Notifica di atti al collega di altro studio incaricato di riceverli
Pubblicato il 02/07/20 08:33 [Doc.7799]
di Redazione IL CASO.it


E' ragionevole ritenere che, pur nella situazione di esistenza di due studi in interni diversi dello stesso stabile, il collega dell'interno limitrofo possa essere officiato di ricevere atti, se questo suo manifestarsi come addetto è localizzato nel luogo in cui la notifica deve essere eseguita.

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Corte di Cassazione, sez. VI Civile, 30 giugno 2020, n. 12985. Presidente Frasca. Relatore Porreca.

Fatto
La A. Trasporti s.r.l., concessionaria del servizio di trasporto locale della Regione A., proponeva ricorso al TAR avvero la delibera della Giunta regionale che determinava i contributi di esercizio per gli anni dal 2001 al 2005, lamentando la violazione del Reg. comunitario n. 1191 del 1969, in relazione al mancato riconoscimento di compensazioni economiche da ritenere previste dalla normativa sovranazionale;
il Tribunale Amministrativo Regionale accoglieva la domanda disattendendo l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Regione intimata;
il Consiglio di Stato in sede di gravame riformava la decisione di prime cure e dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, escludendo si fosse in presenza di accordi sostitutivi di procedimento e ritenendo che si trattasse di comune controversia sulla compensazione del canone di concessione di linee di trasporto regionale, in considerazione dell'allegata non remuneratività delle tariffe;
questa Corte, a Sezioni Unite, rigettava il ricorso in punto di giurisdizione;
in sede di riassunzione il Tribunale ordinario rigettava la domanda;
la Corte di appello dichiarava a sua volta inammissibile l'appello per tardività;
avverso questa decisione ricorre per cassazione la A. Trasporti s.r.l. sulla base di un unico motivo, corredato da memoria;
resiste con controricorso la Regione A..

Diritto
con l'unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell'art. 140, c.p.c., e della L. n. 890 del 1982, art. 7, poiché la Corte di appello avrebbe errato dando rilievo all'avviso di ricevimento postale attestante la ricezione dell'atto da persona qualificatasi collega, che tale era ma di differente studio professionale finitimo, come provato dal certificato del locale Consiglio dell'Ordine e dal relativo contratto di locazione, sì che doveva escludersi la qualità di soggetto al servizio del domiciliatario e come tale addetto alla ricezione degli atti;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c.;
Rilevato che:
il ricorso, ad avviso del Collegio, è complessivamente infondato nel merito cassatorio;
parte ricorrente afferma, come visto, che il ricevente la notifica in discussione sarebbe stato collega titolare dello studio professionale "adiacente", e come tale "incompatibile con l'essere al servizio del destinatario addetto alla ricezione delle notificazioni" (pag. 8);
peraltro nel ricorso non viene riprodotto il contenuto di tali atti, in frizione con l'art. 366 c.p.c., n. 6;
in memoria la medesima parte ritiene che non vi sia violazione, sul punto, non avendo la sentenza messo in dubbio le relative circostanze ed essendosi fondata solo, e invece, sulle risultanze dell'avviso di ricevimento valutate come cristallizzate dalla mancata impugnativa di falso: deve diversamente rilevarsi che l'impossibilità di apprezzare la potenziale decisività dei documenti piuttosto che fondare sugli stessi, quali affermati, improprie conclusioni in fatto, risulta incoerente con la prescrizione menzionata che ha la precisa finalità d'implementare l'idonea specificità della censura articolata;
ciò posto, in primo luogo l'avviso di ricevimento, fidefacente di quanto (in questo caso) l'agente postale ha ascoltato dal soggetto ricevente e di quanto ha constatato "in loco", non riporta solo la dicitura "collega", che costituisce anzi la specifica di quella precedente (per indicazione "spuntata" sul modello di avviso di ricevimento) di soggetto "al servizio del destinatario addetto alla ricezione delle notificazioni";
in questa cornice il fatto che la dicitura "collega" sia aggiunta di pugno dall'agente postale è irrilevante, difformemente da ciò che sollecita in memoria parte ricorrente che vorrebbe assertivamente "scremare", scomponendola, la grafica manuale da quella prestampata invece avallata in modo equipollente dalla prima e, come tale, correttamente apprezzata dal giudice del merito;
in secondo luogo, la decisione gravata ha rilevato che dalla qualificazione professionale del soggetto ricevente dell'atto, doveva inferirsi che si trattava di persona "ben consapevole degli effetti delle dichiarazioni rese all'agente postale in sede di notifica di atti giudiziari" (pag. 4 della decisione);
la persona addetta alla ricezione degli atti potrebbe ben essere anche, contestualmente, titolare di uno studio professionale adiacente (in questo senso correttamente la difesa erariale menziona la fattispecie diversa ma sistematicamente contigua di Cass., 13/07/2018, n. 18716, secondo cui ai sensi dell'art. 139 c.p.c., comma 2, la validità della notificazione a persona di famiglia non postula necessariamente un rapporto di convivenza con il destinatario dell'atto - intesa, "strictu sensu", come appartenenza allo stesso nucleo familiare - poiché l'espressione usata dalla norma comprende non soltanto ogni persona in rapporto di stabile convivenza con il destinatario ma anche i soggetti a lui legati da vincoli di parentela comportanti diritti e doveri reciproci e, con questi, la presunzione che l'atto sarà da essi subito consegnato al destinatario: ne consegue che, nel caso in cui la persona di famiglia, reperita dall'ufficiale giudiziario nella casa d'abitazione del destinatario, accetti di ricevere l'atto senza riserve, la validità della notificazione può essere esclusa soltanto se il destinatario, il quale neghi di avere ricevuto l'atto, dia la dimostrazione che la presenza in casa del familiare era del tutto occasionale e momentanea, non essendo invece sufficiente ad inficiare la validità della notificazione dell'atto da lui ricevuto la prova di una diversa residenza anagrafica);
in altri termini è ragionevole assumere che, pur nella situazione di esistenza di due studi in interni diversi dello stesso stabile, il collega dell'interno limitrofo possa essere officiato di ricevere atti, se questo suo manifestarsi come addetto è localizzato nel luogo in cui la notifica doveva farsi;
nè parte ricorrente dice alcunché sull'esservi, a corredo dell'avviso piuttosto che sullo stesso, un'indicazione specifica dell'interno e sull'essere avvenuta, la consegna, presso l'interno del collega;
e nulla allega, la stessa parte, sul come il difensore della stessa sia venuto in possesso dell'atto e sul se tale momento si sia collocato oltre il termine utile per appellare, sicché, posto il principio dell'idoneità al raggiungimento dello scopo, seppure la consegna in parola fosse stata idonea a dare luogo a una nullità, parte ricorrente avrebbe dovuto idoneamente dedurre, ai fini della possibile concludenza della censura, che l'appello era stato proposto entro trenta giorni da quel momento;
la difesa erariale si è costituita tardivamente, ma in ragione della nullità della notificazione, perché avvenuta all'Avvocatura Distrettuale: spese dunque secondo soccombenza.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali della controricorrente liquidate in Euro 22.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Dep. 30 giugno 2020.


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