore chimico) svolta dalla società debitrice nei siti di (*), stimato pari a circa 3,439 miliardi di Euro - che era destinato ad essere pagato in via preferenziale.
1.2.-Il giudice delegato, perciò, ritenne che fosse necessario un accantonamento integrale dell'attivo liquidato, in vista dell'accertamento dei pretesi crediti prededucibili, all'esito del giudizio di opposizione allo stato passivo, pendente.
2. - Tuttavia, un creditore concorrente, il dr L.C., avverso il decreto di accantonamento delle somme dato dal giudice delegato propose reclamo, che venne accolto dal Tribunale, il quale affermò che, tenendo conto della risultanze dello stato passivo, non poteva tenersi in considerazione il credito vantato dalle Amministrazioni (escluso dal concorso e dunque senza titolo idoneo a fondare una pronuncia interinale di accantonamento), non potendosi includere i crediti degli opponenti allo stato passivo tra quelli di cui alla L. Fall., art. 110, comma 4, posto che la norma si riferirebbe esclusivamente ai crediti già inclusi nel piano di riparto, anche se contestati.
2.1.- Anche la L. Fall., art. 113, comma 2, non poteva essere invocato, poichè la nozione di debito prededucibile ivi contemplata si riferirebbe a poste non contestate o almeno già ammesse al passivo, sebbene non in via definitiva; perciò, in mancanza di una giustificazione dell'accantonamento, il tribunale dichiarò l'esecutività del progetto di ripartizione depositato dal commissario.
3.- La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il Ministero dell'Economia e delle Finanze hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
3.1.- Ad esso hanno resistito, con controricorso, il creditore concorrente e la stessa procedura della Snia, in amministrazione straordinaria, con il suo commissario.
4.- Con ordinanza interlocutoria del 13 aprile 2018, n. 9250, la Prima sezione civile di questa Corte, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
4.1.- L'ordinanza interlocutoria ha premesso l'illustrazione dei motivi del ricorso.
4.1.1.- Con il primo, i ricorrenti hanno dedotto la violazione della L. Fall., artt. 110, 36 e 26, avendo il tribunale erroneamente ritenuto legittimato al reclamo avanti a sè un creditore, ammesso allo stato passivo, che però non aveva impugnato il piano di riparto avanti al giudice delegato, stante il rinvio operato dalla L. Fall., art. 110 all'art. 36 della stessa legge, il quale ultimo contempla quali contraddittori - in quel tipo di giudizio - solo il curatore (qui il commissario straordinario) e il reclamante (nella specie, le Amministrazioni pubbliche) e senza che, per questa via, possa trovare applicazione la L. Fall., art. 26.
4.1.2.- Con il successivo, le amministrazioni contestano che, in sede di reclamo, rientrasse tra i poteri del tribunale decidere su posizioni soggettive diverse da quelle del reclamante L.C., posto che gli altri creditori avrebbero fatto acquiescenza alla declaratoria di inammissibilità del rispettivo intervento pronunciata dal giudice delegato, violandosi altresì l'art. 112 c.p.c. per la rimozione officiosa della sospensione del riparto.
4.1.3. - Il terzo motivo denuncia un vizio di motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice di merito ammesso la legittimazione delle amministrazioni al reclamo, ma negato loro l'accantonamento, deferendo al commissario straordinario ogni decisione modificativa del piano di riparto.
4.1.4.- Il quarto, censura il decreto laddove ha fatto leva sull'esclusione del credito dallo stato passivo, quanto alle Amministrazioni, per statuire sulla non applicabilità dell'accantonamento, che invece conseguiva dal fatto che la contestazione aveva riguardato tutti gli altri creditori considerati nel piano di riparto e che, invece, sarebbero stati da posporre a quelli pubblici, dunque "contestati" ai sensi della L. Fall., art. 110, comma 4, ovvero valutandosi per il medesimo effetto l'accantonamento previsto per i debiti prededucibili dalla L. Fall., art. 113, comma 2.
4.2.- L'ordinanza interlocutoria osserva quindi che sul tema della ricorribilità, avanti alla Corte di cassazione, della decisione assunta dal giudice di merito sulle impugnative endoconcorsuali al piano di riparto, ha registrato talune pronunce negative la cui ratio decidendi si impernia sulla considerazione secondo cui le somme sottratte alla ripartizione non vengono definitivamente negate al creditore reclamante (ancorchè garantito da ipoteca), o attribuite ad altri, ma soltanto rinviate, con la distribuzione sulla base del piano di riparto finale, sicchè la relativa statuizione avrebbe carattere meramente ordinatorio.
4.2.1.- Sarebbe esplicitamente teorizzato, cioè, il fatto che la negazione dell'assegnazione monetaria non equivale ad un diniego assoluto e definitivo del pagamento, posto che la quota di riparto sarebbe sostituita dall'accantonamento, secondo un provvedimento di "mera gestione", e il pagamento al creditore soltanto differito, ma non escluso, così che ben potrebbe predicarsi la non ricorribilità in Cassazione, non avendo il decreto del tribunale i requisiti della decisorietà e della definitività.
4.3.- Evidenzia poi il collegio che la giurisprudenza richiamata avrebbe avuto modo di formarsi su fattispecie in cui l'accantonamento era stato positivamente disposto con riguardo a crediti ammessi al passivo, tant'è che alcune pronunce non avrebbero mancato di porre in evidenza che ogni altra decisione, assunta dal giudice del riparto, in ordine al riconoscimento - attraverso l'ordine di pagamento - dei crediti in prededuzione, assumerebbe portata diversa, così che il ricorso straordinario per cassazione sarebbe, invece, ammissibile avverso il medesimo decreto, nella parte in cui si riconosce l'esistenza di spese in prededuzione (a norma della L. Fall., art. 111, comma 1, n. 1)), disponendone altresì il pagamento, pur in presenza di contestazioni, atteso che - per tale profilo - il provvedimento assumerebbe carattere decisorio, riducendo l'entità delle somme attribuibili ai creditori ammessi e così incidendo sulle loro pretese.
4.4.- Orbene, nel caso all'esame, le Pubbliche Amministrazioni ricorrenti sostengono che, dalla duplice qualità da loro posseduta quella di creditori insinuati, per il credito in prededuzione, e di opponenti, avverso il provvedimento che ha respinto la domanda di partecipazione al concorso -, discenderebbe il proprio titolo per esigere un accantonamento delle relative somme, ovvero la temporanea non distribuzione di altre, conseguenti alla liquidazione dell'attivo, formante oggetto di un riparto parziale destinato ai creditori ammessi.
4.5.- Nel caso esaminato, è sicuro che le ricorrenti PA, alla data del piano di riparto (o comunque della sua esecutività), non hanno ancora conseguito l'ammissione al passivo; Esse però assumono di vantare, comunque, un (diverso) titolo per esigere il corrispondente accantonamento.
4.6.- La L. Fall., art. 113, come modificato a seguito della riforma del D.Lgs. n. 5 del 2006, è qui richiamato laddove stabilisce che "devono essere trattenute e depositate", da un canto, le "quote assegnate" ad alcune categorie di creditori e, dall'altro, le somme necessarie per soddisfare "ogni altro debito prededucibile". In questo caso, anche la misura complessiva dell'oggetto della distribuzione dovrebbe essere ridotta, posto che la legge stessa prevede un diritto all'accantonamento, che è insieme misura di protezione del credito titolato e limite alla discrezionalità del giudice delegato. Il conseguente provvedimento sull'accantonamento, in concreto negato, potrebbe esprimere un profilo decisorio e con natura definitiva e, se non impugnato, potrebbe cristallizzare, L. Fall., ex art. 114, i pagamenti nel frattempo eseguiti con il riparto esecutivo e conformare in modo irrimediabilmente limitativo la partecipazione del creditore che non abbia ottenuto l'invocato accantonamento.
4.7.- Dunque, secondo l'ordinanza interlocutoria, una prima questione di massima di particolare importanza sottoposta all'esame di queste SU, concernerebbe la ricorribilità per cassazione del decreto del tribunale che, affermando l'esecutività del piano di riparto, abbia negato il diritto all'accantonamento del quantum preteso da un creditore non ammesso allo stato passivo, ma che rivendichi, per altro titolo, la propria pretesa, da dichiarare in sede di riparto, e perciò, ove negata, da correggere con la relativa impugnazione.
5.- Una seconda questione rilevante, invece, atterrebbe al problema dell'immediata esecutività del piano di riparto, che - come detto - è stata dapprima sospesa dal giudice delegato e poi ripristinata dal tribunale, sulla base di una diversa ricostruzione della relazione, dal primo ammessa e dal secondo negata, con il credito prededucibile vantato dalle Amministrazioni.
5.1.- Secondo l'ordinanza in esame, sarebbe necessario chiarire i limiti della "giustiziabilità" di siffatta statuizione negativa, ponendosi il seguente problema: se il provvedimento che dispone l'esecutività del piano di riparto sia vincolante allo stato degli atti o se, al contrario, esso risulti direttamente condizionato dall'evoluzione dei costi o delle spese in prededuzione e, dunque, potenzialmente revocabile.
5.2.- Aderendo alla prima impostazione, solo l'esaurimento dei mezzi d'impugnazione metterebbe in sicurezza l'esecuzione del piano di riparto, proposto e vagliato giudizialmente, non retrocedibile di fase nè "ritirabile", se non se ed in quanto non raccordato con lo stato passivo o con le condizioni per l'accantonamento di alcune somme.
5.3.- Ove si ritenesse, invece, che il piano di riparto possa essere in tutto o in parte - "ritirato", in ogni momento divenendo oggetto di modifica o di revoca ovvero di sospensione in ordine alla sua esecutività, lo si renderebbe permeabile all'evoluzione dei conti della procedura, dovendosi accantonare tutte le risorse necessarie a fronteggiare le spese o i debiti prededucibili inizialmente non previsti (o come nella specie i debiti prededucibili di grado diverso (chirografari e privilegiati, anch'essi)).
5.3.1.- Ma, con una tale interpretazione, la modificabilità o la revocabilità del piano di riparto comporterebbe anche l'inammissibilità del ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost., poichè il provvedimento impugnato non sarebbe mai definitivo.
6.- Le Sezioni unite della Corte sono quindi chiamate a decidere in ordine alla seguente questione di massima di particolare importanza: "se sia ammissibile il ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost., comma 7, nei confronti del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, abbia ordinato l'esecuzione del piano di riparto parziale, avuto riguardo alla sua idoneità a stabilire, in maniera irreversibile o meno, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell'attivo fino a quel momento disponibile e, dall'altro, il diritto degli altri interessati ad ottenere gli accantonamenti nei casi previsti dalla L. Fall., art. 113".
7.- Il P.G., nella requisitoria scritta, ha osservato che: "Dalla complessa motivazione dell'ordinanza interlocutoria si desume che è stata tuttavia sottoposta alle S.U. un'ulteriore questione (approfondita nelle pg.12-16), che sembrerebbe originare soprattutto dalla prospettazione (e sollecitazione) svolta dall'A.S. nella memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..
7.1.- Dalla premessa che non è controversa nel giudizio la questione concernente la discrezionalità degli organi della procedura concorsuale nell'approntamento dei riparti parziali (e quindi l'interpretazione della L. Fall., art. 110, comma 1, in tema di fallimento, e D.Lgs. n. 270 del 199, art. 67, comma 1, per l'a.s.), per il P.G. il secondo quesito formulato con l'ordinanza interlocutoria potrebbe essere così sintetizzato:
"qualora, nelle more tra il deposito del piano di riparto parziale e l'attuazione della distribuzione, sorgano crediti di rango potiore, se tale piano possa, o addirittura debba, essere modificato e/o revocato, benchè già esecutivo, ovvero se tale insorgenza ne determini di per sè l'inefficacia; in caso affermativo, resterebbe escluso il carattere della definitività del provvedimento e, quindi, la ricorribilità dello stesso ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7".".
8.- Il P.G., nella sua requisitoria scritta, al riguardo, ha concluso per l'ammissibilità del ricorso ma anche per il suo rigetto nel merito.
8.1.- Hanno depositato proprie memorie sia il Dott. L.C., il quale sia pure con diverso percorso argomentativo - ha, al pari del P.G., chiesto la reiezione del ricorso per Cassazione, e l'A.S. di SNIA Spa, la quale ha riproposto la richiesta dell'enunciazione del principio di diritto, con i conseguenti provvedimenti di accantonamento generico sino alla somma di 13 milioni di Euro, e in subordine la decisione della controversia secondo giustizia.
9.- Con ordinanza interlocutoria n. 31266 del 2018, le SU di questa Corte hanno richiesto all'Ufficio del Massimario e del Ruolo una relazione di approfondimento di alcune questioni.
9.1.- In particolare, sulla premessa che le S.U. erano chiamate, anzitutto, ad esaminare il problema (oltre che della decisorietà) della definitività dei piani di riparto parziale e, poi, sulla base di tali risultanze, a scrutinare la ricorribilità in Cassazione del decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo proposto contro il provvedimento del giudice delegato, ne abbia ordinato l'esecuzione (rispetto al quale thema d'indagine, la difesa dell'A.S. aveva richiamato un precedente di questa Corte (la Sentenza n. 12532 del 2014), che sebbene non massimato, aveva affermato che il ricorso straordinario ex art. 111 Cost., proposto in quella sede, era inammissibile, "vertendo su un provvedimento privo del carattere di decisorietà con attitudine al giudicato"), la Corte ha stimato opportuno approfondire sia una prima questione, relativa alla affermata possibilità degli emendamenti ad un piano che sia stato formalmente approvato (e rispetto al quale si siano consumati i termini di cui alla L. Fall., art. 110, commi 3 e 4), sia una seconda, riguardante il novero dei soggetti attivamente legittimati all'impugnativa del piano (per il quale - sulla base del rinvio operato dalla L. Fall., art. 110, comma 3, all'art. 36 della stessa legge, si prevede (al comma 2) che siano sentiti soltanto "il curatore e il reclamante").
9.2.- In particolare, la richiamata ordinanza interlocutoria ha osservato che, se con riferimento al primo aspetto non è chiaro come un sistema disegnato sulla regola del riparto a periodicità quadrimestrale (L. Fall., art. 110, comma 1), destinato a completarsi con l'approvazione del piano di riparto finale (L. Fall., art. 117), ben formalizzato e cadenzato nel rispetto del principio della pluralità successiva delle distribuzioni, ciascuna soggetta a regole formali di approvazione, possa tollerare continue modificazioni per il tramite di emendamenti, "senza preclusione da acquiescenza"; con riferimento al secondo, non è dato comprendere come lo schema processuale della L. Fall., art. 36 possa dar conto della complessità soggettiva delle contestazioni, in ipotesi molteplici e di diverso contenuto.
10.- Acquisita la relazione di approfondimento redatta a cura dell'Ufficio del Massimario e del Ruolo di questa Corte, la causa è stata fissata per la discussione all'udienza odierna.
10.1.- Il P.G. ha depositato una seconda requisitoria scritta, con la quale, ribadita la preliminare richiesta di ammissibilità del ricorso, ha concluso - per le ragioni che si richiameranno - perchè la Corte, decidendo sul ricorso, cassi il provvedimento impugnato e rinvii la causa al giudice di prime cure.
10.2.- Hanno depositato proprie memorie sia il Dott. L.C., il quale ha insistito per la reiezione del ricorso, e sia l'A.S. di SNIA Spa, la quale ha riproposto, da un lato, la richiesta dell'enunciazione del principio di diritto, con i conseguenti provvedimenti di accantonamento generico, sino alla somma di 13 milioni di Euro, e in subordine, dall'altro, la decisione della controversia secondo giustizia.

Motivi della decisione
1.- Assume condivisibilmente il P.G. che "deve anzitutto ritenersi pacifico, almeno nella giurisprudenza di legittimità (che dunque non occorre qui approfondire), il principio secondo cui il decreto del GD che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale è ricorribile al Tribunale ed il provvedimento da questo reso non è impugnabile dinanzi alla Corte di appello (per tutte, Cass. n. 24698 del 2017; v. anche Cass. n. 17948 del 2016; n. 19715 del 2015)", sicchè "la sola questione da affrontare è quindi (quella che può compendiarsi nel quesito.) se il decreto del Tribunale sia ricorribile in cassazione ex art. 111 Cost., comma 7".
2.- Lo stesso P.G. (alle pp. 4-10 della prima requisitoria scritta e alla p. 3 della seconda) conviene che il secondo quesito (riportato al p. 7.1. dei Fatti di causa) "viene in rilievo soltanto perchè necessariamente sotteso al primo (..quello formalizzato al p. 6 della stessa prima parte di questa sentenza), dal momento che influisce, in linea generale ed in astratto, sull'identificazione dei caratteri del provvedimento impugnato, ai fini dell'ammissibilità del ricorso straordinario" (aggiungendo: per quanto tale questione non possa "originare dalla inammissibile domanda rivolta alla Corte dall'AS con la memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c."). Oggi aggiunge (alle pp. 2 e 4 della seconda requisitoria) che, tale (seconda questione), "è stata (..) affrontata, ma congiuntamente alla prima, come imposto da esigenze logico-giuridiche" (anche se, ribadisce, "non già per dare risposta all'inammissibile quesito come posto dall'A.S.").
2.1.- Infatti, sebbene il P.G. abbia rilevato che, per quanto il problema (della revoca e modifica del piano di riparto dichiarato esecutivo) sia stato posto esplicitamente dall'A.S. "soltanto con la memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. (....), per la prima volta", e che la questione "non risulta infatti sollevata e trattata nelle fasi di merito" (p. 11, della prima requisitoria), Egli ha comunque convenuto che, "nondimeno, la questione assume rilevanza (....) ma soltanto all'esclusivo fine (diverso da quello prospettato dall'AS) di stabilire se il provvedimento che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale sia connotato dal carattere della definitività, ciò che si è ritenuto di dovere affermare, anche in considerazione dell'impossibilità di una successiva modifica e/o revoca da parte del curatore (o del commissario)".
2.2.-In tale condivisibile osservazione del P.G. è la risposta all'obiezione del Dott. L.C., il quale all'udienza di discussione ha eccepito la ellitticità del quesito proposto dall'A.S. (in relazione ai prededucibili sopravvenuti) rispetto a quello formante oggetto della rimessione della sezione semplice a queste SU civili (riguardante i crediti delle Amministrazioni, ancora contestati).
2.3.- E, come si è già detto (con l'ordinanza interlocutoria n. 31266 del 2018), se il problema della definitività del provvedimento che dichiara esecutivo il piano di cui alla L. Fall., artt. 110 e 113 è prioritario, sul piano logico-giuridico, ai fini della stessa ammissibilità del ricorso per cassazione proposto (ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7) verso il decreto del tribunale fallimentare che, decidendo sul reclamo contro il provvedimento del giudice delegato, abbia ordinato l'esecuzione del piano di riparto parziale, avuto riguardo alla sua idoneità a stabilire, in maniera irreversibile (o meno), il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell'attivo fino a quel momento disponibile, la prima questione (p. 6 dei Fatti di causa) non può essere anteposta all'esame della seconda (p. 7.1 dei Fatti di causa), e ciò indipendentemente dalla rituale deduzione da parte dell'AS. 2.4.- Da ultimo, va ancora precisato che, in tale quadro, non ha pregio l'eccezione dell'inammissibilità ex latere subiecti dell'odierno ricorso per cassazione, non potendosi affermare - come pure ha sollecitato, alla pubblica udienza, il Dott. L.C. - il difetto di un titolo legittimante da parte dei Ministeri ricorrenti, poichè "la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione" (Cass. SU, sentenza n. 2951 del 2016). In questa sede, infatti, rileva solo l'astratta titolarità di quel credito, indipendentemente dal suo ipotetico, concreto e successivo riconoscimento.
3.- Va ora compiuta la ricognizione dei dati acquisiti con il supplemento della ricerca, svolta dal Massimario sul problema della stabilità o meno del piano di riparto parziale che sia stato dichiarato esecutivo dal giudice delegato, per mancanza di reclami proposti nel termine prescritto dalla L. Fall., art. 110, comma 3, ovvero per l'inutile esperimento degli stessi.
3.1.- Si è già menzionata la sentenza (non massimata dall'Ufficio) n. 12352 del 2014, della prima sezione civile di questa Corte, contenente in apparenza l'enunciazione di un principio di diritto distonico rispetto alle linee già seguite dalla Corte riguardo all'affermazione della stabilità dei piani di riparto parziali.
3.2.- A tale proposito, va ricordato che la Cassazione da tempo risalente (se non immemorabile) ha affermato che il principio di diritto secondo cui il piano di riparto parziale, reso esecutivo dal giudice delegato - e a prescindere dalla sua concreta esecuzione -, non ha carattere provvisorio, sì da potere essere modificato in seguito ad ulteriori risultanze ma, al contrario, una volta decorsi i termini di impugnazione, diventa definitivo e quanto con esso sia stato disposto non può essere più oggetto di contestazione (Cass., Sez. 2, n. 2035 del 1973; Cass., Sez. 2, n. 776 del 1973, a tenore della quale il provvedimento di riparto parziale, di cui alla L. Fall., art. 110, reso esecutivo non ha carattere provvisorio si da potere essere modificato in seguito ad ulteriori risultanze, ma, una volta decorsi i termini di impugnazione, diventa definitivo e quanto con esso e disposto non può essere più oggetto di contestazione; Cass., Sez. 2, n. 594 del 1973; Cass., Sez. 2, n. 2374 del 1972, secondo la quale: i decreti del giudice delegato, i quali stabiliscono piani di riparto parziale e li rendono esecutivi, anche se non costituiscono una vera e propria cosa giudicata precludono ogni successivo riesame o questione in ordine all'esistenza, entità ed efficacia dei crediti ammessi ed all'esistenza delle cause di prelazione; Cass., Sez. 2, n. 601 del 1972, secondo cui: un nuovo ordine di privilegi non può ricevere applicazione allorquando nella procedura fallimentare, in base a un provvedimento definitivo ed esecutivo di riparto parziale anteriore alla legge citata, formato in base all'ordine di privilegi all'epoca vigenti, siano state assegnate e pagate ai creditori le somme realizzate, poichè detto provvedimento - come risulta dall'art. 114 (possibilità di recupero delle somme pagate ai creditori solo in caso di revocazione) e 122 della legge fallimentare (divieto di concorso dei creditori per le somme già percepite nelle precedenti ripartizioni) - dà luogo ad una preclusione e ad un giudicato interno alla procedura fallimentare).
3.2.1.- Una particolare vicenda legislativa, riguardante la successione di leggi in materia di privilegi, ha registrato l'emersione di tale principio di intangibilità del piano di riparto divenuto definitivo.
3.2.2.- Con l'entrata in vigore della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 66, n. 5), (successivamente abrogato dalla L. 29 luglio 1975, n. 426), introduttiva del nuovo privilegio generale mobiliare spettante ai crediti vantati dai lavoratori subordinati, la S.C. ebbe ad affermare che la disciplina sopravvenuta non poteva ricevere applicazione allorquando nella procedura fallimentare, in base a un provvedimento definitivo ed esecutivo di riparto parziale anteriore alla legge citata, formato secondo l'ordine dei privilegi all'epoca vigenti, fossero state assegnate e pagate ai creditori le somme realizzate, poichè detto provvedimento - come risulta dalla L. Fall., art. 114 (con la possibilità di recupero delle somme pagate ai creditori solo in caso di revocazione) e dalla L. Fall., art. 112 (con il divieto di concorso dei creditori per le somme già percepite nelle precedenti ripartizioni) - dà luogo ad una preclusione e ad un giudicato interno alla procedura fallimentare.
3.2.3.- Ed altrettale successiva vicenda normativa, riguardante un altro caso di successione di leggi in materia di privilegi (la disciplina transitoria dettata dalla L. 29 luglio 1975, n. 426, art. 15, recante modificazioni al codice civile in materia di questi titoli di prelazione) ha fatto ribadire i principi già emersi con l'affermazione che i nuovi privilegi attribuiti dalla detta legge assistevano anche i crediti sorti anteriormente alla sua entrata in vigore, a prescindere dal tempo in cui fossero stati azionati in sede concorsuale e, quindi, anche i crediti prima chirografari, e come tali ammessi al passivo fallimentare, ossia pure dopo l'approvazione dello stato passivo; ma rimaneva fermo, tuttavia, il limite invalicabile del riparto divenuto definitivo (Cass., Sez. 1, n. 235 del 1980; Cass., Sez. 1, n. 157 del 1979).
3.2.4.-In sostanza, i privilegi potranno essere esercitati anche dopo l'approvazione dello stato passivo (e, perciò, anche dopo la formazione del cd. giudicato endofallimentare), ma non quando il riparto - anche parziale - sia invece divenuto definitivo (Cass., Sez. 1, n. 13090 del 2015).
3.2.5.- Si comprende bene, perciò, che di tale principio sia stata fatta ancora di recente applicazione da questa Corte (Cass., Sez. 1, n. 4729 del 2018; Cass., Sez. 1, n. 20748 del 2012) laddove è stata affermata l'esistenza di un principio generale di "intangibilità" dei riparti dell'attivo eseguiti nel corso della procedura, con la sola eccezione contemplata espressamente dalla L. Fall., art. 114, sicchè le ripartizioni, che in base ad esso sono state eseguite nella procedura fallimentare, non possono essere più rimesse in discussione.
3.3.- Il principio ha trovato conferma nel testo del vigente L. Fall., art. 114, come novellato dal D.Lgs. n. 5 del 2006 (secondo cui "I pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell'accoglimento di domande di revocazione"), riprodotto esattamente nel medesimo testo dalla D.Lgs. febbraio 2019, n. 14, art. 229, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, norma inapplicabile al caso, essendo l'entrata in vigore differita (art. 388) di diciotto mesi rispetto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma che con chiara evidenza mostra l'intento del riformatore del 2019 di confermare l'indirizzo già manifestato dal legislatore del 1942 e del 2006.
3.4.-A ciò si aggiunga che, secondo il granitico orientamento della S.C., i provvedimenti resi dal giudice delegato nel fallimento sono revocabili o modificabili, d'ufficio o su istanza di parte, sino a quando essi non abbiano avuto esecuzione, trovando applicazione il principio generale di cui all'art. 487 c.p.c., per il quale le ordinanze del giudice dell'esecuzione sono revocabili o modificabili finchè non abbiano avuto esecuzione; onde, se il progetto di riparto parziale sia stato dichiarato esecutivo dal giudice delegato - perchè sono decorsi i quindici giorni previsti dalla L. Fall., art. 110, comma 3, ovvero si siano esauriti i mezzi di impugnazione esperiti dagli eventuali reclamanti - e il curatore vi abbia dato pronta esecuzione, mediante la distribuzione delle somme ai creditori concorrenti, non può più sostenersi che il giudice delegato, in deroga al principio generale dettato dall'art. 487 c.p.c., possa, d'ufficio o su istanza di parte, revocare o modificare il decreto di esecutività che risulti apposto sul progetto di riparto, come detto, già eseguito.
4.- Si comprende, perciò, che la sentenza (non massimata dall'Ufficio) n. 12352 del 2014, della prima sezione civile di questa Corte, nella parte in cui ha affermato seccamente (e, come ben indica il PG, solo attraverso un obiter reso in un caso in cui era stato disposto di non procedere ad un piano di riparto parziale, decisione che in nessun modo incideva su diritti soggettivi) che "il riparto parziale (..) costituisce solo una fase intermedia della procedura fallimentare, suscettibile di emendamento, senza preclusione da acquiescenza, in sede di approvazione del progetto definitivo di distribuzione" si sarebbe potuta porre in evidente contrasto con l'orientamento consolidato, ove - ancora, come osservato dal P.G. non avesse affermato un mero obiter, neppure motivato, cosicchè la pronuncia non adduce il solo necessario dictum idoneo ad interrompere l'orientamento costante di questa Corte.
4.1.- Insomma, in difetto dei requisiti per individuare nel menzionato precedente giurisprudenziale i tratti della necessaria discontinuità rispetto all'uniforme e mai fratta linea ricostruttiva del regime giuridico dei piani di ripartizione in sede concorsuale, e quindi in mancanza di un vero e proprio contrasto interpretativo al riguardo, al quesito di diritto posto dall'ordinanza di rimessione della Prima sezione civile (p. 6 dei Fatti di causa), così come condivisibilmente richiesto dal P.G., deve darsi la seguente risposta affermativa, e l'enunciazione del seguente principio di diritto:
"il decreto del Tribunale che dichiara esecutivo il piano di riparto parziale, pronunciato sul reclamo avente ad oggetto il provvedimento del giudice delegato, nella parte in cui decide la controversia concernente, da un lato, il diritto del creditore concorrente a partecipare al riparto dell'attivo fino a quel momento disponibile e, dall'altro, il diritto degli ulteriori interessati ad ottenere gli accantonamenti delle somme necessarie al soddisfacimento dei propri crediti, nei casi previsti dalla L. Fall., art. 113, si connota per i caratteri della decisorietà e della definitività e, pertanto, avverso di esso, è ammissibile il ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7".
5.- Tuttavia, nel caso in esame, come si è detto, il commissario straordinario (o il curatore, in genere), chiede nella prima memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c., e sollecita in quella ex art. 378 c.p.c. (depositata innanzi alle S.U.), una risposta alla (rispetto a quella sollevata dall'ordinanza interlocutoria di queste Sezioni Unite) diversa questione relativa alla possibilità giuridica che il piano di riparto parziale, pure dichiarato esecutivo (dal giudice delegato - per mancanza di reclami, ovvero perchè tutti inutilmente esperiti -, oppure direttamente dal tribunale in sede di reclamo (è il caso in esame, dove il decreto di esecutività è stato pronunciato direttamente dal collegio)), possa essere successivamente modificato o revocato su iniziativa del curatore (o del commissario), sempre che non sia stato ancora eseguito, essendo il detto progetto di riparto ancora sub iudice (pendendo, come nella vicenda che ci occupa, ricorso per Cassazione).
5.1.- La questione, come si vedrà, è pregiudicata dalla soluzione del problema che queste SU hanno sollevato d'ufficio con la propria ordinanza interlocutoria n. 31266 del 2018.
6.- Nel caso in esame, come si è detto, queste SU hanno ravvisato, d'ufficio, la necessità di verificare la questione relativa ai soggetti attivamente legittimati all'impugnativa del piano di riparto (per il quale - sulla base del rinvio operato dalla L. Fall., art. 110, comma 3, all'art. 36 della stessa legge, si prevede (al comma 2) che siano sentiti soltanto "il curatore e il reclamante").
6.1.- Ha osservato il P.G. che la questione, pur nuova (perchè mai sollevata nè dal ricorso e neppure dai controricorsi e non evidenziata neppure dall'ordinanza della Prima sezione civile, n. 9250 del 2018) è rilevabile d'ufficio e deve essere necessariamente risolta.
6.2.- Come già ricostruito per sommi capi, il commissario straordinario della SNIA, aveva depositato presso la cancelleria del Tribunale di Milano un "progetto di ripartizione in favore dei creditori ammessi alla prededuzione e di ripartizione parziale in favore dei creditori pignoratizi, ipotecari e privilegiati generali fino al grado 9", già ammessi al concorso e il Comitato di sorveglianza aveva espresso all'unanimità parere favorevole.
6.2.1.-Il giudice delegato, con decreto del 18 novembre 2014, aveva ordinato alla procedura il deposito del detto progetto nella cancelleria e la comunicazione a tutti i creditori (eseguita a mezzo PEC il 3 dicembre 2014).
6.2.2.-11 16 dicembre 2014 la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il Ministero dell'Economia e delle Finanze avevano proposto reclamo L. Fall., ex art. 36 avverso il progetto di riparto parziale e il giudice delegato, con decreto del 5 gennaio 2015, aveva disposto la sospensione dell'esecuzione del riparto delle somme (ordinando ai reclamanti di dare comunicazione del reclamo a mezzo PEC al commissario della SNIA).
6.2.2.- Il 18 febbraio 2015, taluni creditori ammessi al concorso con il privilegio generale mobiliare, ex art. 2751-bis c.c., n. 2), ( L.C.G., D.L.M., B.S. e l'associazione professionale " T., D.L., Ta. e Soci Studio Legale"), depositarono una memoria difensiva, chiedendo il rigetto del reclamo.
6.2.3.- Il giudice delegato, con decreto del 21 luglio 2015, ritenuto inammissibile l'intervento in giudizio della SNIA e dei creditori non reclamanti - essendo unici contraddittori ammessi il reclamante e il commissario della SNIA - e, invece, ammissibile il reclamo proposto dai creditori non ancora ammessi al concorso, lo accolse rigettando la richiesta di esecutività del progetto di ripartizione parziale e disponendo che le somme indicate nel piano di riparto "rest(assero) accantonate".
6.2.4.- Avverso il detto decreto del giudice delegato, il creditore concorrente L.C.G. propose reclamo L. Fall., ex art. 26, con ricorso depositato il 29 luglio 2015; reclamo in relazione al quale il presidente della sezione fallimentare, con decreto del 4 agosto 2015, fissò l'udienza per la comparizione delle parti imponendone la notifica, a cura del reclamante, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e al Ministero dell'Economia e delle Finanze - che si costituirono con memoria difensiva -, nonchè alla SNIA e al suo commissario straordinario, che non spiegarono alcuna difesa.
6.2.5.- Il Tribunale di Milano, con provvedimento del 21 settembre 2015, ritenuta l'ammissibilità dell'intervento nel procedimento dei creditori concorrenti, accolse il reclamo proposto dal L.C., dichiarando esecutivo il progetto di ripartizione parziale depositato dal commissario straordinario.
6.2.6.- Con ricorso notificato il 19 ottobre 2015, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e il Ministero dell'Economia e delle Finanze proposero l'odierno ricorso per cassazione (avverso il decreto del Tribunale di Milano) a cui hanno resistito, con controricorso, il creditore L.C.G., e, in unica difesa, la SNIA s.p.a., in amministrazione straordinaria e il suo commissario straordinario.
7.- Com'è noto, l'originario testo della L. Fall., art. 110 stabiliva che il G.D. varasse "con decreto il piano di riparto, rendendolo esecutivo", poichè tale piano era atto del G.D., ed esso era anche pacificamente reclamabile davanti al Collegio, ai sensi della L. Fall., art. 26.
7.1. A seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 42 del 1981 (che ebbe a dichiarare l'illegittimità costituzionale della L. Fall., art. 26 nella parte in cui assoggetta(va) il decreto del giudice delegato concernente il piano di riparto, al rispetto del termine di tre giorni dall'emanazione, in quanto per l'eccessiva brevità del termine vulnerava il diritto di difesa, il cui effettivo esercizio postula che il termine di decadenza sia congruo e che decorra dal momento in cui l'interessato all'impugnativa abbia avuto notizia dell'emanazione dell'atto impugnabile, o quanto meno tale notizia abbia attinto un livello di conoscibilità da parte dell'interessato medesimo) la giurisprudenza di legittimità ha via via riconosciuto il necessario rispetto del principio del contraddittorio sul piano soggettivo, travasando il regime regolatorio dei procedimenti camerali stabilito nel codice di rito (art. 737 c.p.c. e ss.).
7.1.1. Veniva così inaugurato un filone interpretativo secondo cui: poichè la sentenza n. 42 del 1981 della Corte costituzionale (aveva) caducato gli aspetti della disciplina positiva dell'istituto in contrasto con la tutela costituzionale del diritto di difesa (dovendo la lacuna discendente dalla pronuncia di incostituzionalità essere colmata con le regole generali disciplinanti il procedimento in camera di consiglio), il Tribunale, in sede di reclamo contro il provvedimento del giudice delegato che stabilisce e rende esecutivo il piano di riparto, è tenuto (a pena di nullità rilevabile d'ufficio in sede di impugnazione) all'osservanza del principio del contraddittorio, e quindi a sentire oltre il reclamante, il fallito, il comitato dei creditori, il curatore ed eventualmente altri controinteressati che ne facciano richiesta (nello stesso senso, successivamente, Cass. Sez. 1, sentt. nn. 7555 del 1991 e 9580 del 1997).
7.2.- Successivamente il D.Lgs. n. 5 del 2006 ha eseguito una prima modifica all'impianto del diritto concorsuale, prevedendo che il progetto di riparto non sia più atto del G.D., bensì del curatore, sicchè il G.D., privato del potere di introdurre rettifiche o modificazioni allo stesso, ora si limita a disporne il deposito e la comunicazione (a mezzo PEC) ai creditori. E, la nuova formulazione della L. Fall., art. 110, comma 3, ora prevede che "i creditori (...) possono proporre reclamo contro il progetto di riparto nelle forme della L. Fall., art. 26".
7.2.1.- Una seconda modifica è stata impressa dal D.Lgs. n. 169 del 2007, con la previsione secondo cui "i creditori (...) possono proporre reclamo al giudice delegato contro il progetto di riparto ai sensi dell'art. 36", sicchè - come osservato dal P.G. - contro tale pronuncia del G.D., sarà d'allora possibile proporre reclamo al tribunale ai sensi dell'art. 26 e, contro quello che sarà reso dal Tribunale, ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost..
7.2.1.1.- E' stato perciò già affermato dalla Corte (Sez. 1, Sentenza n. 16633 del 2015) il principio di diritto secondo cui, in tema di fallimento, alla luce della nuova disciplina del subprocedimento di riparto dell'attivo prevista dalla L. Fall., art. 110 (come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007), il giudice delegato deve ordinare il deposito in cancelleria del progetto di riparto delle somme disponibili predisposto dal curatore ed inoltre, al fine di un eventuale reclamo, la sua comunicazione non solo ai creditori ammessi al passivo fallimentare e a quelli che abbiano proposto impugnazione allo stato passivo, ma anche ai creditori ammessi tardivamente prima del decreto di esecutività del progetto di riparto.
7.3.- Orbene, se sulla legittimazione attiva a proporre reclamo avverso il progetto depositato dal curatore, ai sensi della L. Fall., art. 36, non sembrano sorgere soverchi dubbi, dovendosi far coincidere i creditori interessati con i destinatari della comunicazione - tramite PEC - del progetto medesimo; non è altrettanto semplice capire se il reclamo L. Fall., ex art. 26, da chiunque proposto, debba essere comunicato, oltre che al curatore, come espressamente presuppone la norma ("sentito il curatore"), anche a tutti gli altri creditori controinteressati.
7.3.1.- L'opinione della dottrina sul punto è pressochè unanime nel ritenere che il contraddittorio vada esteso anche ai controinteressati, da intendere quali i creditori che, in qualche modo, sarebbero potenzialmente pregiudicati dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, poichè la relativa quota di riparto potrebbe subire una variazione ovviamente in peius.
7.3.2.-Nè questa Corte ritiene di poter seguire la diversa e non condivisibile linea dottrinale minoritaria (pure enunciata dal Dott. L.C., nel corso della discussione in PU), secondo la quale basterebbe il contraddittorio incrociato in sede di approvazione dello stato passivo concorsuale a garantire la tutela delle posizioni soggettive individuali, residuando in sede esecutiva la possibilità dell'intervento volontario.
7.3.3.- Infatti, tale tesi dimentica che, in una visione di realismo giuridico, la fase dell'accertamento dei crediti (per quanto non sempre contestualmente possibile) può essere ulteriormente incisa, e a volte in maniera determinante, proprio dalla concreta ricostruzione delle precedenze (con i piani parziali o finale) dei crediti, pur ammessi, ma portati al soddisfacimento effettivo con tempistiche dilazionate e previo riconoscimento - medio tempore - di ulteriori crediti (prededucibili, tardivi o finanche supertardivi), in relazione ai quali i controlli del ceto creditorio spesso si rivelano come solo virtuali.
7.4.- Ritiene perciò la Corte, in uno con la richiesta del P.G., di dover aderire al prevalente pensiero e, quindi, affermare il seguente principio di diritto:
in tema di riparto fallimentare, ai sensi della L. Fall., art. 110 (nel testo applicabile ratione temporis come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007), sia il reclamo L. Fall., ex art. 36 avverso il progetto - predisposto dal curatore - di riparto, anche parziale, delle somme disponibili, sia quello L. Fall., ex art. 26 contro il decreto del giudice delegato che abbia deciso il primo reclamo, possono essere proposti da qualunque controinteressato, inteso quale creditore che, in qualche modo, sarebbe potenzialmente pregiudicato dalla diversa ripartizione auspicata dal reclamante, ed in entrambe le impugnazioni il ricorso va notificato a tutti i restanti creditori ammessi al riparto anche parziale.
8.- Resta da dire delle conseguenze che derivate dal mancato rispetto di tale regula iuris.
8.1.-Infatti, nel caso di specie, il reclamo proposto il 16 dicembre 2014 dalla Presidenza del Consiglio, avverso il progetto di riparto parziale (con il quale si chiedeva in sostanza di accantonare integralmente tutte le somme destinate ai creditori ammessi al menzionato riparto, così pregiudicando concretamente il soddisfacimento delle loro ragioni di credito) non è stato comunicato dal commissario straordinario a nessuno tra i creditori concorrenti, nè loro notificato su iniziativa della medesima reclamante.
8.1.1.- In effetti, soltanto taluni tra i creditori controinteressati ammessi al progetto di riparto parziale hanno depositato un atto di intervento volontario - addirittura giudicato inammissibile dal giudice delegato -, mentre è certo che tutti gli altri creditori concorrenti destinatari del riparto, in base al progetto reclamato e quindi certamente controinteressati rispetto alla Presidenza del consiglio che chiedeva di accantonare tutte le somme oggetto di suddivisione parziale, non hanno ricevuto comunicazioni di sorta (è il caso dei creditori in prededuzione, di quelli ipotecari e pignoratizi, dei creditori muniti di privilegio generale ex art. 2751-bis c.c., nn. 1) e 2) - esclusi gli intervenuti - e agli altri creditori privilegiati generali, tutti ammessi al riparto).
8.1.2.-Quanto al reclamo al tribunale proposto dal L.C., creditore concorrente intervenuto nel procedimento innanzi al giudice delegato, è incontroverso che il ricorso è stato notificato - a cura del medesimo reclamante - soltanto alla Presidenza del Consiglio, nonchè alla SNIA e al suo commissario straordinario; nessuno degli altri creditori concorrenti, compresi quelli già intervenuti spontaneamente nel giudizio di prime cure, hanno ricevuto notizia del reclamo proposto da un loro sodale innanzi al collegio.
8.1.2.-Nè il tribunale, ritenuto ammissibile l'intervento volontario nel giudizio spiegato dal L.C., come dagli altri creditori concorrenti, pure rimasti estranei al secondo grado, ha ritenuto di disporre alcuna integrazione del contraddittorio, nè nei confronti dei detti creditori concorrenti, comunque intervenuti in prime cure, e tantomeno nei confronti degli altri creditori di certo controinteressati, rimasti all'oscuro dell'intero procedimento, sia nella fase celebrata innanzi al giudice delegato che in quella davanti al collegio.
8.2.- Orbene, secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata nè dal giudice di primo grado, che non abbia disposto l'integrazione del contraddittorio, nè da quello di appello, che non abbia provveduto a rimettere la causa al primo giudice, ai sensi dell'art. 354 c.p.c., comma 1, resta viziato l'intero processo e s'impone, in sede di giudizio di cassazione, l'annullamento, anche d'ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell'art. 383 c.p.c., comma 3: principio valevole anche nell'ambito dei procedimenti in camera di consiglio, ed in quelli di impugnazione del piano di riparto dell'attivo.
8.2.1.- Così, ad esempio, la Corte (Cass., Sez. L, sent. n. 7555 del 1991) ha affermato la nullità per violazione del principio del contraddittorio - rilevabile di ufficio anche in sede di legittimità - del provvedimento del tribunale intervenuto sul reclamo avverso il decreto col quale il giudice delegato aveva dichiarato l'esecutività del piano di ripartizione dell'attivo, allorchè tale decisione era stata adottata senza che il reclamo fosse stato notificato ai creditori non reclamanti o, comunque, senza che gli stessi fossero stati posti in condizione di conoscere l'esistenza del relativo procedimento e di comparirvi, spiegandovi le proprie difese, al fine di non vedere modificata in peius la loro collocazione o compromessa la possibilità di soddisfacimento totale o parziale del loro credito, non rilevando in contrario nè che l'esito di detto procedimento fosse stato, in concreto, favorevole a tali creditori, nè che questi non avessero proposto, nella fase anteriore di accertamento del passivo, ritualmente, la domanda di ammissione (e, sempre nell'ambito dei procedimenti camerale endofallimentari, sull'esdebitazione del fallito: Cass., Sez. 1, n. 12950 del 2014; Cass., Sez. 1, n. 21864 del 2010).
8.3.- Pertanto, nella vicenda all'esame di queste S.U., il contraddittorio risulta violato, sia nella fase del primo reclamo innanzi al giudice delegato, sia nella successiva fase del secondo reclamo innanzi al collegio, dovendo il Giudice di legittimità, una volta rilevato d'ufficio il relativo vizio, rimettere senz'altro le parti innanzi al giudice di prime cure.
9.- In conclusione, le sezioni unite della Corte pronunciando sul ricorso, nel rilievo ufficioso del rispetto del difettoso contraddittorio della vicenda reclamata di cui è causa, così provvedono: cassano il provvedimento impugnato e rinviano la causa, anche per le spese di questo grado, al giudice delegato investito del primo reclamo, proposto il 16 dicembre 2014, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, avverso il progetto di riparto parziale, ma non comunicato dal commissario straordinario a nessuno tra i creditori concorrenti, nè loro notificato su iniziativa della medesima reclamante.
9.1.- E, in tale cassazione con rinvio, resta anche assorbito l'esame della questione sollevata dall'A.S. con riferimento ai p.p. 5 e 5.1 di questa parte della motivazione.

P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, decidendo sul ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa, nei sensi di cui in motivazione, al Giudice delegato del Tribunale di Milano, in persona di diverso giudicante, per il suo nuovo esame oltre che per la regolazione delle spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite, il 18 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2019.


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