Se il fallimento cede un credito, deve rimanere comunque aperto in attesa ed allo scopo di emettere la fattura quando il credito verrà pagato?
Pubblicato il 13/03/21 10:47 [Doc.8807]
di Redazione IL CASO.it


Agenzia delle Entrate - Risposta n. 163/2021

OGGETTO: Articolo 11, comma 1, lett. a), legge 27 luglio 2000, n.212 - Cessione del credito non ancora fatturato e fallimento del creditore cedente. Momento impositivo e fatturazione - IVA

Il Dott. Alfa (di seguito, "Curatore" o "Istante"), in qualità di curatore fallimentare della Beta s.p.a. in fallimento (in breve, "Società" o "Cedente" o "Creditrice"), riferisce che la stessa è stata ammessa allo stato passivo del fallimento della Gamma S.r.l. (di seguito, "Debitrice" o "Ceduta") per un credito complessivo di Euro 400.000,00, di cui:
a) Euro X per il residuo da incassare della vendita di un terreno già assoggettato ad imposta di registro, nella misura dell'1 per cento, e pertanto escluso da IVA;
b) Euro Y per il credito per fattura da emettere a S.A.L. (stato avanzamento lavori), al momento del pagamento del corrispettivo con riparto fallimentare, per il contratto di appalto per la realizzazione di immobile di un immobile di lusso e per lavori di demolizione uffici;
c) Euro Z per l'IVA, calcolata applicando l'aliquota del 22 per cento, relativa all'importo di cui al precedente punto b) e, quindi, anch'essa ancora da fatturare.
La Società intende ora cedere, previa autorizzazione del Comitato dei Creditori e del Giudice Delegato, l'anzidetto credito (di Euro 400.000,00) al miglior offerente (in breve, "Cessionario"). La cessione del credito sarà esente da IVA ai sensi dell'articolo 10, n. 1), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in breve, "Decreto IVA").
Si prospetta, tuttavia, un'estinzione anticipata del fallimento della Cedente rispetto al riparto e alla chiusura del fallimento della Ceduta.L'Istante chiede, quindi, chiarimenti sul trattamento IVA delle somme di cui alle lettere b) e c), con riferimento, sostanzialmente, al momento impositivo e al soggetto tenuto all'effettuazione dei relativi adempimenti.

SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'Istante ritiene che l'IVA sulla fattura da emettere sia dovuta al momento del pagamento del riparto al Cessionario da parte del fallimento della Ceduta, in conformità a quanto indicato dalla circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, limitatamente e proporzionalmente all'importo che sarà effettivamente pagato con riparto al cessionario rispetto al credito complessivo ammesso al passivo.
Ad esempio, qualora la Debitrice pagasse con riparto per onnicomprensivi Euro 200.000,00 il credito ceduto dalla Creditrice di nominali Euro 400.000,00, l'IVA dovuta ammonterebbe ad Euro 27.339,65.
Si prospetta tuttavia un'estinzione anticipata del fallimento della Cedente rispetto al riparto e alla chiusura del fallimento della Ceduta.
In tal caso, la Società ritiene di non dover procedere al pagamento anticipato dell'IVA, in quanto non è ancora determinato l'importo dovuto perché subordinato all'ammontare del riparto che sarà corrisposto dal fallimento della Ceduta al Cessionario in tempi e per importi non ancora conosciuti.
La Società è dell'avviso, inoltre, di essere esonerata dall'emissione anticipata della fattura per l'intero imponibile soggetto ad IVA, al fine di non creare un danno economico ai creditori con il versamento di maggiore imposta.
In linea con la risposta dell'Agenzia delle entrate n. 52 del 12 febbraio 2020, secondo l'Istante dovrà, quindi, essere il curatore del fallimento della Debitrice, in sede di riparto, preso atto della cessazione del fallimento della Creditrice, a:
- emettere autofattura per conto del non più esistente fallimento di quest'ultima;
- trattenere e versare l'IVA relativa alla quota assoggettata al tributo;- corrispondere al cessionario del credito l'imponibile.

PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Con riferimento alla soluzione del quesito posto, si osserva, in via preliminare, che non costituisce oggetto dello stesso il trattamento fiscale dell'operazione di cessione del credito e che la presente risposta viene resa sulla base di quanto dichiarato dall'Istante, qui acriticamente assunto, fermo restando i poteri di controllo dell'amministrazione finanziaria.
Ciò premesso, si richiama l'articolo 6, comma 3, del Decreto IVA, il quale stabilisce, in via generale, che «le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo».
L'articolo 21, comma 4, del medesimo Decreto IVA prevede che «la fattura è emessa entro dodici giorni dall'effettuazione dell'operazione determinata ai sensi dell'articolo 6 (...)».
La circostanza che il prestatore di servizi successivamente ceda il credito sorto a fronte dello svolgimento dei servizi stessi - come nella fattispecie rappresentata dall'Istante - non muta il momento impositivo sopra descritto.
Riguardo alla cessione del credito, si osserva che con tale contratto il creditore trasferisce il suo credito ad un terzo (articoli 1260 c.c. e ss.), estraneo rispetto al rapporto originario da cui scaturisce il credito stesso. In sostanza, la cessione del credito determina la successione del nuovo creditore rispetto al precedente titolare, che viene da questo sostituito, mentre l'obbligazione resta inalterata in tutti gli altri suoi elementi.
Si tratta, quindi, di un'operazione finanziaria autonoma rispetto a quella da cui trae origine il credito, giuridicamente e casualmente distinta da essa.
Con circolare n. 1/E del 2013, paragrafo 3.1, sono stati forniti chiarimenti con riferimento alla cessione del credito in relazione ai casi in cui l'esigibilità dell'IVA si ricollega al pagamento del corrispettivo (regime di cassa ed esigibilità differita). In particolare, è stato precisato che la cessione del credito non realizza il presupposto per l'esigibilità dell'imposta. Conseguentemente, "l'incasso del prezzo di cessione del credito non è assimilabile al pagamento del corrispettivo delle operazioni originarie e il cedente dovrà corrispondere la relativa imposta solamente nel momento in cui il debitore ceduto pagherà effettivamente il corrispettivo al cessionario del credito".
Analogamente, deve ritenersi che anche nel caso delle prestazioni di servizi, per le quali ordinariamente sia il momento di effettuazione dell'operazione sia l'esigibilità dell'imposta coincidono con l'effettivo pagamento del corrispettivo, la cessione del relativo credito non realizza il pagamento del corrispettivo della prestazione stessa.
Nella fattispecie in esame, atteso che la Ceduta è una società in fallimento, il pagamento del credito avverrà, nei confronti del Cessionario dello stesso, al momento del riparto dell'attivo fallimentare della stessa.
In forza di quanto sopra rappresentato, deve, pertanto, ritenersi che sarà in tale momento che:
- l'operazione potrà intendersi effettuata, con la conseguente nascita dell'obbligo di emissione della fattura da parte del Cedente (prestatore di servizi);
- sorgerà in capo al Cedente l'obbligo del versamento dell'imposta.
A tal fine, la Debitrice dovrà comunicare alla Cedente la data di esecuzione del pagamento effettuato in favore del Cessionario, per consentire alla stessa l'effettuazione degli anzidetti adempimenti.
Tuttavia, l'Istante rappresenta che il fallimento della Cedente potrebbe estinguersi anticipatamente rispetto al riparto e alla chiusura del fallimento della Ceduta, ossia rispetto al momento impositivo della prestazione resa.
E' opportuno, al riguardo, richiamare l'art. 118, comma 2, del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (in breve, "Legge Fallimentare") - come risultante dalle modifiche operate dall'articolo 7 del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito con legge 6 agosto 2015, n. 132 - ai sensi del quale, quando il fallimento si chiude (per compiuta ripartizione dell'attivo, ovvero quando la sua prosecuzione non consentirebbe di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura), «ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese». Compiuta la ripartizione finale dell'attivo, la chiusura della procedura «non è impedita dalla pendenza di giudizi, rispetto ai quali il curatore può mantenere la legittimazione processuale, anche nei successivi stati e gradi del giudizio, ai sensi dell'articolo 43». Tuttavia, ciò comporta che, successivamente alla chiusura del fallimento e alla cancellazione della società dal registro delle imprese, possa sorgere la necessità, per il curatore, di adempiere obblighi fiscali che - in conformità con le norme vigenti - presuppongono l'esistenza del soggetto giuridico, capace di agire, munito di codice fiscale e di partita IVA al fine di poter operare. In altre parole, la cancellazione della società dal registro delle imprese determina l'estinzione del soggetto giuridico al quale, tuttavia, è necessario fare ancora riferimento ai fini fiscali.
In proposito, si osserva che il legislatore non ha adeguato le norme fiscali all'attuale disciplina fallimentare. E' utile, comunque, evidenziare che alcuni tribunali, nel caso di chiusura del fallimento per compiuta ripartizione dell'attivo in pendenza di giudizi da cui potrebbero derivare ulteriori obblighi fiscali, dispongono che non sia cancellata la società dal registro delle imprese e, conseguentemente, che non siano chiusi la partita IVA e il conto corrente bancario intestato. Tale soluzione, assunta dall'organo fallimentare, consente di fatto al curatore di adempiere gli obblighi fiscali che sorgano successivamente alla data di chiusura del fallimento.
Pertanto, nel caso di specie, laddove il tribunale decida, in via cautelativa, di non disporre la cancellazione della Società dal registro delle imprese, l'Istante avrà la possibilità di assolvere gli obblighi fiscali secondo le regole ordinarie. Diversamente, se il tribunale dovesse disporre la cancellazione della Società, cui consegue la chiusura della relativa partita IVA, si ritiene che, a seguito del pagamento al Cessionario delle somme dovute dalla Ceduta, derivanti dal riparto fallimentare della stessa, il Curatore dovrà procedere all'apertura di una nuova partita IVA per la Cedente, al fine di ottemperare a tutti gli obblighi in argomento.
Si ritiene, in sostanza, che il Curatore mantenga l'obbligo di emettere la fattura per conto della Società (permanendo in vita il fallimento o riaprendo a posteriori una nuova partita IVA) e di porre in essere i successivi adempimenti, mentre la Debitrice avrà l'onere di ricorrere alla procedura di cui all'articolo 6, comma 8, del D. lgs. n. 471, quale forma di regolarizzazione, solo a fronte dell'omessa fatturazione da parte del Curatore stesso. Detta disposizione - che prevede l'emissione dell'autofattura da parte del cessionario/committente, con conseguente versamento dell'imposta all'erario - è incardinata, infatti, nel sistema sanzionatorio ed ha natura eccezionale, presupponendo l'inadempienza del cedente/prestatore.Tale soluzione non è in contrasto con i chiarimenti forniti da questa Agenzia con la risposta a interpello n. 52 del 2020, citata dall'Istante, con la quale è stata affermata l'applicabilità in capo al committente dell'articolo 6, comma 8, del D. lgs. n. 471; ciò in considerazione della peculiarità del caso esaminato e dell'assenza di altre disposizioni ad esso riferibili. Si trattava, in particolare, di un credito ereditario relativo alla prestazione resa da un professionista deceduto che aveva chiuso la propria partita IVA ancora in pendenza del fallimento del committente.

IL DIRETTORE CENTRALE (firmato digitalmente)


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