Disponibilità di beni all'estero: rilevante per il monitoraggio fiscale
Pubblicato il 22/11/19 00:00 [Doc.6834]
di Fisco Oggi - Agenzia delle Entrate
12 Novembre 2019
E' tenuto alla compilazione del quadro RW il contribuente che pur non essendo l'intestatario formale delle attività ha il compito fiduciario di gestirle a beneficio dell'effettivo titolare
Legittimo l'accertamento per violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale effettuato nei confronti di un soggetto che detiene beni e attività non proprie. Respinta la posizione del contribuente che affermava di aver fornito piena prova di non essere il titolare delle somme e degli investimenti.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25956 del 15 ottobre 2019, ha accolto la tesi dei giudici di merito secondo i quali la trasmissione delle istruzioni e della volontà dell'intestatario formale del patrimonio estero, comporta necessariamente una movimentazione e una disponibilità dei beni rilevante ai fini della normativa sul monitoraggio fiscale.
Nello specifico, un contribuente propone ricorso contro un avviso di accertamento per omessa dichiarazione, ai fini Ires e Irap, per gli anni 2009-2010, di investimenti detenuti all'estero. A seguito delle pronunce a lui sfavorevoli sia della Commissione tributaria di primo grado, sia della Ctr, il contribuente decide, quindi, di ricorrere in Cassazione, sulla base di quattro motivi.
Con i primi due motivi, esaminati congiuntamente dalla Suprema corte, il contribuente lamenta la mancata pronuncia della Ctr su due eccezioni da lui proposte: il difetto di sottoscrizione e la violazione dei principi cui si deve attenere l'avviso di accertamento (articolo 42, Dpr n. 600/1973).
Tali motivazioni, secondo i giudici di legittimità, devono essere respinte per violazione del criterio dell'autosufficienza. Il contribuente, infatti, avrebbe omesso di riportare puntualmente, nel ricorso, i motivi sui quali il giudice di secondo grado non si sarebbe pronunciato, in quanto si è limitato a trascrivere una parte generica dell'atto di gravame. La Cassazione, al riguardo, ricorda la disposizione contenuta nel decreto legislativo sul processo tributario, secondo cui le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado che non sono specificamente riproposte in appello si intendono rinunciate (articolo 56, Dlgs n. 546/1992). La Corte, infatti, deve essere messa in condizioni di verificare che le questioni non siano nuove e di valutare la fondatezza dei motivi. Non basta quindi il generico richiamo del complessivo contenuto degli atti.
Con il terzo motivo, secondo il ricorrente, la Ctr avrebbe omesso di rilevare che egli aveva fornito piena prova di non essere il titolare delle somme provenienti dagli investimenti esteri. Anche questo motivo, a giudizio della Corte, è inammissibile in quanto la doglianza per omessa valutazione di un documento deve essere supportata da un resoconto completo del contenuto dello stesso, oltre che dal luogo in cui ne è avvenuta la produzione, elementi che sono stati, invece, trascurati dal ricorrente (vedi anche Cassazione, sentenze nn. 23575/2015 e 5478/2018).
Con il quarto motivo, l'imputato denuncia violazione e falsa applicazione dell'articolo 2727 del codice civile perché i giudici di secondo grado avrebbero, sulla base di una presunzione, erroneamente ritenuto "fatto noto" la detenzione delle attività finanziarie all'estero.
Secondo la Ctr il fatto che lo stesso contribuente abbia riconosciuto di aver trasmesso istruzioni e rappresentato la volontà dell'effettivo titolare delle attività, integra una vera e propria movimentazione degli investimenti e delle attività finanziarie detenute all'estero.
In conclusione, la Corte di cassazione, nell'ordinanza in esame, ha ribadito il principio che l'obbligo di dichiarazione (articolo 4, Dl n. 167/1990) sussiste non solo per l'intestatario formale e il beneficiario effettivo di investimenti o attività finanziarie estere, ma anche per il soggetto che abbia la disponibilità di fatto di somme di denaro, con il compito fiduciario di movimentarle a beneficio del vero titolare. Secondo la norma il concetto di "detenzione" include anche le situazioni in cui di dispone di beni nell'interesse altrui (Cassazione, sentenze nn. 9320/2003 e 26848/2014).
Sulla base di queste considerazioni i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso del contribuente e lo hanno condannato al pagamento delle spese legali.
© Riproduzione Riservata