Il contratto di docenza tra la parte e il suo avvocato non pregiudica il requisito di indipendenza
Pubblicato il 05/02/20 08:21 [Doc.7163]
di Redazione IL CASO.it


Corte di giustizia dell'Unione europea
COMUNICATO STAMPA n. 11/20
Lussemburgo, 4 febbraio 2020
Sentenza nelle cause riunite C-515/17 P e C-561/17 P Uniwersytet Wroc?awski e Polonia / Agenzia esecutiva per la ricerca (REA )

Il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel dichiarare che l'esistenza di un contratto di docenza tra una parte e il suo avvocato pregiudica il requisito di indipendenza del rappresentante in giudizio dinanzi agli organi giurisdizionali dell'Unione

La Corte annulla quindi l'ordinanza impugnata Nella sentenza Uniwersytet Wroc?awski e Polonia/REA (cause riunite C-515/17 P e C-561/17 P), pronunciata il 4 febbraio 2020, la Corte, riunita in Grande Sezione, ha annullato l'ordinanza del Tribunale dell'Unione europea1 che aveva respinto in quanto manifestamente irricevibile il ricorso proposto dall'università di Breslavia avverso talune decisioni dell'Agenzia esecutiva per la ricerca (REA) per il motivo che il consulente giuridico che rappresentava tale università non soddisfaceva il requisito dell'indipendenza posto dallo Statuto 2 della Corte di giustizia dell'Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»). Nell'ambito di un programma di ricerca, la REA ha stipulato con l'università di Breslavia una convenzione di sovvenzione. Tuttavia, è risultato che l'università non rispettava le disposizioni di tale convenzione, di modo che la REA ha posto fine a detta convenzione e ha inviato tre note di addebito che l'università di Breslavia ha versato. L'università di Breslavia ha successivamente proposto un ricorso dinanzi al Tribunale diretto, in particolare, all'annullamento delle decisioni della REA che risolvevano la convenzione di sovvenzione e la obbligavano a rimborsare una parte delle sovvenzioni versate. Poiché il consulente giuridico che rappresentava l'università era vincolato a quest'ultima da un contratto di docenza, il Tribunale ha respinto tale ricorso in quanto manifestamente irricevibile. Investita di impugnazioni proposte dall'università di Breslavia (causa C-515/17 P) e dalla Repubblica di Polonia (causa C-561/17 P), la Corte ha ricordato che l'articolo 19 dello Statuto comprende due condizioni distinte e cumulative per quanto riguarda la rappresentanza, nell'ambito di ricorsi diretti proposti dinanzi agli organi giurisdizionali dell'Unione, di una parte non contemplata dai primi due commi di tale articolo. La prima 3 impone l'obbligo per una siffatta parte di essere rappresentata dinanzi agli organi giurisdizionali dell'Unione da un «avvocato». La seconda 4 prevede che l'avvocato che rappresenta tale parte debba essere abilitato al patrocinio dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno Stato membro o di un altro Stato parte contraente dell'accordo sullo Spazio economico europeo (SEE). Rilevando che la seconda condizione era rispettata dal consulente giuridico dell'università di Breslavia, la Corte ha esaminato se la prima condizione fosse soddisfatta nel caso di specie. Essa ha anzitutto ricordato che, in assenza di rinvio al diritto nazionale degli Stati membri, occorreva interpretare la nozione di «avvocato» di cui all'articolo 19 dello Statuto in modo autonomo e uniforme tenendo conto non soltanto del tenore letterale di tale disposizione, ma anche del suo contesto e del suo scopo. A tal riguardo, essa ha sottolineato che, conformemente 1 Ordinanza del 13 giugno 2017, Uniwersytet Wroc?awski/REA (T-137/16, non pubblicata). 2 Articolo 19 dello Statuto. 3 Enunciata al terzo comma dell'articolo 19 dello Statuto. 4 Enunciata al quarto comma dell'articolo 19 dello Statuto. www.curia.europa.eu al tenore letterale di tale articolo, una «parte» non contemplata dai primi due commi dello stesso articolo non è autorizzata ad agire in prima persona dinanzi a un organo giurisdizionale dell'Unione, ma deve ricorrere ai servizi di un terzo, e più precisamente di un avvocato, contrariamente alle parti menzionate ai primi due commi, le quali possono, dal canto loro, essere rappresentate da un agente. La Corte ha precisato che lo scopo dell'incarico di rappresentanza da parte di un avvocato di cui all'articolo 19 dello Statuto consiste soprattutto nel tutelare e nel difendere al meglio gli interessi del mandante, in piena indipendenza nonché nel rispetto della legge e delle norme professionali e deontologiche. Essa ha ricordato che la nozione di «indipendenza dell'avvocato», nel contesto specifico di tale articolo dello Statuto, è definita non soltanto in negativo, vale a dire nel senso di mancanza di un rapporto d'impiego, ma anche in positivo, ossia mediante un riferimento alla disciplina professionale. In tale contesto, il dovere di indipendenza che incombe all'avvocato va inteso come l'assenza non già di qualsiasi legame con il proprio cliente, bensì di legami che pregiudichino manifestamente la sua capacità di svolgere il proprio incarico difensivo servendo al meglio gli interessi del cliente. La Corte ha ricordato, a tal riguardo, che non è sufficientemente indipendente dalla persona giuridica che rappresenta l'avvocato investito di competenze amministrative e finanziarie rilevanti all'interno di tale persona giuridica, che collocano la sua funzione a un elevato livello esecutivo all'interno della stessa, in modo tale da compromettere la sua qualità di terzo indipendente, l'avvocato che occupi alte cariche dirigenziali in seno alla persona giuridica che rappresenta, o ancora l'avvocato che possieda azioni della società che rappresenta e di cui presiede il consiglio di amministrazione. Tuttavia, non può essere equiparata a situazioni del genere quella in cui il consulente giuridico non solo non si occupava della difesa degli interessi dell'università di Breslavia nell'ambito di un vincolo di subordinazione con quest'ultima, ma, inoltre, era semplicemente legato a tale università da un contratto avente ad oggetto incarichi di docenza. Secondo la Corte, un tale legame non è sufficiente a far ritenere che il consulente giuridico in parola si trovasse in una situazione manifestamente lesiva della sua capacità di difendere al meglio, in piena indipendenza, gli interessi del suo cliente. Di conseguenza, la Corte ha considerato che il Tribunale aveva commesso un errore di diritto nel dichiarare che la semplice esistenza, tra l'università di Breslavia e il consulente giuridico che la rappresentava, di un contratto di diritto civile vertente su incarichi di docenza poteva influire sull'indipendenza di tale consulente a motivo dell'esistenza di un rischio che il suo parere professionale fosse, almeno in parte, influenzato dal suo ambiente professionale. Pertanto, la Corte ha annullato l'ordinanza impugnata e ha rinviato la causa dinanzi al Tribunale.


© Riproduzione Riservata