Locazioni, recesso del conduttore e gravi motivi
Pubblicato il 28/10/19 00:00 [Doc.6746]
di Redazione IL CASO.it
In tema di recesso del conduttore di immobile adibito ad uso non abitativo, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi in anticipo del vincolo contrattuale, ai sensi dell'art. 27, ultimo comma, l. n. 392 del 1978, devono essere determinate da avvenimenti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, che ne rendano oltremodo gravosa la prosecuzione. La gravosità di tale prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal medesimo conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve non solo eccedere l'ambito della normale alea contrattuale, ma consistere, altresì, ove venga in rilievo l'attività di un'azienda, in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie idoneo ad incidere significativamente sull'andamento dell'azienda stessa globalmente considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva considerato motivo legittimo di recesso la gravità della crisi economica - divenuta palese esclusivamente dopo l'ultimo rinnovo automatico del contratto - in relazione alla collocazione geografica dell'attività commerciale svolta all'interno dell'immobile locato).
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Cassazione civile sez. III - 24/09/2019, n. 23639. Pres. Graziosi. Rel. Dell'Utri.a
1. Con sentenza resa in data 22/3/2017, la Corte d'appello di Messina, in accoglimento dell'appello proposto dalla Elva s.r.l., e in riforma della decisione di primo grado, tra le restanti statuizioni, ha rigettato la domanda proposta da G.S. diretta alla pronuncia della risoluzione, per inadempimento della Elva s.r.l. (quale conduttrice), del contratto di locazione commerciale intercorso tra le parti, attesa la legittima sottrazione della Elva s.r.l. all'obbligo di pagamento dei canoni di locazione dedotti in giudizio.
2. Sotto altro profilo, la corte territoriale ha condannato il G. alla restituzione del deposito cauzionale originariamente consegnato dalla società conduttrice.
3. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha sottolineato come la Elva s.r.l. avesse legittimamente esercitato il proprio diritto di recesso, L. n. 392 del 1978, ex art. 27 avendo adeguatamente comprovato la sussistenza dei gravi motivi a fondamento dello stesso, con la conseguente insussistenza di alcuna residua obbligazione del conduttore in ordine al pagamento dei restanti canoni.
4. Avverso la sentenza d'appello, G.S. propone ricorso per cassazione sulla base di sei motivi d'impugnazione, cui ha fatto seguito il deposito di una dichiarazione di rinuncia al quarto motivo.
5. La Elva s.r.l. resiste con controricorso.
6. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale espressamente dichiarato la legittimità del recesso della Elva s.r.l. dal contratto di locazione in esame in assenza di alcuna espressa domanda da parte della società conduttrice.
2. Il motivo è inammissibile.
3. Osserva il Collegio come l'accertamento della legittimità del recesso contrattuale operato dalla società conduttrice - invocato (peraltro, tempestivamente) in via di eccezione dalla ridetta società - costituisse un aspetto logico-giuridico indispensabile, e dunque un passaggio argomentativo necessario, nel quadro del complessivo thema decidendum sottoposto alla valutazione del giudice di merito ai fini della decisione della controversia; thema decidendum immediatamente consistente nella verifica del contestato inadempimento contrattuale della Elva s.r.l. invocata, in via principale, dal G..
4. In particolare, l'accertamento (positivo o negativo) della causa cui avrebbe dovuto farsi risalire l'estinzione delle obbligazioni contrattuali pretesamente inadempiute dalla Elva s.r.l. (la comunicazione di un valido recesso), una volta ritualmente dedotta in via di eccezione, non poteva che inserirsi con carattere di decisività nell'ambito delle questioni di merito da definire con efficacia di cosa giudicata; e tanto a prescindere, sia dalla proposizione, da parte della società conduttrice, di alcuna domanda direttamente rivolta a tale accertamento, sia dall'eventuale espressa dichiarazione della legittimità del recesso nel dispositivo della sentenza.
5. Ciò posto, deve ritenersi priva di rilevanza, e dunque destituita di interesse, l'odierna doglianza del G. diretta a rilevare l'eventuale assenza di un'espressa domanda di accertamento della legittimità del recesso da parte della società convenuta, dovendo ritenersi tale istanza implicita nella proposizione della corrispondente eccezione circa l'avvenuta comunicazione di un tempestivo recesso dal contratto di locazione opposta in limine litis dalla società convenuta.
6. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., e/o dell'art. 2697 c.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto la sussistenza di gravi motivi a fondamento del recesso della società conduttrice dal contratto di locazione in esame, non avendo quest'ultima assolto in modo adeguato all'onere della prova sulla stessa incombente al riguardo.
7. Il motivo è inammissibile.
8. Con riguardo all'individuazione dei gravi motivi previsti, dalla L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., a fondamento del legittimo esercizio del recesso dal contratto di locazione, da parte del conduttore, varrà considerare come il giudice a quo risulti essersi correttamente allineato all'insegnamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio, al fine di assicurarne continuità) a sensi del quale, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, ai fini del valido ed efficace esercizio del diritto potestativo di recesso del conduttore, a norma della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27 è sufficiente che egli manifesti al locatore, con lettera raccomandata o altra modalità equipollente, il grave motivo per cui intende recedere dal contratto di locazione, senza avere anche l'onere di spiegare le ragioni di fatto, di diritto o economiche su cui tale motivo è fondato, nè di darne la prova, perchè queste attività devono esser svolte in caso di contestazione da parte del locatore. Trattandosi di recesso titolato, la comunicazione del conduttore non può, tuttavia, prescindere dalla specificazione dei motivi, con la conseguenza che tale requisito inerisce al perfezionamento della stessa dichiarazione di recesso e, al contempo, risponde alla finalità di consentire al locatore la precisa e tempestiva contestazione dei relativi motivi sul piano fattuale o della loro idoneità a legittimare il recesso medesimo (Sez. 3, Sentenza n. 549 del 17/01/2012, Rv. 620955 - 01), dovendo conseguentemente escludersi che il conduttore possa esplicitare successivamente le ragioni della determinazione assunta (Sez. 3, Sentenza n. 13368 del 30/06/2015, Rv. 635800 - 01).
9. Ciò posto, accertata la rituale titolazione del recesso da parte della Elva s.r.l., ai fini della verifica della contestata sussistenza delle ragioni sostanziali poste a fondamento dello stesso, la corte territoriale risulta essersi altresì conformata ai principi ripetutamente affermati da questa Corte, secondo cui, le ragioni che giustificano la liberazione anticipata dal vincolo ai sensi della L. n. 392 del 1978, art. 27 devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla volontà del conduttore e imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per quest'ultimo la sua prosecuzione (Sez. 3, Sentenza n. 12291 del 30/05/2014 (Rv. 631034 - 01). La gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non può risolversi nell'unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, e dev'essere, non solo tale da eccedere l'ambito della normale alea contrattuale, ma anche consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie, tale da incidere significativamente sull'andamento dell'azienda globalmente considerata e, quindi, se di rilievo nazionale o multinazionale, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali (Sez. 3, Sentenza n. 26711 del 13/12/2011, Rv. 620662 - 01).
10. Sotto altro profilo, correttamente il giudice a quo risulta essersi uniformato all'insegnamento della giurisprudenza di questa Corte là dove ha precisato come, nel caso in cui il conduttore svolga la propria attività in diversi rami di azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato di cui all'art. 27 cit., debbano essere accertati in relazione all'attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità per il locatore di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali (Sez. 3, Sentenza n. 14365 del 14/07/2016, Rv. 640522 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 7217 del 27/03/2014, Rv. 630201 - 01).
11. A fronte della corretta applicazione di tali principi ad opera del giudice d'appello, osserva il Collegio, con il motivo in esame, il ricorrente - lungi dal denunciare l'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle norme di legge richiamate - alleghi un'erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all'esatta interpretazione delle norme di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l'aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l'eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell'erronea sussunzione giuridica di un fatto in sè incontroverso, insistendo propriamente il G. nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;
12. Nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell'epigrafe del motivo d'impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l'ubi consistam delle censure sollevate dall'odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell'interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti.
13. Si tratta, come appare manifesto, di un'argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato.
14. Ciò posto, il motivo d'impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi (Sez. 3, Sentenza n. 10385 del 18/05/2005, Rv. 581564; Sez. 5, Sentenza n. 9185 del 21/04/2011, Rv. 616892), non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall'art. 360 c.p.c., n. 5 ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell'omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.
15. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale omesso di esaminare la domanda proposta dall'odierno ricorrente nella comparsa di costituzione in appello, avente ad oggetto la dichiarazione di inefficacia del recesso della Elva s.r.l. per carenza del requisito dell'estraneità, alla relativa volontà, dei motivi di detto recesso.
16. Il motivo è infondato.
17. Al riguardo, è appena il caso di osservare come la corte territoriale abbia espressamente argomentato sul punto concernente la totale estraneità dei motivi di recesso alla volontà della società conduttrice, avendo specificamente individuato detti motivi nella gravità della crisi economica determinatasi in relazione alla collocazione geografica dell'attività commerciale svolta all'interno dell'immobile locato; crisi economica divenuta palese, e dunque riconoscibile, solo a seguito dell'originaria conclusione del contratto e altresì dell'ultimo rinnovo automatico dello stesso (cfr. pagg. 6-9 della sentenza impugnata).
18. Con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell'art. 112 c.p.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale riconosciuto il diritto della controparte di percepire somme non richieste (nè, peraltro, dovute) a titolo di interessi.
19. L'intervenuta espressa rinuncia del ricorrente (accettata dalla controparte) alla proposizione di tale motivo, ne impone la qualificazione in termini inammissibilità, attesa la sopravvenuta carenza di interesse al relativo esame.
20. Con il quinto motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 437 e 447-bis (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare l'inammissibilità della produzione documentale operata da controparte, nella specie utilizzata al fine della dimostrazione di fatti risultati concretamente incidenti sulla decisione impugnata.
21. Il motivo è infondato.
22. Al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale abbia (sia pure implicitamente) ammesso la produzione della documentazione in esame in sede d'appello ritenendola indispensabili ai fini della decisione, ai sensi dell'art. 437 c.p.c., senza che tale ammissione sia mai stata adeguatamente censurata dall'odierno ricorrente.
23. Varrà, sul punto, richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte secondo cui, nel rito del lavoro, l'acquisizione di nuovi documenti o l'ammissione di nuove prove da parte del giudice di appello rientra tra i poteri discrezionali allo stesso riconosciuti dagli artt. 421 e 437 c.p.c., e tale esercizio è insindacabile in sede di legittimità anche quando manchi un'espressa motivazione in ordine alla indispensabilità o necessità del mezzo istruttorio ammesso, dovendosi la motivazione ritenere implicita nel provvedimento adottato (Sez. 3 -, Sentenza n. 26117 del 19/12/2016, Rv. 642341 01).
24. Con il sesto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1206 e/o 1219 e/o 1590 c.c. (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale ritenuto idonea l'offerta non formale delle chiavi dell'immobile concesso in locazione a liberare la società conduttrice dell'obbligo di pagamento del canone, attesa la legittimità del motivo di rifiuto, da parte del locatore, delle chiavi riconsegnate dalla controparte.
25. Il motivo è inammissibile.
26. Osserva il Collegio come, secondo l'orientamento della giurisprudenza di questa Corte (che il Collegio condivide e fa proprio, al fine di assicurarne continuità), in tema di riconsegna dell'immobile locato, mentre l'adozione della procedura di cui all'art. 1216 c.c. e art. 1209, comma 2, c.c., rappresenta l'unico mezzo per la costituzione in mora del creditore e per provocarne i relativi effetti, l'utilizzo, da parte del conduttore, di altre modalità aventi valore di offerta reale non formale (art. 1220 c.c.), purchè serie, concrete e tempestive e semprechè non sussista un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore, benchè insufficiente a costituire in mora il locatore è tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore nell'obbligo di adempiere la prestazione, anche ai fini dell'art. 1591 c.c. (cfr. Sez. 3 -, Sentenza n. 8672 del 04/04/2017, Rv. 643704 - 01).
27. Ciò posto, avendo il giudice d'appello ritenuto la sussistenza dei ridetti requisiti di serietà, concretezza e tempestività dell'offerta, e avendo escluso il ricorso di un legittimo motivo di rifiuto dell'offerta da parte del locatore, la censura dell'odierno ricorrente deve ritenersi inammissibile, traducendosi, sostanzialmente, nella richiesta rivalutazione nel merito dei fatti sottoposti alla valutazione del giudice d'appello (segnatamente consistita nella ritenuta insussistenza di un giustificato motivo di rifiuto, da parte del locatore, della consegna delle chiavi del bene immobile oggetto di locazione), come tale non consentita in questa sede di legittimità.
28. Sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev'essere disposto il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all'attestazione della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 6.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 24 settembre 2019.
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