FALLIMENTO – TRASFERIMENTO ALL’ESTERO DELLA SEDE LEGALE – NON SPETTA ALLA SOCIETA’ PROVARNE L’EFFETTIVITA’, MA E’ ONERE DEI CREDITORI ISTANTI DIMOSTRARE CHE SIA FITTIZIO, CON ELEMENTI CONTRARI.
Pubblicato il 31/05/16 18:00 [Doc.1157]
di Donato Giovenzana, Legale d'Impresa


Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza n. 10925/16, depositata il 26 maggio.

Le Sezioni Unite – confutando in toto i Giudici di prime e seconde cure, che ne avevano dichiarato il fallimento ritenendo fittizio il trasferimento della sede sociale all’estero e sussistente la giurisdizione del giudice italiano - hanno accolto il ricorso proposto, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano e, nel merito, revocata la dichiarazione di fallimento della società ricorrente.
Con l'unico motivo di ricorso era stata dedotta la violazione della L. Fall., art. 9, e dell'art. 3 Regolamento CE n. 1346/2000, sostenendo che il trasferimento della società all’estero era avvenuto prima del deposito di una qualsiasi richiesta di fallimento, con la conseguente inapplicabilità della L. Fall., art. 9, comma 5, in ragione della previsione di cui all'art. 3 del Regolamento CE 1346/2000, sulla cui scorta la giurisdizione per la dichiarazione di insolvenza appartiene ai giudici nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, che si presume nel luogo in cui si trova la sede statutaria.
La ricorrente aveva altresì evidenziato che i creditori istanti non avevano dimostrato, come avrebbero dovuto, che la società avesse in Italia il centro principale dei propri interessi, anche dopo il trasferimento della sede all’estero.

Secondo la Suprema Corte, "ai sensi dell'art. 3, paragrafo 1, del Regolamento CE 29 maggio 2000, n. 1346/2000, competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, dovendosi presumere - per le società e le persone giuridiche - che il centro degli interessi coincida, fino a prova contraria, con il luogo in cui si trova la sede statutaria, sicchè quando risulti accertata una discrepanza tra sede legale e sede effettiva, è l'ubicazione di quest'ultima a dover prevalere ed a costituire il criterio determinante della giurisdizione (Cass., sez. un., 6 febbraio 2015, n. 2243, m. 634145). Sicchè incombe sui creditori istanti l'onere di provare fatti idonei a superare la presunzione di coincidenza tra sede statutaria ed effettivo centro di interessi della società.”
Per gli Ermellini "benchè non gravi sulla società nei cui confronti sia presentata un'istanza di fallimento la dimostrazione che il centro effettivo dei propri interessi coincida con l'ubicazione della sua sede legale, è comunque consentito al giudice, ai sensi dell'art. 116 c.p.c., comma 2, - applicabile al procedimento prefallimentare - al fine di vincere la presunzione di corrispondenza tra sede effettiva e sede legale della società stessa, di desumere argomenti di prova dal contegno delle parti nel processo (Cass., sez. un., 11 marzo 2013, n. 5945, m. 625477). Tuttavia nel caso in esame non risultano comportamenti o fatti dai quali possa argomentarsi nel senso postulato dai giudici del merito. Infatti la corte d'appello ha posto a fondamento della decisione impugnata la mancata prova di rapporti bancari, di contratti in corso, di una contabilità indicativi di un esercizio effettivo di una qualche attività economica all'estero. E ha così erroneamente posto a carico del debitore la prova dell'effettività del trasferimento della sede sociale, come del resto esplicitamente affermato nelle premesse della decisione.”

Donato Giovenzana – Legale d’impresa


© Riproduzione Riservata