Cass. Sez. Un., sent. n. 9140, dep. 6 maggio 2016 - Le Sezioni Unite della Cassazione “tirano le fila del discorso” sulla discussa clausola “claims made”.
Pubblicato il 08/05/16 12:16 [Doc.1072]
di Donato Giovenzana, Legale d'Impresa


Le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 9140/2016, in esito ad un’approfondita ed organica trattazione relativa alla clausola cd. “claims made” (letteralmente “a richiesta fatta”), hanno enunciato i seguenti principi di diritto:

nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo preventivamente individuati (c.d. clausola claims made mista o impura) non è vessatoria; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina del D. Lgs. 206/2005 (Codice del consumo), per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte, peraltro, dopo aver precisato che “non è seriamente predicabile che l’assicurazione della responsabilità civile sia ontologicamente incompatibile con tale disposizione, il patto claims made è volto in definitiva a stabilire quali siano, rispetto all’archetipo fissato dall’articolo 1917 Codice civile, i sinistri indennizzabili, così venendo a delimitare l’oggetto, piuttosto che la responsabilità”, non potendo ”ignorare la delicata questione della compatibilità della clausola claims made con l’introduzione, in taluni settori, dell’obbligo di assicurare la responsabilità civile connessa all’esercizio della propria attività”, nonchè rilevato che “è stata da più parti segnalata l’incongruenza della previsione di un obbligo per il professionista di assicurarsi, non accompagnata da un corrispondente obbligo a contrarre in capo alle società assicuratrici”, hanno chiaramente evidenziato che “il giudizio di idoneità della polizza difficilmente potrà avere esito positivo in presenza di una clausola claims made, la quale, comunque articolata, espone il garantito a buchi di copertura. E’ …. di palmare evidenza che qui non sono più in gioco soltanto i rapporti tra società ed assicurato, ma anche e soprattutto quelli tra professionista e terzo, essendo stato quel dovere previsto nel preminente interesse del danneggiato, esposto al pericolo che gli effetti della colpevole e dannosa attività della controparte restino, per incapienza del patrimonio della stessa, definitivamente a suo carico.”

Per il che di ciò si “dovrà necessariamente tener conto al momento della stipula delle convenzioni collettive negoziate dai consigli nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti, nonché in sede di redazione del decreto presidenziale chiamato a stabilire, per gli esercenti le professioni sanitarie, le procedure e i requisiti minimi e uniformi per l’idoneità dei relativi contratti”.

Donato Giovenzana – Legale d’impresa.


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