Il duplicato informatico non richiede l'attestazione di conformità
Pubblicato il 19/03/21 08:52 [Doc.8831]
di Redazione IL CASO.it
Il duplicato informatico, identificabile mediante l'impronta informatica, non abbisogna di alcuna attestazione di conformità, diversamente dalla copia informatica, che viceversa la richiede.
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Corte di Cassazione, sez. II Civile, 17 marzo 2021, n. 7489. Presidente Manna. Relatore Abete.
Fatto e diritto
1. Con ricorso ex lege n. 89 del 2001, alla Corte d'Appello di Perugia depositato il 30.10.2017 i ricorrenti indicati in epigrafe si dolevano per l'irragionevole durata di un precedente giudizio ex lege "Pinto", iniziato con distinti ricorsi dinanzi a corti d'appello differenti, poi tutti riassunti dinanzi alla Corte d'Appello di Perugia, all'uopo dichiarata competente, e definito con sentenza n. 8002/2017 di questa Corte di legittimità.
Chiedevano ingiungersi al Ministero il pagamento di un equo indennizzo.
2. Con decreto del 21.11.2017 il consigliere designato accoglieva il ricorso, determinava la durata irragionevole del giudizio "presupposto" per il ricorrente B.D. in due anni, per il ricorrente G.F. in sei anni, per taluni altri ricorrenti in quattro anni, per tutti gli altri ricorrenti in cinque anni, quantificava - assunto a base di computo l'importo di Euro 400,00 - il "moltiplicatore" annuo in Euro 160,00.
3. Il Ministero della Giustizia proponeva opposizione.
Deduceva, tra l'altro, con il primo motivo, l'inefficacia del decreto opposto per violazione della L. n. 89 del 2001, art. 5.
Resistevano i ricorrenti indicati in epigrafe.
4. Con decreto dei 16/25.5.2018 la Corte di Perugia dichiarava l'inefficacia del decreto del 21.11.2017 del consigliere designato e compensava, attesa la novità della questione, le spese del giudizio di opposizione.
Evidenziava la corte che il primo motivo di opposizione era senz'altro fondato; che invero il decreto del consigliere designato era stato notificato al Ministero non in copia autentica, sicché il vano decorso del termine perentorio di trenta giorni dal deposito, della L. n. 89 del 2001, ex art. 5, ne determinava inesorabilmente l'inefficacia.
Evidenziava altresì che il buon fondamento del primo motivo di opposizione assorbiva la disamina del secondo, ancorché siffatto motivo appariva fondato con riferimento ad ambedue i profili - i ricorrenti avevano agito con la consapevolezza della infondatezza della domanda; i ricorrenti avevano abusato delle loro prerogative processuali e determinato ingiustificatamente l'allungamento dei tempi processuali - in cui si articolava.
5. Avverso tale decreto hanno proposto ricorso i ricorrenti indicati in epigrafe; ne hanno chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni conseguente provvedimento anche in ordine alle spese.
Il Ministero della Giustizia ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese.
6. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell'art. 360, 1 co., n. 3, c.p.c. la violazione della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter.
Deducono che la Corte d'Appello di Perugia è, come tale, abilitata a ricevere depositi telematici, sicché il Ministero, ai fini della contestazione della notifica a mezzo p.e.c., era obbligato a costituirsi mediante deposito telematico; che del resto essi ricorrenti si sono costituiti per via telematica.
Deducono che viceversa il Ministero ha notificato la sua opposizione a mezzo ufficiale giudiziario e successivamente ha curato l'iscrizione a ruolo con il deposito cartaceo.
Deducono quindi che, in dipendenza della palese inammissibilità della costituzione del Ministero, la Corte di Perugia neppure avrebbe dovuto esaminare il motivo di opposizione formulato ex adverso e concernente la presunta inefficacia del decreto opposto per asserita violazione della L. n. 89 del 2001, art. 5.
7. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 82 del 2005, art. 1, lett. 1 quinquies e art. 23 bis (cosiddetto "codice dell'amministrazione digitale"), della L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1 bis e 1 ter e della L. n. 89 del 2001, art. 5.
Deducono che nella relata di notifica si era precisato che tutti gli allegati e dunque pur il decreto del consigliere designato del 21.11.2017 erano "duplicati informatici".
Deducono che il confronto tra l'esemplare del decreto notificato al Ministero e l'esemplare del decreto presente nella cancelleria telematica della Corte di Perugia dimostra che i due esemplari presentano la medesima "impronta".
Deducono quindi che il decreto notificato è una copia autentica dell'esemplare presente nella cancelleria telematica della Corte di Perugia e, come tale, non abbisognava di alcuna attestazione di conformità.
8. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell'art. 2 della L. n. 89 del 2001 e dell'art. 6, par. 1, C.E.D.U..
Deducono, con riferimento al profilo dell'asserita loro consapevolezza circa l'infondatezza della domanda di equa riparazione esperita nel giudizio ex lege "Pinto" "presupposto", che i "precedenti" in materia di equa riparazione davano ragione del buon fondamento della pregressa domanda di equa riparazione.
Deducono, con riferimento al profilo dell'asserito abuso da parte loro dello strumento processuale, che al riguardo è stata formulata nella comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, un'eccezione di giudicato, correlata alla pronuncia n. 8002/2017 di questa Corte di legittimità che ha definito il "presupposto" giudizio ex lege "Pinto", eccezione che la Corte di Perugia per nulla ha esaminato.
9. Il secondo motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento; il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina del primo e del terzo motivo.
10. Vanno appieno condivisi i rilievi veicolati dai ricorrenti con il secondo mezzo di impugnazione.
Segnatamente, sulla scorta della puntualizzazione per cui l'esemplare notificato al Ministero e l'esemplare presente nella cancelleria telematica della Corte di Perugia presentano la stessa "impronta", va in toto recepito il postulato per cui l'esemplare del decreto notificato al Ministero è un "duplicato informatico", che non abbisogna di alcuna attestazione di conformità, ben diverso dalla "copia informatica", che, viceversa, necessita dell'attestazione di conformità.
Il buon fondamento del secondo motivo di ricorso rinviene, per certi versi, riscontro nella prospettazione, di cui al controricorso (cfr. pag. 4), secondo cui "solo in questa sede è stata indicata l'impronta del duplicato informatico".
11. In accoglimento del secondo motivo del ricorso il decreto dei 16/25.5.2018 della Corte d'Appello di Perugia va cassato con rinvio alla stessa corte in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
12. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile - al di là del buon esito del ricorso - il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, 1 comma 1 quater (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 11915).
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il primo ed il terzo motivo; cassa - in relazione e nei limiti del motivo accolto - il decreto dei 16/25.5.2018 della Corte d'Appello di Perugia; rinvia alla stessa corte d'appello in diversa composizione anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Depositato in cancelleria il 17 marzo 2021.
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