Prestito contro cessione del quinto e sentenza Lexitor
Pubblicato il 11/02/21 08:33 [Doc.8645]
di Redazione IL CASO.it


Il giudice nazionale è tenuto a offrire una interpretazione conforme al diritto europeo dell'art. 125 sexies TUB e pertanto, nel caso di estinzione anticipata del contratto di prestito contro cessione del quinto, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutti i costi connessi alla erogazione del credito, ivi compresi quelli che non dipendono dalla durata del contratto, (cd. upfront), in proporzione alla vita residua del negozio.

* * *
Tribunale di Mantova, 2 febbraio 2021. Giudice Francesca Arrigoni.
omissis
Il GI
a scioglimento della riserva assunta all'udienza odierna,
ha pronunciato la seguente
Ordinanza ex art. 702 ter c.p.c.
Sintesi delle questioni
Banca * ricorse ex art. 702 c.p.c. contro A.B. chiedendo l'accoglimento delle seguenti conclusioni:
"Voglia l'Ecc.mo Tribunale di Mantova, in accoglimento delle domande attrici:
- accertare e dichiarare la non applicabilità, a tutti i contratti oggetto del presente ricorso, della sentenza della Corte di Giustizia, resa in data 11 settembre 2019 nella causa C-383/2018 e, per l'effetto:
- accertare e dichiarare la validità ed efficacia della clausola contrattuale (meglio descritta in narrativa) che disciplina l'estinzione anticipata del rapporto n. 316300;
- accertare e dichiarare la validità ed efficacia della clausola contrattuale (meglio descritta in narrativa) che disciplina l'estinzione anticipata del rapporto n. 354099;
- accertare e dichiarare la correttezza della quantificazione effettuata dalla Banca (nel rispetto di quanto contrattualmente pattuito e normativamente previsto), in data 15 ottobre 2015 dell'"importo dovuto a saldo" di cui al conteggio estinzione anticipata prodotto relativo al rapporto n. 316300;
- accertare e dichiarare la correttezza della quantificazione effettuata dalla Banca (nel rispetto di quanto contrattualmente pattuito e normativamente previsto), in data 17 febbraio 2014 dell'"importo dovuto a saldo" di cui al conteggio estinzione anticipata prodotto relativo al rapporto n. 354099;
- per l'effetto, accertare e dichiarare che nessun'altra somma, rispetto a quanto già rimborsato alla sig.ra A.B., dovrà essere a quest'ultima restituita, a qualsivoglia titolo inerente ai rapporti de quo, da "Banca *" e, dunque, accertare e dichiarare l'inesistenza di alcun diritto di credito dell'odierna convenuta nei confronti della qui concludente per effetto dell'estinzione anticipata di tutte e due i finanziamenti;
- in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui la Banca fosse tenuta a rimborsare somme ulteriori rispetto a quelle già corrisposte, circoscrivere l'importo dovuto a quello già offerto in sede di reclamo, rifiutato dalla sig.ra A.B. pari a Euro 1.552,17 in relazione al rapporto n. 316300 ed Euro 727,68 con riferimento al rapporto n. 354099;
- in via gradatamente subordinata, qualora venisse accertato l'obbligo della Banca di rimborsare somme ulteriori e diverse da quelle già offerte in sede di reclamo, decurtare dall'importo individuato quanto già rimborsato al cliente a titolo di commissioni di gestione per la complessiva somma di Euro 2.258,54, di cui Euro 1.501,33 in relazione al contratto n. 316300 ed Euro 757,21 in relazione al contratto n. 354099, nonché, quanto rimborsato al cliente dalla Compagnia di Assicurazione per complessivi Euro 96,43 di cui Euro 82,25 in relazione al rapporto n. 316300 ed Euro 14,18 con riferimento al rapporto n. 354099;
- con compensazione delle spese, competenze ed onorari."
La ricorrente deduceva, tra l'altro:
1. la stipula inter partes in data 1/9/2011 di contratto di prestito contro cessione del quinto dello stipendio, n. 316300, estinto anticipatamente in data 31/10/2015, per la somma al lordo di euro 36.000,00 da restituire in 120 rate mensili: al momento dell'erogazione del finanziamento, come previsto dal prospetto economico del contratto di finanziamento la sig.ra A.B. versava alla Banca i seguenti importi:
• Euro 300,00 a titolo di spese di istruttoria;
• Euro 1.260,00 a titolo di commissioni di attivazione;
• Euro 4.370,57 a titolo di commissioni di gestione;
• Euro 186,12 a titolo di premio assicurativo;
• Euro 80,48 a titolo di oneri erariali;
• Euro 3.132,00 a titolo di spese di intermediazione.
2. che, a seguito della richiesta di estinzione anticipata del mutuo, in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 125 sexies D. Lgs. n. 385/1993, la esponente provvedeva a rimborsare alla sig.ra A.B., la somma di Euro 2.630,34, a titolo di quota interessi non maturati al T.A.N. contrattuale, nonché la somma di Euro 1.501,33, a titolo di commissioni di gestione non maturate;
3. la stipula inter partes in data 2/9/2011 di contratto di finanziamento con delega a pagare su quote dello stipendio, n. 354099, estinto anticipatamente in data 28/2/2014, per la somma lorda di euro 14688,00 da restituire in 72 rate mensili: al momento dell'erogazione del finanziamento, come previsto dal prospetto economico del contratto di finanziamento (cfr. doc. 04 - già citato), la sig.ra A.B. versava alla Banca, oltre agli interessi al TAN del 4,50% (pari a Euro 1.836,82), i seguenti importi:
• Euro 300,00 a titolo di spese di istruttoria;
• Euro 443,27 a titolo di commissioni di attivazione;
• Euro 2.234,12 a titolo di commissioni di gestione;
• Euro 113,55 a titoli di premio assicurativo;
• Euro 40,24 a titolo di oneri erariali;
• Euro 293,76 a titolo di spese di intermediazione.
4. che, a seguito della richiesta di estinzione anticipata del mutuo intervenuta, come detto, in data 28 febbraio 2014, Banca * - in ottemperanza a quanto previsto dall'art. 125 sexies D. Lgs. n. 385/1993 - provvedeva a rimborsare alla sig.ra A.B., la somma di Euro 684,68, a titolo di quota interessi non maturati al T.A.N. contrattuale, nonché la somma di Euro 757,21, a titolo di commissioni di gestione non maturate;
5. che in relazione ai finanziamenti descritti, la sig.ra A.B., con lettera trasmessa all'Ufficio Reclami di Banca * in data 16 ottobre 2019, richiedeva un ulteriore rimborso degli oneri asseritamente non maturati a seguito dell'estinzione anticipata dei finanziamenti in parola e in riscontro alla suddetta richieste di rimborso, l'Ufficio Reclami della deducente, in data 21 ottobre 2019, all'esito degli accertamenti espletati, avendo verificato il rispetto della normativa vigente in materia di trasparenza bancaria, oltre alla corretta salvaguardia dei diritti posti a tutela del consumatore, comunicava al cliente il parziale accoglimento dei suddetti reclami con contestuale offerta della somma di Euro 1.552,17, quanto al contratto n. 316300, ed Euro 727,68 in relazione al contratto n. 354099;
6. che, non condividendo le censure svolte dalla scrivente in sede reclamo, rifiutati i rimborsi offerti dalla scrivente, la sig.ra A.B. presentava ricorso dinanzi all'Arbitro Bancario e Finanziario, il quale facendo proprio il principio di diritto espresso dalla Corte di Giustizia Europea nella sentenza dell'11 settembre 2019, pronunciata nella causa C-383/18, accoglieva parzialmente il ricorso presentato dalla sig.ra A.B., condannando la Banca al pagamento, in favore del ricorrente, in relazione ai sopra descritti contratto di finanziamento, della somma complessiva di Euro 4.336,85 oltre rimborso delle spese per la presentazione del ricorso:
7. la inapplicabilità, al caso di specie, (e in generale all'interno dell'ordinamento italiano) della sentenza della Corte di Giustizia Europea dell'11 settembre 2019, resa nella causa C-383/2018, ribadendosi: - che la Direttiva 2008/48/CE non è self executing; - la non applicabilità della sentenza della CGUE ai casi di ripetizione degli oneri derivati dall'estinzione anticipata dei contratti di cessione del quinto dello stipendio; - il legittimo affidamento della Banca, la quale per la stipula dei contratti si è basata sulla normativa vigente, nonché sui provvedimenti della Banca d'Italia; - la differenza tra gli obiettivi cui mirava la Direttiva 2008/48/CE e quelli "raggiunti" dalla Corte di Giustizia; - in subordine, la necessità di un secondo rinvio pregiudiziale alla CGUE per chiarimenti; - il corretto adempimento dei principi e degli obblighi di trasparenza e la validità ed efficacia della clausola contrattuale che disciplina l'estinzione anticipata del finanziamento, prevedendo la restituzione proporzionale delle spese "recurring'' partitamente indicate (e non di quelle cd. "up front"); - la correttezza del conteggio eseguito dalla Banca in sede di estinzione anticipata del finanziamento.
Si costituì in data 22/2/2021 la resistente così concludendo:
Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis previ gli incombenti del caso, in accoglimento dei motivi su esposti,
Nel merito, in via principale:
respingere in toto le domande avversarie formulate da Banca *., in quanto infondate in fatto e in diritto per le ragioni esposte in narrativa;
Nel merito, in via riconvenzionale, previo eventuale accertamento della nullità per violazione di norma imperativa e/o della vessatoria delle clausole contrattuali di cui in atti;
- accertare e dichiarare comunque l'indebito arricchimento perpetrato dalla ricorrente in sede di estinzione anticipata dei finanziamenti in oggetto per i motivi di cui in atti e, conseguentemente, condannarla a risarcire il danno patrimoniale patito versando all'esponente l'importo complessivo di €. 5.200,00 o la diversa somma liquidanda in corso di causa oltre rivalutazione eventuale ed interessi 1284 co.4 c.c.
In ogni caso:
con il favore delle spese, onorari e competenze del giudizio, oltre 15% spese generali, IVA e CPA e successive occorrende come per legge.
La sig.ra A.B., dopo aver ricostruito le vicende in fatto, contestò partitamente quanto dedotto da controparte, e chiese in via riconvenzionale la condanna di controparte al pagamento delle somme ritenute dovute ovvero di euro 5235,02, limitate ad euro 5.200,00, maggiorate di interessi.
La udienza di discussione venne fissata mediante trattazione scritta ex art. 1/3 del D.L. 125/20, 221 del D.L. 34 conv dalla L. 77/2020 e 23 del dl 137/2020 nonché sulla base delle direttive della Presidenza del Tribunale di Mantova in data 8/9/2020, con termine per note sino a 5 giorni prima della udienza fissata per il 2/2/2021.
Parte ricorrente depositava le proprie note in data 26/1/2021 contestando gli assunti di controparte e chiedendo che la causa venisse trattenuta in decisione con termine per il deposito di note conclusive o, in subordine, che la stessa venisse rinviata per la precisazione delle conclusioni; controparte depositava le proprie note in data 28/1/2021, insistendo nelle eccezioni svolte e dando atto che, per mero errore materiale, nella propria comparsa di costituzione e risposta non erano state conteggiate le somme effettivamente corrisposte medio tempore dalla ricorrente a titolo di rimborso dei premi assicurativi anticipatamente versati in relazione ad entrambi i contratti: chiese quindi di trattenere la causa in decisione data la sua natura documentale, insistendo per l'accoglimento delle proprie domande, anche in via riconvenzionale (riducendo tale pretesa a euro €. 5.138,59).
Ragioni in fatto e in diritto
La natura documentale della controversia, tanto della domanda principale quanto di quella svolta in via riconvenzionale, sono compatibili con l'istruzione sommaria propria del rito esperito, con la precisazione che la causa viene decisa conformemente a quanto richiesto dalla resistente senza l'assegnazione di termine per ulteriori note, non previste dal rito e non richieste dal principio del contraddittorio, avendo le parti già controdedotto nelle rispettive note di trattazione scritta.
Ciò premesso, la presente controversia verte sulla nota questione della applicabilità o meno della sentenza cd. Lexitor ai due finanziamenti contro cessione del quinto di cui è causa: si tratta di questione ancora oggetto di acceso contenzioso, in via di tendenziale superamento attese le modifiche dei condizioni generali di contratto medio tempore adottate dagli intermediari finanziari, sulla quale all'orientamento adottato dal Collegio di coordinamento dell'ABF nella decisione 11 dicembre 2019, n. 2625, (che ha mutato il proprio precedente orientamento dando risposta positiva al quesito), si affiancano numerose recenti decisioni della giurisprudenza di merito orientate nella medesima direzione , che vanno a superare le più risalenti (e invero più isolate) decisioni di segno opposto , (tra le quali se ne annovera una di questo Tribunale), per la gran parte anteriori all'intervento della Banca di Italia e al revirement dell'ABF.

Il quadro normativo
L'art. 16, par. 1, della Direttiva 23/8/2008 n. 2008/48 (c.d. seconda Direttiva sul credito al consumo) dispone che "Il consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto".
Il d.lgs. 13/8/2010 n. 141 ha trasposto nell'ordinamento italiano la predetta Direttiva 2008/48, tra l'altro introducendo l'art. 125 sexies TUB, che prevede "Il consumatore puo' rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l'importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto".
La lettura offerta dalla Banca d'Italia di tale disposizione, sin dalle Disposizioni sulla trasparenza del 9.2.2011, è stata volta a distinguere tra le commissioni relative a prestazioni non rimborsabili (per esempio le spese d'istruttoria o di stipula del contratto) (c.d. up front), e quelle (c.d. recurring) volte a coprire i rischi trattenuti (rischi di credito e di liquidita' connessi con le garanzie prestate, quali ad esempio quella del 'non riscosso per riscosso') e gli oneri la cui maturazione e' intrinsecamente connessa con il decorso del finanziamento (ad esempio, la gestione degli incassi e dei sinistri)", con l'effetto che risulterebbe fondamentale operare una distinzione, sin dalla fase di stipula del contratto di finanziamento, tra i costi cd up front e quelli cd recurring (atteso che solo questi ultimi saranno restituiti, proporzionalmente alla quota non ancora maturata, nell'ipotesi di estinzione anticipata).
La decisione della Corte di Giustizia
In tale contesto si inserisce la sentenza della Corte di Giustizia dell'11/9/2019 nella causa C - 383/18 (c.d. sentenza Lexitor) che ha, invece, dichiarato: "L'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore".
Il giudice del rinvio chiedeva se il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato di quest'ultimo, contemplato all'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, riguardasse anche i costi che non dipendono dalla durata del contratto e, ritenendo che tale articolo debba essere interpretato nel senso che la riduzione del costo totale del credito include i costi che non dipendono dalla durata del contratto (interpretazione osteggiata da parte della giurisprudenza polacca), sottoponeva alla Corte di Giustizia il seguente quesito pregiudiziale: "Se la disposizione contenuta nell'articolo 16, paragrafo 1, in combinato disposto con l'articolo 3, lettera g), della direttiva [2008/48], debba essere interpretata nel senso che il consumatore, in caso di adempimento anticipato degli obblighi che gli derivano dal contratto di credito, ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, compresi i costi il cui importo non dipende dalla durata del contratto di credito in questione".
La Corte di Giustizia evidenziava innanzitutto che l'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, letto alla luce del considerando 39 di quest'ultima, prevede il diritto per il consumatore di procedere al rimborso anticipato del credito e di beneficiare di una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto. Il "costo totale del credito", ai sensi dell'articolo 3, lettera g), di detta direttiva e' definito come l'insieme di tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il soggetto concedente il credito e' a conoscenza, escluse le spese notarili. Tale definizione non contiene dunque alcuna limitazione relativa alla durata del contratto di credito in questione.
A questo proposito, la Corte prospettava più ipotesi interpretative della presenza nell'art. 16 del riferimento alla "restante durata del contratto": potrebbe essere interpretata tanto nel senso che essa significa che i costi interessati dalla riduzione del costo totale del credito sono limitati a quelli che dipendono oggettivamente dalla durata del contratto oppure a quelli che sono presentati dal soggetto concedente il credito come riferiti ad una fase particolare della conclusione o dell'esecuzione del contratto, quanto nel senso che essa indica che il metodo di calcolo che deve essere utilizzato al fine di procedere a tale riduzione consiste nel prendere in considerazione la totalità dei costi sopportati dal consumatore e nel ridurne poi l'importo in proporzione alla durata residua del contratto.
Secondo la CGUE, l'analisi comparativa delle diverse versioni linguistiche dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 non consentiva di stabilire la portata esatta della riduzione del costo totale del credito prevista da tale disposizione .
Tuttavia, conformemente a una consolidata giurisprudenza della Corte, la disposizione suddetta andava interpretata non soltanto sulla base del suo tenore letterale, ma anche alla luce del contesto nonché degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte.
Per quanto riguardava il contesto, la sentenza in esame precisava che l'articolo 8 della direttiva 87/102, che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/48, stabiliva che il consumatore, "in conformita' alle disposizioni degli Stati membri, (…) deve avere diritto a una equa riduzione del costo complessivo del credito" e che l'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 ha concretizzato il diritto del consumatore ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di "equa riduzione" quella, più precisa, di "riduzione del costo totale del credito" e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare "gli interessi e i costi".
L'obiettivo della direttiva 2008/48, come ribadito da consolidata giurisprudenza della Corte, era quello di garantire un'elevata protezione del consumatore, fondato sull'idea secondo cui il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di negoziazione che il livello di informazione.
E al fine di garantire tale protezione, poi, l'articolo 22, paragrafo 3, della direttiva 2008/48 impone agli Stati membri di provvedere affinché le disposizioni da essi adottate per l'attuazione di tale direttiva non possano essere eluse attraverso particolari formulazioni dei contratti.
Pertanto l'effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che, come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 54 delle sue conclusioni, i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca e che la fatturazione di costi può includere un certo margine di profitto.
Inoltre, proseguiva la Corte, come sottolineato dal giudice del rinvio, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto.
Ancora, come pure sottolineato dall'avvocato generale ai paragrafi 53 e 55 delle sue conclusioni, il margine di manovra di cui dispongono gli istituti creditizi nella loro fatturazione e nella loro organizzazione interna rende, in pratica, molto difficile la determinazione, da parte di un consumatore o di un giudice, dei costi oggettivamente correlati alla durata del contratto.
Infine, la Corte concluse che il fatto di includere nella riduzione del costo totale del credito i costi che non dipendono dalla durata del contratto non è di per sé idoneo a penalizzare in maniera sproporzionata il soggetto concedente il credito, atteso che da un lato gli interessi di quest'ultimo vengono presi in considerazione tramite l'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 2008/48, il quale prevede, a beneficio del mutuante, il diritto ad un indennizzo per gli eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, e, dall'altro lato, tramite l'articolo 16, paragrafo 4, della medesima direttiva, che offre agli Stati membri una possibilità supplementare di provvedere affinché l'indennizzo sia adeguato alle condizioni del credito e del mercato al fine di tutelare gli interessi del mutuante. Senza considerare poi che nel caso di un rimborso anticipato del credito il mutuante recupera in anticipo la somma data a prestito, sicché quest'ultima diventa disponibile per la conclusione, eventualmente, di un nuovo contratto di credito.
A fronte di tale intervento della Corte, la Banca di Italia, con comunicazione 4 dicembre 2019, affermava che "con riguardo ai nuovi contratti di credito ai consumatori (ivi compresi quelli di finanziamento contro cessione del quinto dello stipendio o della pensione) in caso di rimborso anticipato dovrà essere assicurata la riduzione del costo totale del credito includendo tutti i costi a carico del consumatore, escluse le imposte. (omissis) Nel caso in cui il cliente eserciti il diritto al rimborso anticipato di finanziamenti in essere, (che è quello del presente giudizio) gli intermediari sono chiamati a determinare la riduzione del credito includendo tutti i costi a carico del consumatore, escluse le imposte. Quanto ai costi chiaramente definiti e indicati nei contratti come non rimborsabili in caso di estinzione anticipata (cc.dd. upfront) la Banca di Italia rimette al prudente apprezzamento degli intermediari la determinazione del criterio di rimborso; dovrà in ogni caso trattarsi di un criterio proporzionale rispetto alla durata (ad esempio lineare oppure costo ammortizzato)…"
La applicabilità della decisione alla presente fattispecie
Gli argomenti sostenuti dalle più risalenti decisioni di merito che hanno ritenuto la non applicabilità della sentenza LEXITOR, sopra riportate, partitamente richiamati dalla odierna ricorrente, alla luce degli sviluppi più recenti e per le ragioni che seguono, non possono essere condivisi.
Sostiene la odierna ricorrente che detta sentenza non sarebbe applicabile nella misura in cui la direttiva 2008/48/CE non è self executing: come già condivisibilmente evidenziato nella giurisprudenza di merito più recente , trattasi di argomento inconferente nella misura in cui tale direttiva è già stata trasposta nel diritto nazionale attraverso il d.lgs 141/2010 (e la introduzione dell'art.. 125 sexies TUB), norma peraltro introdotta prima della stipula dei contratti di cui è causa, non ponendosi peraltro neppure un problema si successione di norme nel tempo.
Tale disposizione normativa integra trasposizione della sopra richiamata direttiva.
E, come ribadito dalla giurisprudenza di merito citata, "l'obbligo di interpretazione conforme rappresenta un corollario del principio di leale cooperazione e, in particolare, dell'obbligo degli stati membri di "adottare ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione" (art. 4 par. 3 Trattato UE). Destinatari di quest'obbligo sono "tutti gli organi degli stati membri ivi compresi, nell'ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali. Ne consegue che nell'applicare il diritto nazionale, e in particolare la legge nazionale espressamente adottata per l'attuazione della direttiva [..], il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato" (Corte di giustizia UE 10.4.1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann e molte altre conformi)".
E' vero che l'obbligo di interpretazione conforme non può spingersi al punto di imporre un'interpretazione contra legem, ma nel presente giudizio è evidente che tra le varie interpretazioni della norma ne esiste una compatibile, ove la direttiva prevede la riduzione "che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto", mentre la norma interna si riferisce a una riduzione "pari all'importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto", ove pari può essere letto nel senso di "corrispondente".
Senza dimenticare, poi, il monito della Corte di giustizia (punto 26 della sentenza) verso una interpretazione coerente con gli obiettivi della direttiva, come sopra descritti, senza fermarsi ad una interpretazione letterale.
Né rileva il fatto che i rapporti esaminati dalla Corte di Giustizia integrassero diverse tipologie negoziali (segnatamente mutui caratterizzati da una unica voce di costo non connessa alla durata del piano, oltre agli interessi, come sostiene l'odierno ricorrente) rispetto ai prestiti contro cessione del quinto di cui è causa, che prevedono un'ampia gamma di voci di costo connesse alla durata del prestito, oltre a una dettagliata una regolamentazione pattizia di quali fossero le voci upfront non rimborsabili e quelle recurring che sarebbero state ristorate.
Risulta infatti dal testo della decisione della Corte che la stessa abbia esteso il principio espresso anche ai casi di distinzione nel contratto tra tale tipologie di costi: in particolare si vedano i punti 31-33.
Una diversa previsione pattizia (come invero avvenuto nei contratti di cui è causa) va ritenuta nulla in quanto in contrasto con norma imperativa (l'art. 125 sexies TUB richiamato), nella lettura offerta alla luce della giurisprudenza europea.
Sotto altro profilo, poi, ove si aderisse alla interpretazione sostenuta dalla ricorrente, gli effetti della richiamata decisione potrebbero essere facilmente neutralizzati attraverso la nota la tendenza degli intermediari alla riduzione (o azzeramento) dei costi cd. recurring a fronte della espansione di quelli cd. upfront.
Parimenti non può attribuirsi rilievo al fine di escludere l'applicabilità della "Lexitor" al fatto che la pronuncia sia intervenuta successivamente alla conclusione dei contratti di cui è causa e in particolare in contrasto con le direttive di Banca di Italia, ove si osservi che le pronunce della Corte hanno effetto retroattivo (in quanto dichiarative o di interpretazione autentica) e con la precisazione che "è solo la Corte di Giustizia, nel rendere le proprie decisioni, a potere eventualmente determinare, in funzione del principio di certezza del diritto, in maniera più limitata gli effetti delle proprie pronunzie in maniera tale da attribuire alle stesse efficacia ex nunc - fermo restando la salvaguardia dei diritti dei privati che avevano già promosso azioni giudiziarie in linea con l'orientamento successivo fatto proprio dai giudice di Lussemburgo. "
Deve quindi concludersi che nel presente giudizio non si ponga alcun problema di tutela dell'affidamento, ove tutti gli operatori del mercato sono tenuti ad effettuare la corretta interpretazione e ove la limitazione degli effetti temporali di una interpretazione, nella giurisprudenza della Corte di giustizia: 1) ha carattere dichiaratamente eccezionale; 2) necessita che siano soddisfatti due criteri essenziali, e cioe' la buona fede degli ambienti interessati e il rischio di gravi inconvenienti; 3) soprattutto, puo' essere ammessa solo nella sentenza stessa che statuisce sull'interpretazione richiesta .
La stessa Banca di Italia, con la comunicazione del dicembre 2019 sopra richiamata, ha chiarito la rimborsabilità dei costi cd upfront anche nei contratti in essere e indipendentemente dalla esclusione pattizia di tale ristoro.
E tale previsione non distingue la tipologia di oneri, sicché non può condividersi l'assunto per il quale alcuni di essi, in quanto transitati a favore di soggetti terzi (spese di intermediazione, costi di assicurazione) andrebbero esclusi, imponendo piuttosto la normativa richiamata l'effettività della tutela del consumatore al momento della estinzione anticipata, il quale in tale sede si vede "scomputati" tutti i costi "residui", fatte salve eventuali azioni di regresso, come già ritenuto invero nella giurisprudenza di merito.
Del resto, come condivisibilmente osservato in dottrina, una regola che imponga un costo totale del credito tendenzialmente omogeneo in caso di rimborso anticipato o alla scadenza ha l'indubbia funzione di semplificare il mercato e di consentire un più agevole controllo da parte del consumatore che non è tenuto ad analizzare i dettagli del contratto e, in particolare, i costi non legati alla durata del prestito di cui non potrebbe ottenere alcuna riduzione. In questo modo si facilita la comparabilità del costo totale del credito e si persegue l'obiettivo della Direttiva di assicurare un maggior livello di concorrenza tra gli intermediari, limitando gli effetti dell'asimmetria informativa dei consumatori.
Per tutte queste ragioni, congiuntamente considerate, le domande svolte dal ricorrente in via principale non meritano accoglimento, dovendosi ritenere, in linea con la più recente giurisprudenza di merito e con quella dell'ABF , che la distinzione tra costi up front e recurring abbia perso rilevanza giuridica agli effetti dell'art. 125 sexies TUB.
Il criterio di determinazione della somma rimborsabile
Passando alla domanda svolta dalla resistente in via riconvenzionale, ovvero di condanna della ricorrente al rimborso di tutte le somme dovute al momento della estinzione anticipata dei contratti di cui è giudizio, con applicazione del criterio proporzionale (e in luogo del diverso criterio di riduzione progressiva adottato dall'ABF), la stessa è fondata, con le precisazioni che seguono.
Va in primo luogo accolta l'eccezione di parte ricorrente circa la necessità di tener conto delle somme già restituite dall'assicurazione e quindi oltre a euro 14,18 in relazione al rapporto n. 354099, euro 82,25 quanto al rapporto 316320, eccezione che peraltro risulta essere stata condivisa da parte della resistente in sede di note di trattazione scritta.
Quanto poi al criterio per la determinazione della somma rimborsabile dei costi up-front deve condividersi il criterio fatto proprio dalla giurisprudenza di merito richiamata che utilizza il medesimo criterio scelto per il rimborso dei costi recurring, (ovvero quello proporzionale o pro-rata temporis), non rivenendosi invero motivi per applicare un criterio diverso per quelli che sono i costi cd up front rispetto a quelli cd recurring, trattandosi sempre di costi del credito.
Tale conclusione pare in realtà quella adottata dalla Corte di Giustizia, ove la stessa sposa la tesi che il riferimento alla vita residua del contratto vada letto nel senso del metodo di calcolo che deve essere utilizzato al fine di procedere alla riduzione, ovvero prendendo in considerazione la totalità dei costi sopportati dal consumatore e riducendone poi l'importo in proporzione alla durata residua del contratto.
Se tale è il criterio, non si vedono le lacune nella decisione della Corte di Giustizia che pare lamentare l'istituto ricorrente.
Sarebbe invero contraddittorio sostenere da un lato che il rimborso deve riguardare tutti i costi del credito, superando la distinzione tra quelli upfront e recurring, e poi nuovamente richiamare detta distinzione al fine di individuare il metodo di calcolo ritenuto corretto, in violazione dei fini della direttiva sopra ampiamente esaminata.
Deve quindi farsi applicazione del criterio di calcolo "proporzionale" utilizzato da parte della resistente (che non risulta essere stato specificamente contestato quanto alla corretta applicazione aritmetica e che trova invero pieno riscontro applicando il criterio proporzionale a tutte le voci contenute nelle tabelle di calcolo di cui alla decisione dell'ABF prodotta in atti) con la precisazione di cui sopra rispetto ai costi di assicurazione.
Parte ricorrente è quindi tenuta al rimborso alla resistente della ulteriore somma di euro 3.970,81-82,25 = 3.888,56 quanto al finanziamento n. 316300 e di euro 1.264,21-14,18=1.250,03 quanto al finanziamento n. 354099, per il complessivo importo di euro 5.138,59, maggiorato degli interessi legali dalla data della domanda (reclamo in data 16/10/2019), non essendo emersa la mala fede dell'istituto, sino all'effettivo soddisfo.
Le spese di giudizio
In considerazione della obiettiva non uniformità di tesi giurisprudenziali sulle questioni decise, (ampiamente dimostrata dalle pronunce di segno diverso depositate nel presente giudizio dalle parti), le spese di lite vanno compensate integralmente tra le parti, ricorrendo una grave ed eccezionale ragione ai sensi dell'art. 92 c.p.c. a seguito dell'intervento di Corte cost. n. 77/2018.
P.Q.M.
1. Rigetta le domande svolte da parte ricorrente contro la resistente.
2. In accoglimento della domanda di parte resistente, condanna Banca * al pagamento in favore di A.B. della somma di euro 5.138,59, maggiorata di interessi legali dalla data del 16/10/2019 sino all'effettivo soddisfo.
3. Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Ordinanza provvisoriamente esecutiva ex lege.
Si comunichi.
Mantova, 2 febbraio 2021
Il giudice
Dott.ssa Francesca Arrigoni


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