Corte costituzionale-COVID19: i dati scientifici disponibili hanno imposto per il personale sanitario l'obbligo vaccinale non sostituibile dalla misura del tampone per la prevenzione dall'infezione
Pubblicato il 10/02/23 00:00 [Doc.11712]
di Corte Costituzionale


La sentenza n. 15 del 2023 (redattore Stefano Petitti, in allegato) depositata oggi, anticipata con il comunicato stampa del 1 dicembre 2022 impiegati in strutture residenziali, socio, ha stabilito che la previsione, per i lavoratori assistenziali e socio per la prevenzione dell'infezione da SARSCoV-- sanitarie, dell'obbligo vaccinale 2 anziché di quello di sottoporsi ai relativi test diagnostici (c.d. tampone), non ha costituito una soluzione irragionevole o sproporzionata rispetto ai dati scientifici disponibili. I n risposta alle questioni di legittimità costituzionale sollevate dai Tribunali B rescia, di Catania e di Padova, ordinari di la Corte ha affermato che la normativa censurata ha operato un contemperamento non irragionevole del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collett ività, in una situazione in cui era necessario assumere iniziative che consentissero di porre le strutture sanitarie al riparo dal rischio di non poter svolgere la propria insostituibile funzione. Il sacrificio imposto agli operatori sanitari non ha ecce duto quanto indispensabile per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus, ed è stato costantemente modulato in base all'andamento della situazione sanitaria, peraltro rivelandosi idoneo a questi stessi fini. La manca ta osservanza dell'obbligo vaccinale ha riversato i suoi effetti sul piano degli obblighi e dei diritti nascenti dal contratto di lavoro, determinando la temporanea he impossibilità per il dipendente di svolgere mansioni implicanti contatti interpersonali o c comportassero, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio. La sentenza ha ritenuto non contraria ai principi di eguaglianza e di ragionevolezza anche la scelta legislativa di non prevedere, per i lavoratori del settore sanitario che avessero deciso di non vaccinarsi, un obbligo del datore di lavoro di assegnazione a mansioni diverse, a differenza di quanto invece stabilito per coloro che non potessero essere sottoposti a vaccinazione per motivi di salute o per il personale docente ed educativo della scuola. La Corte ha considerato tale scelta giustificata dal maggior rischio di contagio, sia per sé stessi che per la collettività, correlato all'esercizio La sentenza, infine, ha deciso che delle professioni sanitarie. quanto previsto dalle norme censurate secondo cui al lavoratore che avesse scelto di non sottoporsi alla vaccinazione non erano dovuti, nel periodo di sospensione, la retribuzione né altro compenso o emolumentoanche la non erogazione al dipendente sos ha giustificato peso di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio. La Corte, infatti, ha ritenuto non comparabile la posizione del lavoratore che non ha inteso vaccinarsi con quella del lavoratore del quale sia stata disposta la sospensione d al servizio a seguito della sottoposizione a pro cedimento penale o disciplinare, casi questi ultimi in cui l'assegno alimentare può essere erogato. In particolare, la Corte ha escluso che fosse costituzionalmente obbligata la soluzione di porre a carico del datore di lavoro l'erogazione solidaristica di una provvidenza di natura assistenziale in favore del lavoratore che non avesse inteso vaccinarsi e che fosse, perciò, temporaneamente inidoneo allo svolgimento della propria attività lavorativa.


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